
Quella dei marò italiani trattenuti dalle autorità giudiziarie indiane si è da subito palesata come una brutta storia. Ne eravamo tutti consapevoli. Ora, però, le ultime notizie che giungono da quel lontano Paese stanno trasformando la vicenda in un incubo assoluto. Perché ciò accade? Di chi è la responsabilità? La risposta è semplice nella sua durezza: i governi italiani che si sono succeduti in questi tre ultimi anni hanno avuto un comportamento scandaloso, al limite del più spregiudicato opportunismo.
Essi hanno coscientemente giocato sulla pelle dei due militari per rimandare il problema nel tempo allo scopo di garantire gli interessi delle imprese private e pubbliche italiane da tempo insediate con soddisfazione nel tessuto produttivo indiano. Dal momento in cui è stata scritta la prima pagina di questa storia allucinante, quando è stato dato l’ordine al comandante della “Enrica Lexie” di rientrare in acque territoriali indiane, il comportamento dei governanti italiani è stato pessimo. Prima ostentamente remissivo rispetto alle richieste delle autorità locali, poi farsesco allorquando si è tentato, con infantile logica, di “fregare” gli indiani con uno sciocco stratagemma, trattenendo in Patria i due marò, provvisoriamente rientrati in forza di un permesso speciale rilasciato dalle autorità di New Delhi.
In realtà, come dopo si è riscontrato, quella balorda iniziativa era stata messa in piedi per servire da spot elettorale al claudicante candidato premier Monti la cui vittoria non sembrava così più tanto certa. Dopo averli restituiti, noi con la coda tra le gambe come ragazzini che, scoperti a fare una marachella, rimettono a posto i giocattoli e si consegnano a capo chino in segno di pentimento, ora andiamo dicendo che i nostri ragazzi si difenderanno “nel processo”. Ma di che razza di cavolate andate cianciando? Le prove sono state preventivamente distrutte, la perizia balistica sulle armi sequestrate ai marò l’hanno fatta senza la presenza dei nostri esperti, dei corpi dei pescatori uccisi restano solo le ceneri e, dopo due anni, non si conosce ancora l’esatta accusa che viene contestata agli imputati, e lo chiamate processo? Ma siate seri! È una farsa!
Una tragica farsa il cui costo lo pagheranno per intero soltanto quei due poveri diavoli. Abbia questo Governo il pudore di non offendere oltre la nostra intelligenza, dopo che ha fatto strame della nostra dignità di italiani. Bisognava da subito investire gli organismi internazionali della vicenda chiedendo che presso le Nazioni Unite si incardinasse un arbitrato internazionale sulla competenza a giudicare i due militari. Non è stato fatto. Bisognava fare la voce grossa con i nostri amici dell’Unione Europea perché il problema dei militari sequestrati in India non dovesse essere soltanto italiano ma europeo nel suo complesso.
Invece, ci siamo sentiti rispondere che si trattava di una questione interna ai rapporti bilaterali Italia-India. Abbiamo assistito impotenti al comportamento della signora Catherine Ashton, il più fazioso rappresentante agli esteri che la Ue abbia avuto. La signora Ashton non ha speso una parola, figurarsi la scomodità di un viaggio in India, per difendere i nostri ragazzi. Forse era troppo occupata a fare il filo ai palestinesi e a promettere loro, a ogni piè sospinto, posizioni europee sempre più dure contro il “satana israeliano”.
L’ufficio della signora Ashton ha giudicato inappropriato un suo intervento presso le autorità indiane visto che la questione sulla giurisdizione già pende innanzi alla Corte suprema di quel paese. Inappropriato, ha detto proprio così. Che coincidenza! È lo stesso termine, l’unico, che mi viene in mente per definire la sua permanenza nel ruolo di rappresentante della politica estera europea. Ora, diciamo di voler giocare la carta della disperazione: porre il veto per la ratifica del trattato euro-indiano di libero scambio. È stata, in realtà, un’idea del commissario italiano Tajani. La Bonino ha detto che ne parlerà ai partner nel corso del prossimo Consiglio dei Ministri europei degli Affari Esteri. Meraviglioso! Ha detto che solleverà la questione. Siamo ancora a questo. Ma ha detto pure la Bonino che tutte le opzioni sono sul tavolo.
