“Promessi Sposi 2 - I Polli di Renzi”. Sì, in fondo, la politica italiana di oggi è più simile a un pollaio che a un consesso di senatori ateniesi. Finalmente, tutti aprono gli occhi e sembrano accorgersi che il sogno leghista (il federalismo delle Regioni) è da molto tempo divenuto un incubo per il tartassato contribuente italiano. Abbiamo scoperto (all’improvviso?) che il primo servizio di prossimità della politica locale è quello di beneficiare chi la fa. Non sembra una grande novità, dal 1948 a oggi. Ma c’è una figura particolare che, attualmente, sembra segnare un discrimine tra il “vecchio” e il “nuovo” della politica: il “giovane” (e che dire, allora, del presidente della Bundesbank?) sindaco di Firenze Matteo Renzi.
I “polli” sono quelli del centro-destra e del centro-sinistra, che il nostro protagonista si getta con noncuranza legati dietro le spalle, lasciando che - con le teste rovesciate - si becchino allo sfinimento tra di loro. In questo, a dire il vero, un aiuto grandissimo glielo offrono gli scandali regionali (Lazio e Lombardia, in particolare) e il desolante spettacolo di una politica che non riesce a cambiare nulla dei suoi mali atavici. Intanto, sull’onda di una travolgente Antipolitica militante, si tenta da più parti un disperato colpo di coda, improntando la strada maestra di un accordo condiviso sulla riforma elettorale.
Davvero una pia intenzione.. Più una chimera che una realtà, a dire la verità. Pesano le resistenze insuperabili di chi (tutti gli eletti, in pratica) è stato scelto o per cooptazione, grazie alla “sponsorizzazione” di un qualche leader di Partito, o attraverso i bilancini degli equilibri interni alle Segreterie di Partito. Intanto, a sinistra (dove Bersani grida già “vittoria”) lo “scasso” di Matteo, con la sua intemerata di “rottamatore” provetto, mette a durissima prova il sorriso sardonico e l’ironia perfida di “Baffino di ferro” (Massimo d’Alema), stretto tra la fedeltà al suo segretario e la voglia di scompaginare la partita, riproponendosi come salvatore della patria, nell’antica, sempre perdente partita della sinistra italiana. E stavolta, vedrete, non andrà meglio. Ma, il Matteo-mattatore, anziché starsene nel soffocante recinto delle primarie di Bersani, la cui regia tenderà, statene certi, a sterilizzare il nostro giovane leone, dovrebbe formare un bel listone, portandosi dentro un bel multiplo di voti di quelli che racimolerebbe con la bandiera del Pd.
E non è detto che questo non accada. Il problema per “l’altra parte” è di trovargli un degno alter-ego che possa attirare a sé l’interesse del voto orientato all’astensionismo e quello di protesta, destinato a confluire, altrimenti, nello smaccato populismo di Grillo o in quello vetero-giustizialista di Di Pietro. Occorre, quindi, pensare a una nuova forma-contenitore della politica di centro, una sorta di conservatorismo illuminato, che tenga unite sia le risposte liberiste alla sfida della globalizzazione, sia le tutele strategiche e irrinunciabili del “welfare-state”, senza le quali milioni di persone resterebbero senza un minimo di tutela sociale.
E, di certo, un “volto nuovo” che rappresenti la svolta, da lanciare in pista a livello nazionale, non è l’usurato profilo del ferrarista Montezemolo, emanazione di quella Fiat ormai non più nel cuore degli italiani, ma bensì di una figura come Emma Marcegaglia, che unisce l’esperienza pluriennale alla testa della Confindustria con la pratica sul campo, come imprenditrice di successo. Ma, soprattutto, la politica deve tornare “militante”, al servizio esclusivo del cittadino, rinunciando al suo volto rapace, impresentabile, fatto di interessi innominabili e di connivenze trasversali.
Occorre, molto alla svelta, “rottamare” la famigerata riforma del Titolo V della Costituzione, sostituendola con il principio di responsabilità (“no taxation without representation”), a ogni livello di governo, centrale e locale. Lo Stato deve finanziare con la fiscalità nazionale i costi-standard (uguali per tutti, Regioni e Comuni) dei servizi pubblici essenziali, lasciando agli amministratori locali l’onere di finanziare gli eventuali costi aggiuntivi, aumentando le tasse a livello locale. Vincerà chi riuscirà ad alleggerire il peso asfissiante della burocrazia e a ridurre la spesa pubblica, senza aumentare le tasse per imprese e cittadini. Altrimenti, aspettatevi la Bastiglia “Made in Italy”.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:05