Giustizia e riforma non s’incontrano mai

Il dramma dell’Italia non dipende tanto dall’atteggiamento davvero irritante, per non dire altro, del Monarca Napolitano, quanto dalla pochezza intellettuale che caratterizza l’intero panorama politico. In occasione degli auguri di fine anno, tutti noi, quelli che si irritano ogni qual volta si definisce Paese l’Italia, abbiamo appreso che Napolitano ha riscoperto dopo sessant’anni il valore della nazionalità di quel Paese che voleva, insieme a Togliatti, traghettare nell’area sovietica. Sentire usare da un comunista la parola Nazione, ripetuta più volte, ha fatto impressione così come ha fatto impressione la vicinanza di un ateo al Papa Francesco con il quale vuole condividere misericordia e pace, forse è un po’ più difficile, la carità.

Tutti hanno commentato il discorso inaugurale e, tranne Grillo che ha le sue idee rivoluzionarie, lo hanno condiviso anche se non particolarmente apprezzato, specie da parte dei Forzisti che hanno posto in luce quanto meno la partigianeria per il Governicchio Letta. Tutto come al solito se, non si sa per quale ragione, il piccolo grande uomo, Brunetta, ha teso la mano al chierichetto Alfano invitandolo a tornare all’ovile dal quale è uscito nel modo più disonorevole possibile.

Pare abbia pronunciato la seguente frase: torna, solo noi siamo in grado di apprezzare le tue doti e di valorizzarti. Ma, ci si chiede, si può valorizzare un uomo privo di tutti i valori, primo fra tutti quello della lealtà nei confronti del Cavaliere al quale deve tutto? Se Brunetta pensa veramente ciò che ha detto, Berlusconi può pure essere immortale come sostiene Ferrara, ma se continua a perseverare negli errori di sempre è meglio che si ritiri a vita privata, anche perché non penso che il piccolo grande uomo abbia pronunciato quella frase senza il consenso del Cavaliere.

Si assiste dall’inizio dell’anno a strani proclami da parte del prorompente Renzi che si sente già in campagna elettorale, per proseguire con Berlusconi che vuole andare subito al voto per verificare se il 51% degli italiani avrà imparato a votare e per finire con Alfano il quale sarebbe disponibile a votare con il sistema con il quale si eleggono i sindaci, ma non subito ma l’anno prossimo. Una confusione generale che pone in evidenza il bassissimo livello culturale dei politici che allo stato, da non legittimati a stare in Parlamento, in quanto eletti con un sistema di voto dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, hanno tutto l’interesse a non smuovere più di tanto le acque.

La Corte stessa tarda a depositare le tanto attese motivazioni della sentenza, in sintonia con il comportamento defatigatorio che caratterizza tutta la giurisdizione. I giudici della Suprema Corte non possono essere disturbati durante le vacanze, anche se i privilegi di cui godono sono tali da consentirgli di impegnare qualche ora in più del loro prezioso tempo per farci capire il perché del dichiarato convincimento. Certo, le lungaggini processuali non possono in questo momento turbare i sonni dei mestieranti della politica quali sono Letta, Alfano, Mauro, Fassina e gli altri burocrati chiamati all’alto compito di rendere sempre più complicata la vita degli italiani.

Più tempo passa e maggiori sono le possibilità di diluire nel tempo l’approvazione delle riforme, prima fra tutte quella della giurisdizione, tanto cara al Cavaliere ma osteggiata in tutti i modi dai suoi avversari politici che bivaccano nel grande mare della politica sempre più inquinato dalla tutela degli interessi di parte che nulla hanno a che vedere con la tutela del bene pubblico. A tal proposito bisogna precisare che i tantissimi casi di malagiustizia non sono di competenza del ministro, signora Cancellieri, bensì del Parlamento. Mi spiego. Il ministero fa parte dell’organigramma governativo e quindi è espressione del potere esecutivo che deve preoccuparsi dell’organigramma riguardante l’amministrazione della Giustizia, organigramma del quale fanno parte i magistrati in posizione apicale ed i derelitti cancellieri ed il personale ausiliario.

Ha anche competenza per quanto riguarda le singole professioni autonome, ma per una norma veramente eccezionale non può intervenire sui magistrati e sul loro lavoro che è insindacabile tranne rarissimi casi di violazione palese delle norme disciplinari di competenza del Csm, presieduto dal Capo dello Stato formalmente ma diretto dal vicecapo, ai tempi nostri, il democristiano Michele Vietti, ricordiamolo, sostenuto anche dal Pdl e dal suo ex capo Cavalier Berlusconi. In casi davvero eclatanti il ministro della Giustizia può, al pari del Procuratore generale della Cassazione, promuovere un procedimento disciplinare del quale può occuparsi solo il Csm, il cui dominio è ben noto. Con tale tipo di struttura i casi di malagiustizia, molto più frequenti dei casi di malasanità, rimarranno sempre all’angolo ed i responsabili non pagheranno mai, protetti da quella sciagurata norma che prevede l’autonomia e l’indipendenza del magistrato, non dal potere politico, del quale dai tempi di Di Pietro è stato fatto scempio, ma da qualsivoglia controllo.

D’altro canto, può il Csm, controllato dalle correnti politicizzate di Anm, intervenire contro i magistrati, se l’organo di controllo è dominato da loro stessi? Eh no, caro Cavaliere, per porre rimedio alla malagiustizia ci vogliono le riforme, quelle vere, prima fra tutte quella che riguarda la composizione del Csm e l’Ordinamento giudiziario. Se non si attuano queste riforme in presenza di magistrati che controllano se stessi, anche la campagna de “Il Giornale”, è inutile. Solo questo bisogna spiegare ai malcapitati cittadini, le uniche vittime del sistema. I poteri forti sapranno sempre come superare ogni ostacolo!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 20:02