
Bisogna riconoscere che Schulz sia la bestia nera di Berlusconi. Il leader del centrodestra non ha alcuna simpatia per il politico tedesco e non fa nulla per nasconderlo. Anzi. Quando se ne presenta l’opportunità, rievoca l’episodio del tranello che Schulz gli aveva teso, il 1 luglio 2003, durante la seduta del Parlamento europeo per la presentazione del semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Ue. La vulgata dei media tende a ricordare soltanto la famosa espressione del “kapo” con cui un Berlusconi adirato apostrofava uno Schulz provocatore. Allora apriti cielo! Tutte le anime belle di Bruxelles e dintorni si sentirono offese in modo irreparabile. Il premier italiano fu messo all’indice per aver osato pronunciare quella terribile parola in un consesso che aveva perduto la memoria della presenza di untori irriducibili della peste antisemita e di fautori dell’esistenza “in natura” di elementi scriminanti tra collettività non omogenee. Tutti santi, tutti democratici. Che fetido mare d’ipocrisia! Tutti correvano in soccorso del povero Schulz, sinistra italiana in prima fila, ma nessuno, in Italia e fuori, a destra e a sinistra, si prendeva la briga di riascoltare le frasi offensive, e quelle sì profondamente razziste, pronunciate nella medesima sede da Schulz nei confronti dell’intera delegazione italiana.
La storia si ripete, la musica è sempre uguale. Se sono i tedeschi a esprimere giudizi discriminatori nei confronti degli italiani è tutto normale. Se è un italiano a fare apprezzamenti su un politico tedesco, scatta in automatico la solidarietà del “fronte del Nord” e al malcapitato tocca la damnatio memoriae. L’altro giorno il fatto si è ripetuto. Berlusconi non ha resistito nell’esimersi dal commentare il disagio che i tedeschi manifestano quando si parla di Shoah. Ancora una volta apriti cielo! Per la Merkel le sue parole sono state assurde. Per la dirigenza europea lui è stato disgustoso. Complimenti! A dirlo, con più accanimento di tutti è quel tale Jean Claude Juncker, candidato alla presidenza della Commissione Europea per il Parito Popolare Europeo. Lui spera di vincere anche grazie ai voti del centrodestra italiano e di Forza Italia in particolare. E’ ben cosciente che in caso di vittoria il suo ruolo alla Commissione sarà quello di portavoce dei “desiderata” della signora Merkel. Per questo si esercita, nelle sue più recenti uscite pubbliche, ad essere più realista del re. Perciò se la Merkel si stupisce, lui si disgusta. Peccato, però, che l’onesto politico lussemburghese non abbia provato altrettanto disgusto quando il signor Schulz si è recato lo scorso febbraio a Gerusalemme in visita ufficiale e, parlando ai rappresentanti del popolo israeliano riuniti alla Knesset, ha avuto la faccia tosta di insultarli calunniandoli con accuse false e infondate circa presunti comportamenti infamanti tenuti nei riguardi dei palestinesi della West Bank e della Striscia di Gaza. In quella occasione Schulz, a nome dell’intera Ue, è andato a spargere il suo veleno razzista in casa dei discendenti delle vittime dell’Olocausto. Per l’onesta Europa dei burocrati e dei politici di Bruxelles allora è stato tutto normale. Nessuno si è indignato. Niente scandalo.
La verità è che a fare scandalo non siano, purtroppo come dovrebbero, l’antisemitismo e il razzismo che sopravvivono nelle cavità carsiche di una “cultura europea” profondamente impregnata di senso della divaricazione gerarchica tra famiglie della medesima comunità continentale. Non è la ricerca di una ipotetica “giusta causa”, nella copertura di pulsioni discriminatorie di natura etnico-antropologica. Non è quel “voi italiani” che, pronunciato con algido accento, mette ancora brividi alla schiena. Non è il “Der Spiegel”, del 1977, che sbatteva in copertina un piatto di spaghetti condito con una pistola P38, sopra il titolo “vacanze italiane”. Piuttosto a fare scandalo, in sé insopportabile, è un’altra forma di separazione ontologica che deriva dall’incapacità, di cui Berlusconi è stato la personificazione, di allineamento degli individui e delle collettività più riottose al nuovo “pensiero unico” dilagante sulla via dell’integrazione europea. Berlino chiede principalmente ai Paesi dell’area mediterranea di compiere una scelta nel definire le motivazioni per l’ appartenenza a un progetto comune, che prima di essere politico ed economico, è essenzialmente etico e culturale. Tuttavia, il presupposto sul quale poggia la richiesta ha molti punti di contatto con l’idea che fu di Thomas Mann e di tanti altri pensatori tedeschi, della “differenza di mentalità” quale legittima “ragione morale” della “kultur” fondante lo spirito tedesco. La Kultur di cui parla Thomas Mann in Considerazioni di un impolitico, nel 1918, si traduce in uno speciale impasto fatto di arte, religione, filosofia, tutte intrinsecamente germaniche che, per la sua ragion d’essere, ha puntato a contrastare con ogni mezzo l’egemonia di quel mondo occidentale, popolato dagli eredi dell’antico patrimonio romano. Si è trattato di un “prius”, sopravvissuto fino ai giorni nostri che la kultur germanica ha dovuto accettare, subendolo. Ora, però, riprendendo la riflessione del Dostoevskij, citato da Mann, esso è destinato a soccombere e a genuflettersi, in segno di sottomissione all’intima superiorità innovante del verbo teutonico. “Contro quel mondo lo spirito tedesco ha protestato per tutto il corso degli ultimi duemila anni e, anche se non ha pronunciato il proprio verbo non ha formulato in contorni precisi il suo ideale, che sostituisse positivamente l'antica idea romana da lui stesso distrutta, tuttavia, credo, in cuor suo quello spirito è stato sempre convinto che prima o poi avrebbe saputo pronunciare questo nuovo verbo e guidare con quello l'umanità".
Ora che il momento è giunto, per molti aspetti Berlusconi appare agli occhi dei governanti tedeschi come un fattore destabilizzante nella costruzione egemonica della nuova Europa. Berlusconi impersonerebbe, con il suo modus operandi, il campione di quell’arte della politica di matrice mediterranea, cortigiana e inutilmente estetizzante, che ebbe nell’Italia cinquescentesca la sua massima espressione e nelle “tesi” di Lutero e nel “protestantesimo” militante dei prìncipi tedeschi il più spietato nemico. Nelle stoccate di fioretto che feriscono e mutilano peggio dei colpi di clava, si coglie lo scontro tra due paradigmi esistenziali: il luteranesimo della Merkel opposto all’edonismo paganeggiante di Berlusconi. Tutto questo ci porta a una semplice considerazione: dietro quelle che possono apparire ordinarie schermaglie propagandistiche si cela un confronto di civiltà molto serio perché destinato a riflettersi sui destini dei popoli d’Europa. Ne consegue che ognuno, nel momento del compimento delle scelte elettorali, dovrebbe avere ben presente questi aspetti che si stagliano ben oltre la cortina fumogena della cronaca politica quotidiana. Oggi più che mai è dunque necessario porsi il problema di stabilire con chiarezza da che parte del campo stare. E’ auspicabile che la memoria del nostro passato soccorra le nostre decisioni nel ricordarci da dove veniamo e di chi siamo eredi e ultimi epigoni.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:07