L’errore di Monti? Presentare due liste

Ascoltando Mario Monti nel coro della sua partecipazione a “Porta a Porta”, ho trovato conferma in ciò che mesi addietro pensavo fosse l’approccio più ragionevole - al di là di qualunque questione di merito - di un premier tecnico sceso nell’agone elettorale. Ovvero, impostare la sua campagna elettorale spiegando al popolo che le cose realizzate dal suo governo hanno rappresentato una sorta di compromesso al ribasso con le forze politiche della sua strana maggioranza e che, pertanto, questa zavorra politica ha impedito alla sua azione di dispiegarsi nel modo più efficace. 

Ora, che questo sia vero o no, che soprattutto sul fronte dei tagli alla spesa vi sia stato un continuo esercizio dei veti incrociati, soprattutto da parte del Pd e del Pdl, tale da snaturare l’autentico indirizzo montiano, lo giudicheranno gli elettori. Resta comunque il fatto che, soprattutto in una fase storica in cui la politica di professione ha raggiunto in Italia un livello infimo di credibilità, presentarsi su una linea totalmente alternativa rispetto ai partiti tradizionali, proponendo una sorta di referendum tra Monti e la classe politica, appare senza dubbio una linea corretta e piuttosto producente. L’ho scritto in tempi non sospetti e lo ribadisco con medesima convinzione. 

Tuttavia, per rendere veramente efficace questa strategia elettorale, interpretando appieno il desiderio di rinnovamento della società, il premier uscente avrebbe dovuto seguire il consiglio di Corrado Passera, proponendo una sola lista sia alla Camera che al Senato. In questo modo, eventualmente imbarcando qualche fedele alleato come Fini e Casini, avrebbe definito senza equivoci la sua diversità rispetto al vecchio sistema. Ma così non sono andate affatto le cose. L’apparentamento alla Camera con l’Udc e con Fli e, cosa ancor più grave, la presenza dominante di Casini e dei suoi uomini nella lista “Monti” al Senato, hanno gravemente compromesso l’immagine di rinnovatore del bocconiano, dando ragione alla definizione di capo di un centrino espressa da Berlusconi. Ciò è confermato da un leader dell’Udc capolista in ben cinque regioni e dalla posizione del braccio destro Moavero nel Lazio: terzo dopo lo stesso Casini è l’esponente di Futuro e Libertà, Giulia Bongiorno. Tutto questo indebolisce presso l’opinione pubblica il peso specifico di Monti, a tutto vantaggio dei volponi della vecchia politica che lo hanno fin qui sostenuto ma che ora, a costo di rischiare di arrivare quarti nella corsa elettorale, tendono a fagocitarlo. Staremo a vedere.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 11:03