
Nonostante le nuove e vecchie discese in campo, la campagna elettorale si svolgerà sotto la densa cappa di una crisi economica e finanziaria molto grave e di cui non si intravede neppure in lontananza la fine. Per questo mi aspetto tutta una serie di surreali ricette per uscire dal tunnel che, così come sta accadendo da tempo, possono servire a prendere voti ma non certamente a far ripartire l’economia di un paese sempre più stremato. Soprattutto a sinistra, checchè ne dica l’usato sicuro Bersani, è assai probabile che ci si scateni in una raffica di promesse e di impegni volti ad introdurre nel sistema ulteriori, massicce dosi di spesa pubblica, rincorrendo ogni richiesta di intervento pubblico proveniente da una società già ampiamente collettivizzata. Una società che, nel suo complesso, a forza di rincorrere in modo strisciante i dogmi della cosiddetta pianificazione democratica - ossia un modello di sviluppo determinato non dal libero mercato bensì dai progetti della classe politico-burocratica - sta perdendo punti importanti sul piano della competitività internazionale. Ma ciononostante, oltre alla sinistra, una buona parte dell’attuale offerta politica propone all’elettorato maggior intervento e protezione sostanzialmente in ogni campo, rinnovando la pretesa di una mano pubblica ipertrofica di occuparsi della nostra esistenza dalla culla alla tomba.
E sebbene si comprenda che proprio in una fase così acuta della crisi, con i consumi crollati a livelli mai visti, risulti estremamente impopolare parlare, anche solo in termini generali, di una riduzione delle enormi competenze pubbliche, con il fine principale di alleggerire l’insostenibile pressione fiscale, sul piano sostanziale questa è l’unica chance per fermare l’inesorabile declino dell’Italia. Un paese il quale, a forza di cullarsi nell’idea che il diritto al lavoro debba sempre declinarsi nel diritto ad un vitalizio da concedere a richiesta, ha sempre più perso di vista il vero fondamento della ricchezza di una nazione, ossia il lavoro. Lavoro vero e competitivo che le alchimie di una classe politico-burocratica, sempre più corrotta da un eccesso evidente di spesa pubblica, non possono certamente creare dal nulla. Per questo motivo, come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, personalmente appoggerò quel soggetto politico che si impegni realmente a ridurre in maniera ragionevole l’attuale perimetro dello stato, con la prospettiva di restarmene a casa qualora non riscontrassi una proposta appena accettabile. Questa, ahinoi, è da sempre la triste sorte riservata alla nostra piccola riserva indiana di liberali. Staremo a vedere.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:41