Letta: l'unica speranza è la ripresa mondiale

Al di là dello scoglio appena superato dal suo governo, mi sembra di poter dire che Enrico Letta esca molto rafforzato all'interno del Partito democratico, nel cui ambito è in atto da tempo una durissima lotta per le investiture. E se fino a ieri leadership e premiership sembravano inesorabilmente convergere nella figura del Gian Burrasca Renzi, la temeraria mossa del Cavaliere di uscire dalle larghe intese ha offerto un formidabile, quanto involontario assist all'attuale presidente del Consiglio.

Infatti, se Berlusconi non avesse tentato di rompere la strana maggioranza, consentendo al Pd di regolare i propri conti interni nei prossimi mesi, la figura di Letta avrebbe continuato a logorarsi nei confronti del sindaco di Firenze. In estrema sintesi, costui avrebbe avuto buon gioco a far fuori il suo rivale, in quanto lo stigma per aver comunque rappresentato un esecutivo voluto dal leader del Pdl costituisce un elemento praticamente insuperabile per gli eredi del vecchio Pci. Ma ora, per come si è risolta la crisi innescata da Berlusconi e i cosiddetti falchi, la figura di Enrico Letta giganteggia dentro il suo partito, avendo relegato in un ruolo di pura testimonianza "rottamatrice" il sindaco di Firenze.

 Sebbene il premier debba ringraziare i dissidenti del Pdl per quanto accaduto, nondimeno nella sua area politica egli appare in questo momento come l'uomo che è stato in grado di neutralizzare il bau bau Berlusconi. Ed il fatto fondamentale che quest'ultimo non sia più decisivo numericamente per la tenuta della maggioranza ha sostanzialmente sdoganato Letta dal suo abbraccio mortale. Tutto questo unito all'evidente rafforzamento di una immagine, da sempre ostentata dal premier, di stabilità politica. Stabilità politica che, per quanto molto simile a quella basata sul deficit-spending della vecchia Balena bianca, in questo difficile momento storico comincia ad essere più spendibile rispetto ai lazzi e i frizzi nuovistici di Matteo Renzi.

Ma la stabilità da sola non basta per sconfiggere definitivamente il rottamatore. Occorre che il Paese reale cominci ad uscire da una crisi economica senza precedenti, così da intestarsene il merito. E su questo decisivo piano Letta, al pari di tutti i suoi predecessori, punta assi più sull'effetto trascinamento di una eventuale ripresa mondiale piuttosto che su una serie di riforme strutturali, le quali avrebbero senz'altro il sapore dell'impopolarità. Per tale motivo mi aspetto da qui in avanti un rilancio della politica di governo fondata sugli annunci, evitando accuratamente -in questo la vecchia Dc era maestra- di toccare i nodi sistemici che stanno letteralmente soffocando l'economia reale, nella speranza che a portare un po' di ossigeno provveda la favorevole congiuntura internazionale.

Tuttavia se questo dovesse accadere, la linea Letta servirebbe solo a procrastinare di qualche tempo -quello necessario a battere la concorrenza nel Pd- il redde rationem di un declino inesorabile. Staremo a vedere.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:07