Lettura: un calo o una trasformazione?

I primi dati diffusi dall’ufficio studi dell’Associazione Italiana Editori – Aie, sull’andamento del mercato del libro nel 2014 mostrano segnali di stabilità, almeno per quanto concerne la spesa degli italiani per leggere. Un dato di pareggio non è certo gran che incoraggiante, ma considerata la difficoltà complessiva dell’anno appena concluso per tutto il settore culturale e creativo – in primis il cinema – questo risultato può essere riletto in una diversa luce. Nel 2014 la spesa per la lettura è stata di circa 1,5 miliardi di euro.

Secondo le stime Nielsen, elaborate a partire dai dati raccolti in librerie – fisiche ed online – e nella grande distribuzione, 1,2 miliardi di euro provengono dalla vendita dei libri di carta, 111 milioni dall’acquisto di e-reader (in questo computo non vengono presi in considerazione i tablet), 52 milioni dalla vendita di e-book e altri 54 milioni derivanti dalla spesa di “collaterali”. Guardando invece a chi ancora legge in Italia, lo sconforto arriva immediato: nel 2013, stando ai dati Istat, il 43% della popolazione di età superiore ai 6 anni leggeva almeno un libro l’anno. Questo dato, già di per sé piuttosto scarso, si è ulteriormente ridotto nell’anno appena concluso, con la perdita di un ulteriore 2%. Nel 2014 a leggere almeno un libro sono stati appena il 41% degli italiani.

Come dire 4 italiani su 10… i lettori forti restano stabili – si ricorda che rappresentano in percentuale il 4% del pubblico e acquistano il 36% del venduto – ma a crollare sono gli occasionali. Se poi si passa ad un’analisi sul medio periodo, negli ultimi 5 anni si è perso circa il 10%, pari a 2,6 milioni di lettori…. Il 2014 segna un importante cambiamento nel mercato editoriale: diminuisce la produzione di libri di carta, mentre aumenta, in modo considerevole – circa il 40% in più – il mercato dei libri in digitale. Nell’anno appena concluso il mercato degli e-book ha raggiunto quota 4,4% del mercato librario complessivo. E’ vero che questo quadro prende in esame soltanto la vendita, e quindi l’acquisto “ufficiale” di libri, che possono essere fruiti anche attraverso altri e più economici canali…. Dal “prestito” tra amici al più istituzionale canale bibliotecario, e finanche acquistati a cifre irrisorie nei mercatini dell’usato, anche se le stime complessive crediamo non riscontrerebbero significative variazioni.

Due osservazioni forse vanno avanzate, l’una di carattere “economico”, l’altra di carattere per così dire “emotivo”. In un periodo di crisi economica particolarmente gravoso, acquistare un libro a 15 o anche 20 euro (costo medio di un best-seller o di un volume appena uscito in libreria, per non parlare del costo spesso superiore ai 30 euro per la saggistica di settore) potrebbe apparire una spesa esorbitante a quanti sono costretti a vivere con uno stipendio di poco superiore ai 1.000 euro. Dall’altra parte occorre però osservare che anche in un periodo di crisi economica si continua a fruire di beni e servizi non esattamente “primari”. La questione è dunque legata ad un approccio, culturale, che non ritiene il libro e la lettura fondamentali per la formazione o anche per il tempo libero. Libro non vuol dire cultura, informazioni, noia.

Libro vuol dire immaginare, sognare, immedesimarsi. E sarebbe utile insegnarlo ai più piccoli piuttosto che parcheggiarli passivamente davanti alla tv. Ma per promuovere occorre una adeguata sensibilizzazione di coloro che stanno nelle “stanze dei bottoni” e risorse dedicate. In Italia in tal senso si fa ancora troppo poco. Ancora una volta un’attenta analisi di quel che fanno i cugini d’Oltralpe potrebbe tornarci utile.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:32