
Non sono stati certamente i politici a spedire in cella Alessandro Sallusti. Sono stati i magistrati di questa disastrata repubblica ad applicare una norma chiara in modo sconveniente. Non è che non veda come i magistrati, per poter condannare alla detenzione in carcere Sallusti, lo hanno dovuto etichettare, quale soggetto pericoloso. Il reato di diffamazione a mezzo stampa è sì, connotato dalla pericolosità con la quale un direttore di giornale, o il giornalista che scrive l’articolo si rende protagonista. Ma la pericolosità, ammesso che sia dimostrata, è il presupposto del danno che eventualmente subisce il diffamato, tanto che nel 99 per cento dei casi il reo viene condannato ad una pena pecuniaria che lo dovrebbe indurre a non commettere più il reato, controllando meglio la notizia. È questo il periodo nel quale chi si azzarda a criticare una sentenza viene qualificato quale reazionario e non rispettoso della pronuncia del giudice e quindi passibile di subire severe condanne, anche in caso di errori eclatanti commessi dai giudici, che rimangono sempre impuniti.
L’unico rimedio al sistema è cambiarlo, facendo, nell’esercizio della giurisdizione, riferimento alla professionalità ed al merito, come era un tempo, prima della disastrosa riforma degli anni Settanta (Legge Breganze). Senza merito e responsabilità non si può avere serenità di giudizio, serenità che certamente è mancata a quei giudici che hanno qualificato Sallusti «soggetto socialmente pericoloso» a tal punto da privarlo della libertà personale. In Italia, lo ripeto fino alla noia, ci sarà un motivo per il quale l’85 per cento dei reati non vengono puniti mentre vengono emesse tante condanne ingiuste che costano allo stato italiano centinaia di milioni di euro all’anno? Et De Hoc Satis avrebbe sentenziato il pretor di romana memoria.
Prima di tutto l’adozione del voto segreto, certamente non giustificato da alcun riserbo valido; secondariamente la vendetta di coloro che Sallusti, narrando le loro gesta e quelle dei compagni ed amici, non ha risparmiato di legittime critiche. Penso a Rutelli e compagnia varia, a Fini e compagnia varia, per i noti fatti del tesoriere della Margherita, e per i noti fatti di Montecarlo. È il risultato della presa d’atto dello squallore politico in cui viviamo. Squallore testimoniato dal governo tecnico montiano che, invece di salvarla, ha sfasciato l’Italia, se è vero come è vero che il debito pubblico dal suo insediamento è aumentato di ben 90 miliardi di euro. Ma che importa, c’è il sostegno del monarca Napolitano e il voto di fiducia quasi giornaliero del Parlamento. Ma il popolo si sta svegliando. Quindi attenzione, gli italiani prima o poi reagiranno.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:52