L’irresponsabile Grillo vuole cancellare tutto

Non mi stupisco affatto del grande successo elettorale del Movinto 5 Stelle in Sicilia. Dopo decenni in cui si è affermata una cultura costruttivista secondo la quale dalla politica discende ogni cosa, è normale che a seguito dell’ennesimo fallimento della medesima politica sfondi un’aggregazione di persone comuni le quali, chiedendo ugualmente più stato per tutti, ritengono di poter migliorare le cose scendendo direttamente in campo. Sotto questo profilo, risulta formidabile, quanto devastante per i partiti, l’intuizione di Grillo di richiamarsi esplicitamente all’illusione della democrazia diretta. Illusione già ampiamente smascherata oltre un secolo addietro da alcuni pensatori di orientamento liberale, come Pareto, Spencer e Michels. Quest’ultimo in particolare, con la sua famosa legge di ferro dell’oligarchia, ha scritto che ogni organizzazione democratica, partito o sindacato che sia, tende in breve a separare nettamente la classe dirigente dalla base. Ciò, nel tempo, produce burocratizzazione e centralizzazione, fattori che creano una leadership stabile, trasformando i vertici in una casta chiusa ed inamovibile. Un destino che, osservando il mondo che ci circonda, è tipico delle società culturalmente meno evolute.

Resta comunque il fatto che l’onda lunga di un crescente entusiasmo popolare, amplificata dalla sostanziale mancanza di una offerta politica credibile, consente al non partito del comico genovese di espandersi senza apparenti problemi. Tant’è che la grana sulla mancanza di democrazia interna, venuta alla luce alcuni mesi addietro, sembra essere stata ampiamente messa da parte da un elettorato che, almeno per ora, tende a guardare solo il bicchiere mezzo pieno. Ma sono certo che, al pari di qualunque altra forza politica, quando i meccanismi inesorabili descritti da Michels oltre 100 anni addietro faranno sentire i suoi effetti, spingendo i rappresentanti del M5S a professionalizzarsi, il popolo scoprirà che a fare i suoi “interessi” saranno sempre un gruppo di personaggi provenienti da Marte, seppur sotto l’egida della demagogia grillesca. Ed è anche probabile che già ora qualcuno dei miracolati venuti dal nulla, e catapultati inaspettatamente su una poltrona democratica, si senta in cuor suo come il protagonista -interpretato da un superbo Robert Redford- di un sottovalutato film americano del 1972: Il candidato. Costui, rampante politico in corsa per il Senato statunitense, dopo un’aspra contesa con l’avversario conservatore, la spunta e si trova, nell’ultima scena, frastornato dai festeggiamenti del suo clan. Chiama il suo braccio destro, al chiuso di una stanza, e gli domanda con uno sguardo quasi disperato: «...ed ora cosa facciamo?»

Ecco, non vorrei che anche il film che stiamo vivendo in italia si debba chiudere allo stesso modo.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:00