Se le parole hanno ancora un senso ci dica allora quali sono queste opzioni. Il Governo ha tenuto una seduta straodinaria sulla vicenda, mettendo all’ordine del giorno l’assunzione di adeguate contromisure? Il Presidente della Repubblica ha convocato un Consiglio Supremo della Difesa? Sono stati contattati i governi alleati per informare loro che, in caso di esito infausto della vicenda indiana, l’Italia, a titolo ritorsivo, si dichiara pronta all’immmediato ritiro di tutte le proprie forze attualmente operative in missioni di peacekeeping? Sono stati convocati i vertici dei Servizi di sicurezza per valutare la situazione sul campo? Sono stati interpellati i rappresentanti della comunità indiana in Italia per concordare un’azione congiunta presso le autorità governative del Paese asiatico?
È stato chiesto alla magistratura inquirente italiana se sono previste iniziative per invitare Latorre e Girone a comparire al fine di rendere dichiarazioni in ordine agli accadimenti contestati? Il ministro degli Esteri ha impartito istruzioni alla nostra sede diplomatica a Delhi per trattenere presso le proprie strutture, coperte da immunità diplomatica, i due marò? Il ministro della Difesa ha dato ordine che un’unità navale della nostra Marina militare, magari un incrociatore portaelicotteri, si portasse a ridosso delle acque indiane pronta a dare supporto e assistenza ai civili e ai militari attualmente collocati in servizio nell’ambasciata italiana? È stato programmato l’utilizzo di nostre unità di intervento rapido? Sono in corso contatti con i servizi di sicurezza indiani per eventuali soluzioni alternative?
Ovviamente queste domande non avranno alcuna risposta. Sono cose troppo alte perché se ne occupi gente comune. Ciò in linea di principio sarebbe giusto se non fosse per il fatto che non vi crediamo, cari politici. Dopo la prova offerta in questi due anni ci vuole una bella fantasia a pensare che voi stiate seriamente lavorando a tutte quelle “opzioni” di cui parla la ministra. La verità è ben altra. Ed è tragica. Solo che questi politici di bassa statura non hanno il coraggio di raccontarla al Paese. Puntano sul fatto che la memoria degli italiani in fondo sia abbastanza corta perché se non lo fosse loro non sarebbero seduti dove sono a fingere di fare il nostro bene.
In effetti, gli indiani premono per l’applicazione della “Sua Act”, che dà esecuzione, nel loro Paese, alla Convenzione per la repressione degli atti illeciti di violenza contro la navigazione marittima. Ora, se la corte di Giustizia ne dovesse riconoscere l’applicabilità al caso specifico, i nostri marò sarebbero giudicati per atti qualificati come terroristici. Giacché i due militari hanno agito come organi dello Stato in acque internazionali (per gli indiani contigue), ne conseguirebbe che, non essendo riconosciuta loro dallo Stato dell’India l’immunità per gli atti compiuti nell’esercizio delle legittime funzioni assegnate, l’accusa di attività terroristica, per estensione, finirebbe per chiamare in causa la responsabilità oggettiva del governo italiano. La fonte giuridica che legittima l’operato dei marò è ricondotta a una legge dello Stato, resa esecutiva mediante atti amministrativi prodotti dal vertice di governo della Repubblica italiana.
Ciò significa che tra le decisioni assunte in sede di Esecutivo e il comportamento del personale militare imbarcato sulla “Enrica Lexie” vi è un nesso causale non recidibile. Se una sentenza della magistratura indiana, benché surreale, rendesse esplicito questo nesso, la crisi tra i due Paesi sarebbe spinta verso un pericoloso punto di non ritorno. Quindi, richiederebbe una reazione proporzionata all’accusa ed è ciò che i nostri audaci governanti vogliono scongiurare a ogni costo. Questa paura di finire allo scontro diretto con l’India fa sospettare che la volontà recondita del governo, parandosi dietro il principio della responsabilità personale rispetto alla norma penale, sia quella di abbandonare i due marò al loro destino, per evitare una pericolosa escalation dei rapporti bilaterali. Sarebbe allora troppo chedere al nostro governo di avere un sussulto di dignità e raccontare al Paese come stiano davvero le cose? Abbiano il coraggio, tutti i componenti del gabinetto Letta, nessuno escluso, di presentarsi agli italiani è di dire la verità.
