
Giorgio Napolitano non è più presidente della Repubblica. Come annunciato da mesi ha atteso la conclusione del semestre di presidenza italiana della Ue prima di dimettersi. Poi lo ha fatto ritenendo compiuta la sua missione. Prima di avventurarci nel popolare passatempo del “chi sarà il prossimo?”, è utile chiedersi se Napolitano mancherà agli italiani. Di sicuro a molti, ma non a tutti. Mancherà principalmente ai “giustizialisti” della prima e dell’ultim’ora che hanno beneficiato della robusta sponda quirinalizia per poter abbattere l’avversario Berlusconi con mezzi non convenzionali.
Mancherà a quell’apparato di potere particolarmente debole, generatosi nella sinistra italiana del dopo-muro di Berlino, il quale senza le correzioni di rotta imposte dal vecchio dirigente comunista avrebbe avuto ancor maggiori difficoltà di quante non ne abbia a tenere la guida dell’Italia. Mancherà a quei circoli internazionali che hanno volentieri scambiato il sostegno alla sua leadership con una sostanziale rinuncia del nostro paese a dotarsi di un’autonoma politica di relazioni internazionali. Perché di una cosa si può essere certi: tutte le posizioni assunte negli ultimi nove anni dall’Italia sullo scacchiere globale sono state determinate dalla volontà politica di Giorgio Napolitano.
Un esempio per tutti: la crisi libica e la decisione di accodarsi alla coalizione anti-Al Qadhdhafi. E’ da lungo tempo che sosteniamo, oggi un po’ più ascoltati di ieri, che l’origine del disastro italiano dipenda dalla sconfitta diplomatica e strategica subita dal governo Berlusconi nel marzo 2011 quando si fece strame di tutti gli accordi in essere con il legittimo governo di Tripoli per appoggiare un colpo di Stato. Altro che democrazia! La cacciata del tiranno, nelle intenzioni della coalizione dei “volenterosi”, avrebbe dovuto favorire l’affermarsi degli interessi in territorio libico di altri player diversi dall’Italia. E in prima fila c’erano la Francia, il Qatar e gli Stati Uniti. Sbagliammo alla grande nel fare la parte dei soliti voltagabbana tradendo un alleato e un partner commerciale di primaria grandezza.
Se Berlusconi, allora presidente del Consiglio, ha pagato e ancora oggi paga l’indecisione sua di quei giorni, Napolitano dovrà prima o poi essere chiamato alla sbarra a rispondere di ammutinamento istituzionale per aver strappato il timone dalle mani del Capo del governo decidendo lui quale dovesse essere la linea dell’Italia. Ma quello libico resta in fondo un episodio, per quanto centrale, della storia di Napolitano. Ciò che invece lo ha reso ostile agli occhi di una parte del paese è da ricercarsi in qualcosa di più profondo che ha connotato il fine escatologico del suo mandato. Quel che emerge appena sotto la superficie è il disegno strategico complessivo di un uomo politico il quale, di là dalle forme eleganti e dallo stile sobrio, ha eletto a “mission” del suo ultimo tratto di militanza politica il progetto di destrutturare la destra quale blocco egemone nella rappresentanza della parte maggioritaria del paese.
Pensare che abbia agito per pura antipatia nei confronti di quel personaggio anomalo e poco codificabile che è stato Berlusconi appare una lettura riduttiva della sua visione. Napolitano è fino al midollo un militante comunista il cui scopo naturale è sempre stato quello di sconfiggere la destra. Il fatto di essere salito sul colle più alto a rappresentare tutti gli italiani non l’ha convinto a cambiare strada. Questi nove anni possono essere raccontati attraverso i molteplici tentativi, a volte riusciti a volte no, d’istigare i vari Follini, Casini, Fini, Alfano a giudicare il populismo berlusconiano alla stregua di una pietra d’inciampo nella realizzazione di una compiuta modernizzazione della società italiana felicemente pacificata.
E’ stato Napolitano a convincerli che un futuro di condivisione costituzionale del potere con la più legittimata sinistra, in senso etico, potesse esserci soltanto andando oltre Berlusconi. E in troppi sono cascati nella trappola. Risultato: la frantumazione del centrodestra. Le cronache apologetiche dei prossimi tempi non lo ammetteranno mai. Tuttavia, nelle segrete stanze, quando Napolitano rincontrerà i suoi vecchi compagni potrà dire loro, con ovvia soddisfazione: “missione compiuta. Non Togliatti, non Berlinguer ma io soltanto ho fermato l’avanzata del nemico. Ditemi grazie”.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:22