Nel Pd arriva la resa dei conti

Dunque, a quanto pare, nel Partito democratico è iniziata la resa dei conti. Mostrando a mio parere una eccessiva circospezione iniziale, Metto Renzi ha deciso di usare l'artiglieria per incalzare la già molto indebolita posizione del suo avversario Bersani. Come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, in un Paese normale già all'indomani di elezioni andate molto male per il centro-sinistra si sarebbe dovuto porre la questione di un gruppo dirigente giunto al capolinea. Ma da noi, regno indiscusso dei bizantinismi politici, l'intero Pd -renziani compresi- ha preferito seguire il segretario nella inutile pantomina dell'inseguimento ai grillini, ben sapendo tutti che la cosa non avrebbe portato a nulla. E dato che Bersani, in base alle sue scelte elettorali, non poteva e non può dar vita in prima persona ad un accordo di governo col Pdl di Berlusconi, era chiaro fin da sùbito che l'unica strada per tentare la via delle larghe intese passava per un profondo rinnovamento della leadership democratica.

Così come un analogo rinnovamento, onde rendere più credibile un accordo comunque di corto respiro, dovrebbe avvenire all'interno del centro-destra, consentendo al Cavaliere di cominciare realmente a fare il padre nobile. Resta il fatto incontestabile che solo un esecutivo di larghe intese, con al centro pochi ma efficaci provvedimenti -tra cui il varo di una legge elettorale equilibrata e comprensibile ai più-, potrebbe consentire ai grandi partiti di tamponare una ulteriore, e a questo punto fatale, emorragia di consensi a vantaggio dello spauracchio politico messo in piedi da Grillo e Casaleggio. E sebbene sia abbastanza tardi per cominciare ad invertire la tendenza in atto, Matteo Renzi rappresenta probabilmente l'unica carta che i partiti del cosiddetto bipolarismo del nulla possono giocarsi, prima che la delirante decrescita felice dei grillini mandi definitivamente in soffitta l'intera seconda Repubblica. Una seconda Repubblica che, vorrei ricordare, sul piano economico e finanziario ha proseguito sotto tutte le bandiere la nefasta propensione ad allargare i confini di uno Stato burocratico ed assistenziale sempre più insostenibile, creando i presupposti per una catastrofica bancarotta dell'intero sistema Paese. Per questo, pur nutrendo un notevole scetticismo, credo che un esecutivo a termine, formato da un'ampia coalizione di forze, possa adottare quei necessari ma impopolari provvedimenti, centrati essenzialmente dal lato dei tagli alla spesa pubblica, che nessun singolo partito sarebbe in grado di realizzare. Staremo a vedere.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:40