Quale verità? Semplicemente quella che tutti, nei “palazzi” conoscono ma non possono svelare giacché anche la verità talvolta può essere eversiva. Allora, cosa dovrebbero dirci? “Cari italiani smettetela di pensare ai due marò perché per loro non c’è alcuna speranza se non la clemenza degli indiani che decidano in totale autonomia di smetterla di fare di quei due poveretti strumento di contesa politica interna e ce li ridiano sani e salvi. Se non dovesse accadere questo noi non sapremmo che farci. L’Europa ci ha scaricato e la comunità internazionale poco o niente ci fila. Non possiamo reagire, in primo luogo, perché non ne avremmo la forza e poi perché ci sono troppe nostre aziende che lì fanno affari, i loro ovviamente, a partire dai Colaninno che in India hanno un mega stabilmento, la Piaggio Vehicles, per fare motorette e veicoli commerciali leggeri. Poi c’è una certa questione aperta con Finmeccanica per la storia di una partita di 12 elicotteri tipo Aw 101 - Agusta Westland, congelata e rimessa a un arbitrato internazionale, che non si sa come andrà a finire.
Volete che con questo po’ d’interessi in ballo ci mettiamo a fare i “Don Chisciotte” per tirar fuori da quella fogna i nostri ragazzi? Siamo pratici, Latorre e Girone sono due militari di un corpo d’élite. Sono addestrati e preparati ad affrontare qualsiasi pericolo. Sapevano a quali rischi sarebbero andati incontro facendo quel che fanno. In fondo, noi mediterranei, per indole, siamo accomondanti, non siamo come quei fanatici degli americani che hanno il mito del “nessuno dei nostri sarà lasciato indietro”. Perciò… prepariamoci a mettere una grossa pietra sopra a questa vicenda imbarazzante”. Se avessero fatto un discorso del genere non ci sarebbe piaciuto ma forse lo avremmo accettato riconoscendo a costoro almeno il coraggio della verità. Avremmo financo compreso il senso di un interesse superiore dello Stato che, in alcuni specifici momenti, può chiedere a ognuno di noi i più alti sacrifici. Avremmo potuto essere comprensivi se ci avessero spiegato quali alti interessi andavano privilegiati in questa vicenda.
Forse qualcuno di noi avrebbe perfino trovato il coraggio, in nome di quelle alte virtù che fecero grande Roma duemila anni orsono, di decidere di prendere il posto di quegli sventurati, di darsi ostaggi al posto loro perché di un sequestro di persona si tratta e le insegne del “leone alato” che campeggiano sulle divise di Latorre e Girone sarebbero state risparmiate dal fango in cui questa insulsa vicenda rischia di seppellirle. Pensate che stia esagerando? Pensate che abbia ceduto al gusto, tutto italiano, per i toni melodrammatici? Pensate che poi, alla fine, una soluzione, seppure rabberciata, si troverà? Siete certi che nessuno si farà male dopo questi giri di giostra? Se non fossero in gioco le vite, o il futuro, di due nostri uomini in armi, accetterei volentieri scommesse. Resta però che la cosa sia maledettamente seria. I nostri governanti non hanno ancora compreso quanto questa situazione possa funzionare da detonatore per una deflagrazione interna al nostro Paese che lascierà in piedi ben poche certezze.
A loro sfugge un dato che va a incidere nell’ónτος di un popolo, proprio quando le cose vanno peggio (Hitler si impadronì di una Germania in miseria e umiliata, non di una nazione ricca e potente). A un Paese impoverito e in crisi economica durevole a cui, giorno dopo giorno, vengono meno i pilastri costitutivi di un benessere che per molti è un lontano ricordo mentre per altri resta una chimera irragiungibile, diviene inevitabile attaccarsi a pochi valori residuali che possano funzionare da collante sociale e dare ancora un senso allo stare insieme, riuniti in un’unica comunità. L’orgoglio nazionale è certamente uno di questi. In una situazione di malessere diffuso il fatto di subire ad opera di un altro Paese un’umiliazione tanto grave potrebbe rivelarsi un peso insopportabile e dare luogo a quella serie di reazioni a catena che condurranno all’implosione il nostro sistema.
Se fossi in loro, cioè in queste mezze cartucce di politici nostrani che si affrontano nelle più alte sedi istituzionali solo per decidere se un ministro avrebbe o no potuto occuparsi di una licenza per un bar in un ospedale di provincia e un ministro che dice di andare a testa alta perché di quella macchina del caffè non si è mai occupata, mi preoccuperei non poco di ciò che accadrà ai due marò. Avviso ai naviganti: gli italiani hanno perdonato ai politici molte cose, questa volta ho seri dubbi che gliela facciano passare liscia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:05