
“Quando la politica entra dalla porta del tempio, la giustizia fugge impaurita dalla finestra per tornarsene al cielo”.
Questo brocardo eternamente valido, checché ne possa pensare l’Associazione Nazionale Magistrati (Anm), è stato scritto da Francesco Carrara, sommo giurista nato nel 1805, subito dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, le cui origini toscane non ha mai tradito. Ma il sommo Carrara, a differenza di Matteo Renzi, mestierante della politica (ed in ogni caso non eccelso giurista), con la sua scienza giuridica improntata al positivismo in materia penale, ha tenuto sempre distinti due concetti essenziali: l’autonomia e l’indipendenza della magistratura che deve svolgere il suo delicatissimo compito, e la concretezza ed il pragmatismo che debbono connotare l’esercizio del potere politico.
Questi concetti basilari ed indispensabili per un regime democratico sono stati stravolti dal potere politico e dall’esercizio della giurisdizione, tanto che è consentito ai magistrati di fare politica esprimendo pubblicamente le loro idee nel mentre esercitano il delicato compito loro demandato. I Padri Costituenti, ben consapevoli dei pericoli che potevano nascondersi dietro il falso esercizio della giurisdizione, si sono preoccupati di sancire il principio della divisione dei poteri, preoccupandosi di specificare che il potere giudiziario, essendo soggetto alla legge, più che un potere doveva essere definito ordine.
Tutto funzionò bene fino al 1973, data tragicamente famosa, nella quale venne pubblicata la Legge Breganze che, stravolgendo l’ordinamento giudiziario in essere, sostituì al merito il criterio temporale per la progressione in carriera dei magistrati. Da allora, per iniziativa dell’indimenticato Luciano Violante che a Frattocchie, frazione dei Castelli Romani, diede vita alla scuola nella quale furono allevate le toghe rosse, nacque la corrente dell’Anm che si definì “Magistratura Democratica”. Prima di allora vi era una sola corrente che, in sintonia con il principio di indipendenza, si chiamava “Magistratura Indipendente”. Pensate che danno irrimediabile creò quella legge, in forza della quale fu consentito ad alcuni magistrati di fare politica attraverso l’uso distorto e condizionato nell’esercizio della giurisdizione.
Gli esempi sono davvero tanti e non è necessario ricordarli ma il richiamo al brocardo del sommo Carrara è divenuto attuale, visto il crollo verticale di tutte le istituzioni, prima fra tutte quella giudiziaria che è la causa principale del declino irreversibile dell’economia nazionale, penalizzata dai mancati investimenti stranieri. Subito dopo (se non in contemporanea), il crollo verticale della politica, che dovrebbe essere il sale della democrazia e che viceversa da più di tre anni consente di avere Governi non eletti dal popolo sovrano e che operano grazie al travalicamento dei poteri da parte di un capo dello Stato che non si sa per quale ragione viene denominato da tutti “Re Giorgio”.
Che tutto quanto finora rappresentato abbia una conferma precisa ed indiscutibile nella scena davvero indecorosa, per non definirla vergognosa, alla quale il mondo intero ha assistito sabato scorso allo stadio Olimpico di Roma, è fuor di dubbio. L’evento era la finale di Coppa Italia, che si è disputata dopo tre quarti d’ora dall’orario d’inizio fissato dalla Federcalcio. Il ritardo è stato determinato dal comportamento delittuoso del solito criminale travestito da tifoso che ha preteso dal capitano del Napoli, accompagnato dalle forze dell’ordine, rassicurazioni sullo stato di salute del tifoso oggetto della violenza di un altro criminale ultrà della Roma. Il tutto alla presenza del presidente del Senato e del Premier, sempre presente (anche nelle trasmissioni Mediaset) per propagandare la pizzeria dov’è solito mangiare vicino Firenze.
Ma che Italia è mai questa guidata dall’imbonitore Renzi e tutelata da un ministro degli Interni inerme, dove i criminali condizionano lo Stato offendendo la memoria di quell’ispettore di polizia ucciso in circostanze simili durante lo svolgimento di un derby tra Palermo e Catania e il cui assassino si vuole addirittura libero? Per favore, negli anni che mi restano da vivere non mi fate più assistere a serate del genere, dove le istituzioni non sono in grado di tutelare i cittadini perbene ed i bambini che hanno solo il desiderio di tifare per la squadra del cuore.
Infine, vorrei tranquillizzare la vedova dell’ispettore Raciti sulla solidarietà del popolo italiano, che nulla ha a che vedere con i rappresentati attuali delle istituzioni che rappresentano soltanto la vergogna di un Paese allo sbando. Il caso dei marò è emblematico!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02