Il tracollo grillino alle amministrative

Già con il voto delle regionali friulane, avvenuto all'indomani delle politiche, il M5S si è trovato di fronte ad un inaspettato stop in una avanzata elettorale che sembrava fino a quel momento inarrestabile. Ma ciò che è accaduto il 26 e 27 maggio porta i connotati di una vera e propria debacle. Gli uomini guidati con pugno di ferro da Grillo e Casaleggio non raggiungono in nessun capoluogo di provincia il ballottaggio, raggranellando in alcune città percentuali da prefisso telefonico. Ovviamente, è iniziata immediatamente la caccia alle spiegazioni più plausibili per un crollo il quale, per come è strutturato tale movimento, potrebbe annunciarsi come il rapido inizio di una ancor più rapida fine.

C'è chi attribuisce alla tormentata questione delle diarie dei parlamentari grillini una grande importanza in questa enorme perdita di consensi, chi alla diatriba con la Gabanelli -prima santificata nelle vesti di candidata al Quirinale e subito dopo lapidata in rete e sulle piazze a causa di una inchiesta scomoda-, chi all'eccessivo sbracamento verso sinistra, probabilmente deciso dalla diarchia al comando per lucrare consensi ad un Pd dato prematuramente per morto, e chi -infine- nella volontà, più volte imposta duramente dallo stesso Grillo, di sottrarsi al dibattito televisivo con le altre forze politiche. Ora, per quanto questi ed altri elementi possano apparire importanti, essi non riuscirebbero a spiegare completamente l'improvviso e verticale arretramento del consenso grillino. In realtà è assai probabile che tutto ciò si sia sostanzialmente innestato, amplificandone l'effetto elettoralmente devastante, in una repentina perdita di credibilità da parte di molte persone che in precedenza avevano votato per il M5S. Credibilità messa a durissima prova dall'inconcludenza dimostrata dai grillini una volta fatto il loro ingresso in Parlamento.

E da questo punto di vista le imbarazzanti beghe interne che hanno scosso i grillini hanno reso semplicemente più evidente alla cittadinanza che sotto il vestito del "mandiamoli tutti a casa" c'era poco o niente. Privi di una linea programmatica minimamente coerente, costretti ad una difficile navigazione a vista diretta da un sempre più ondivago Grillo, le truppe cammellate del comico ligure sono state percepite come eccessivamente velleitare e, pertanto, inadatte a passare dalla protesta alla stanza dei bottoni, seppur di un governo locale. Soprattutto dopo il varo del governo delle larghe intese guidato da Enrico Letta, il quale è servito a raffreddare i tesissimi rapporti tra il palazzo ed una certa parte del Paese, molti elettori grillini si sono repentinamente allontanati da una formazione politica che non sembra saper andare oltre la pura protesta e che, cosa di non poco conto, inizia a far trapelare gli stessi difetti interni dei partiti che demonizza in rete e sulle piazze. Tanto è vero che la scarsa affluenza elettorale ha paradossalmente punito proprio il M5S. In pratica molti elettori hanno preferito restare a casa piuttosto che concentrare il loro voto sui traballanti castigamatti della vecchia politica. Ciò in conclusione, lungi dal chiudere la questione di un sostanziale rinnovamento di una democrazia in serio affanno, apre comunque lo spazio per una proposta diversa -eventualmente fondata su una sano senso di responsabilità individuale- rispetto alla facile demagogia del "mandiamoli tutti a casa". Staremo a vedere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:52