
L'attuale stallo politico-istituzionale ha un pregio, quello di accelerare l'esplosione di falle, debolezze, egoismi, vocazione guicciardiniana e tatticismi interni sia al Pd sia al M5S. Non bastava l'ostentato ordine di scuderia dato da Grillo ai neo eletti di evitare qualsiasi dichiarazione ai “lupi affamati” di stampa e tv, salvo individuali autoderoghe improvvisate che i singoli si concedono per parlare ciascuno della “propria” bisaccia di priorità frutto del personale curriculum. A dimostrazione di una vocazione a dir poco autoritaria del movimento M5S, che fa strame del diritto dei cittadini di conoscere l'attività di chiunque svolga una funzione pubblica e del dovere da parte di chi assume cariche pubbliche di correre il rischio della critica e del travisamento.
Attitudine, questa, che tra l'altro, il disperato tentativo esplorativo di Bersaningston di trovare l'appoggio grillino ha silenziato come mai sarebbe accaduto se la direttiva di non parlare con i giornalisti fosse stata data ai parlamentari del Pdl da Berlusconi per il quale si sarebbero immediatamente scatenate le mannaie della magistratura. A rendere, se possibile, ancor più tragicomico l'instabile quadro politico di questa difficile fase ci si mettono i rispettivi esponenti di punta dei due partiti, la neosenatrice del Pd Laura Puppato e il capogruppo di M5S al Senato Rocco Crimi cui non è certo richiesto di aver dimestichezza alcuna con il kantiano giudizio sintetico a posteriori ma quantomeno con una quota minima di “giudizio a prescindere”.
Grottesca la dichiarazione con cui signora Puppato saluta «il tentativo di mettere in piedi un governo che possa soddisfare da un punto di vista programmatico, entrambe le realtà politiche»” a puntello del delinquenziale e ormai scoperto tentativo di Bersani di scaricare su Grillo, in spregio all'urgenza di stabilità e governabilità del paese, la responsabilità della mancata creazione di un esecutivo guidato dal Pd e sostenuto dai voti di M5S. La farsa della questua dei bersaniani duri e puri è evidente e scontato il ritorno alle urne vista l'irremovibilità con cui Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno escluso la loro permanenza in M5S in caso di voto di fiducia al governo a guida Pd da parte dei parlamentari grillini. Intenzione che anche la capogruppo di M5S alla Camera Roberta Lombardi, ha puntellato definendola, con rara profondità lessicale, «un gesto di una ricchezza incredibile».
Viene, incidentalmente, da chiedersi, nella selva degli altri basiti interrogativi, perché la magistratura, intanto, non si conceda una pausa nell'attività ossessivo-compulsiva di bombardamento giudiziario anti-Cav volta a turbare le trattative di un governo che evidente non vedrà il Pdl come azionista.
Il primato però se lo aggiudica il capogruppo dei grillini al Senato Rocco Crimi che alle profferte del Pd reagisce, incurante della benché minima infarinatura di diritto pubblico, ma anche soltanto di diritto e rovescio, invitando i questuanti democrats al lavoro: «Governo o non governo, invece di chiedere fiducia in bianco, nei prossimi due mesi il parlamento autonomamente si deve mettere al lavoro, commissioni e aula, senza sosta e senza giochini dilatori per approvare quei disegni di legge necessari a che l'Italia, che sta precipitando, possa riprendere quota». Peccato, davvero, che il capogruppo dei senatori grillini a Palazzo Madama, nella sua spericolata, difesa delle prerogative di autonomia legislativa del parlamento («contrariamente a quanto vogliono farci credere») non sia nemmeno a conoscenza del fatto che la nostra democrazia poggia su un sistema di tripartizione dei poteri e che quello legislativo non opera senza che quello esecutivo sia nel pieno delle sue funzioni. Per precipitare è sufficiente rimanere in stallo. E talvolta venire dalla stalla.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:43