Ebola: leadership per   fronteggiare l’epidemia

L’epidemia da virus Ebola rappresenta sicuramente una minaccia reale di sanità pubblica a livello mondiale. La gestione dell’epidemia da virus Ebola necessita la massima collaborazione tra gli Stati e una chiara leadership che fino ad ora l’Organizzazione Mondiale della Sanità non è stata in grado di realizzare. Le epidemie sono come un incendio: si possono controllare quando sono un fuocherello, mentre quando divampano è quasi impossibile spegnerle, poiché i numeri salgono in modo esponenziale.

L’epidemia in Liberia, Guinea e Sierra Leone avrebbe dovuto esser controllata agli esordi o almeno si sarebbe dovuto fare tutto il possibile per evitare la diffusione del contagio in occasione della comparsa dei primi casi. In mancanza di vaccini e terapie efficaci, l’umanità affronta oggi l’epidemia da virus Ebola con gli stessi mezzi con cui affrontava la peste nei secoli passati, con la differenza che il contagio si diffonde ora non più con le navi, ma con il mezzo aereo. E’ molto probabile che il contagio si estenda a breve ad altri paesi africani, rendendone sempre più difficile il controllo. Una misura efficace potrebbe essere la realizzazione di un cordone sanitario per i tre paesi colpiti impedendo qualsiasi volo in entrata e in uscita da quei paesi, ma tale misura provocherebbe certamente panico e forse reazioni violente da parte degli abitanti di quei paesi.

Inoltre sarebbe molto difficile controllare con l’esercito le frontiere e si assisterebbe comunque a fughe di massa via terra con diffusione del contagio agli stati limitrofi. Lasciando aperte le frontiere, è inevitabile che tutti gli Stati si trovino ad affrontare prima o poi la gestione di nuovi casi anche- come si è visto- a migliaia di chilometri di distanza. Come per le epidemie del passato, in particolare la peste, si dovranno affrontare paure ingiustificate, comportamenti irrazionali, fughe di sanitari, panico. E’ dunque molto importante che la gestione dell’epidemia possa contare su una leadership autorevole, scelta dalle Nazioni Unite. Mentre l’European CDC con sede a Stoccolma ha mostrato chiari limiti, la CDC di Atlanta, organismo governativo degli Stati Uniti creato nel 1948 dimostra molta più autorevolezza pur avendo subito negli ultimi giorni una perdita di credibilità non sapendo garantire la sicurezza degli operatori sanitari che hanno affrontato il caso zero degli Stati Uniti.

Evidenti sono apparsi altresì i limiti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che, nella gestione della cinese Chan, aveva già manifestato gravi carenze in occasione della gestione della pandemia influenzale da virus H1N1 sopravvalutando il rischio e facendo spendere agli Stati membri milioni di euro per vaccini inutilizzati. Non credo pertanto che lo staff dell’OMS e dell’ONU, quello per intenderci che ha gestito la pandemia influenzale sia all’altezza di fronteggiare una minaccia reale quale è quella rappresentata da Ebola. Un fattore di rischio significativo per la diffusione dell’epidemia potrebbe essere la diminuita mortalità rispetto alle precedenti epidemie verificatesi nella Repubblica del Congo e del Congo a partire dal 1976. Quelle avevano una mortalità superiore al 90% e per questo motivo si spegnevano abbastanza rapidamente a causa dell’elevatissima mortalità.

Quella in corso nei tre stati dell’Africa occidentale ha una mortalità di poco superiore al 50% e per questo motivo può diffondersi molto di più. Il personale sanitario rimane certamente la categoria a rischio maggiore per la vicinanza co l’ammalato e i suoi liquidi biologici ( sangue, vomito, feci, ecc) cui può facilmente venire in contatto per la difficoltà nell’utilizzo dei mezzi di protezione. I piccoli ospedali di Liberia, Sierra Leone e Guinea sono stati pertanto involontariamente fattore di propagazione del virus piuttosto che di contenimento, come continua ad esserlo le pratiche funerarie dove i famigliari sono soliti toccare il defunto. Un altro fattore di propagazione che forse avrà sempre maggior importanza sarà quello sessuale poiché appare provato che il contagio avvenga attraverso lo sperma anche dopo molte settimane dalla guarigione.

Gli stati Europei, Italia compresa, dovranno impegnare la maggior parte delle energie nei controlli alla frontiere, nei porti ed aeroporti monitorando il parametro febbre, pur con tutte le difficoltà del caso e creando sistemi di trasporto dei malati che evitino la diffusione del contagio. La disponibilità di sieri, vaccini e farmaci efficaci non sembra essere imminente ed è probabile che i numeri di ammalati cresca molto rapidamente nelle prossime settimane considerando che la crescita di un’epidemia come l’attuale è esponenziale e che quindi quando i numeri salgono la crescita diventa impetuosa, proprio come negli incendi.

Anche in Italia appare evidente la necessità di una leadership che gestisca l’epidemia e che un tecnico qualificato, con grande esperienza nel campo della sanità internazionale, della travel medicine e nella gestione delle epidemie, affianchi il Ministro nel difficile compito che le spetta, considerando anche tutte le conseguenza che la diffusione del contagio avrà non solo per la salute pubblica, ma anche per l’economia, per il commercio, per l’ordine pubblico e in generale per la vita del Paese.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:16