Marò, avanti adagio

Il Parlamento europeo si è pronunciato sulla vicenda dei nostri marò. E’ stata approvata una mozione con la quale si richiede il rimpatrio dei due fucilieri di marina perché siano giudicati dalla giurisdizione italiana o, in subordine, attendano a casa l’esito di un arbitrato internazionale che dirima la controversia tra i due paesi, l’India e l’Italia, su di chi sia la competenza a processarli. Verrebbe da dire: finalmente! Dopo tre anni di assordanti silenzi l’Unione europea batte un colpo. Il che è indubbiamente positivo. Tuttavia, quando noi italiani incrociamo le istituzioni comunitarie la prima domanda che dobbiamo porci è: dove sta la fregatura? Siamo abituati a fare a meno del sostegno dei partner dell’Unione quando si tratta della difesa dei nostri interessi nazionali.

Questa volta vogliamo prendere per buone le intenzioni degli europarlamentari che hanno votato a larga maggioranza la mozione pro-marò. Ma adesso dobbiamo intenderci. Da sola, quella mozione non serve a nulla. Gli appelli appagano le coscienze. Sono nobili. Se però non si accompagnano a misure sanzionatorie concrete restano lettera morta. Una prova? A distanza di decenni ricordiamo nitidamente le parole usate da Paolo VI per perorare la causa della liberazione di Aldo Moro, sequestrato dalle Brigate Rosse. Il pontefice, rivolgendosi direttamente ai rapitori, disse: “io vi prego in ginocchio”. Chi avrebbe mai immaginato che un papa potesse prostrarsi davanti a dei sudici assassini pur di chiedere la salvezza per un solo uomo.

Eppure, quella straordinaria invocazione non ebbe alcun effetto. Perché l’iniziativa presa a Strasburgo divenga credibile è necessario che parlino il lussemburghese Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione e il polacco Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo. Sono loro i due in comando che devono dirci se i capi di Stato e di governo dell’Unione siano pronti a varare sanzioni contro l’India. Se non è così, se non c’è volontà ad andare oltre nei confronti del governo di Nuova Delhi allora anche la mozione di Strasburgo resta aria fritta. Se, dopo tanto tempo, quelli di Bruxelles pensano di cavarsela con una pacca sulla spalla italiana, allora che se la tengano la loro bella solidarietà. Non abbiamo che farcene. Se poi qualche ingenuo è convinto che basti un pezzo di carta per intimorire gli indiani, è meglio che cambi mestiere.

L’India è una potenza nucleare che mira a svolgere un ruolo da protagonista nella politica globale. Occorrono le maniere forti per sperare in una soluzione positiva e non disonorevole dell’intera vicenda. Perciò, non montiamoci troppo la testa per il risultato ottenuto in Europa. Soprattutto stia bene attento il signor Renzi a non tentare di usare furbescamente la mozione approvata come prova della capacità del suo governo di produrre risultato. Finora ha fatto solo chiacchiere e ha portato a casa nulla di concreto. Al momento l’unica certezza è che Massimiliano, fresco d’intervento chirurgico al cuore, ha ottenuto dalla Corte Suprema indiana il prolungamento della licenza di altri tre mesi, per completare la convalescenza. Invece Salvatore resta consegnato negli alloggi dell’ambasciata italiana a Delhi. Questa è la realtà. Nelle ultime ore abbiamo assistito alla positiva conclusione della vicenda delle due ragazze italiane rapite dalle bande jihadiste siriane. Della trattativa che ha portato alla loro liberazione riparleremo.

Comunque, dopo il buon risultato della nostra intelligence e degli operativi dell’Unità di crisi del ministero degli Esteri, gli ostaggi italiani nelle mani dei sequestratori sono ancora tre. Si tratta di Giovanni Lo Porto, rapito in Pakistan nel 2012, di padre Dall’Oglio, preso in Siria e di Salvatore Girone, tenuto in ostaggio per esplicita ammissione dello stesso governo indiano: lo trattengono illegalmente per avere la certezza che, alla scadenza del permesso accordato, anche Latorre faccia ritorno a Delhi. Alla faccia dello Stato di diritto e dell’India democratica e giuridicamente evoluta. Questi sono metodi pirateschi! Ora, se neppure il primo ministro Narendra Modi si fa scrupolo di vestire i panni del sequestratore perché mai continuiamo a trattarli con i guanti bianchi come se fossero le persone migliori al mondo?

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 15:22