Batman, le spese pazze e il Leviatano

Dal “Caso Batman”, alias Franco Fioriti, emerge il solito inquietante quadro di un sistema politico devastato e assoluamente incapace di autocorreggersi. Un sistema politico avvitato su se stesso la cui ultima spiaggia sembra quella di trovare nell’imputato di turno, in questo caso l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio, un comodo capro espiatorio su cui scaricare tutta la responsabilità di un sistema criminogeno che va ben al di là delle presunte spese pazze avvenute nell’ambito del Consiglio regionale. Un sistema criminogeno che si chiama democrazia del consenso e che si fonda in gran parte nell’uso indiscriminato e irresponsabile  di sempre maggiori risorse appartenenti alla collettività. 

Attualmente la mano pubblica in Italia spende circa 830 miliardi di euro all’anno, qualcosa come il 55% di una ricchezza, peraltro, in forte contrazione. Ciò determina a tutti i livelli amministrativi un enorme fiume di danaro da gestire da parte della sfera politico-burocratica. 

Ebbene, mi sembra evidente che, dovendo spendere questa gigantesca quantità di soldi altrui, chi si trova nelle varie stanze dei bottoni cerchi in tutti i modi possibili, spesso col timbro di una leggina compiacente, di ritagliarsi una sempre più ampia fetta di risorse per i propri “vizietti”. È assolutamente nell’ordine delle cose che organismi elettivi, privi di alcun vincolo costituzionale nelle spese, possano stabilire per decreto qualunque forma di sperpero, tanto a proprio vantaggio che a quello dei relativi elettori e clientele. Proprio in merito alla vicenda in oggetto, il cittadino comune ha scoperto che in Italia gli organi di rappresentanza democratica utilizzano un meccanismo piuttosto opaco, detto “manovra d’aula”, con cui al momento del bilancio destinano ai gruppi ed ai singoli membri dell’assemblea una consistente quota di risorse in modo quasi informale, senza alcuna specifica disposizione di legge. Ma molti altri sono i meccanismi, più o meno surrettizi, con i quali chi fa politica per professione riesce far quadrare, per così dire, i suoi già grassi bilanci. 

Ed è, pertanto, evidente che ci troviamo di fronte non a casi singoli di ordinaria ruberia, bensì ad un sistema che è andato incancrenendosi nel tempo e la cui cura e guarigione appaiono molto ardue, soprattutto per la difficile comprensione delle cause radicali che si trovano alla base del dissesto. 

A questo proposito, soprattutto negli ambienti della sinistra e del crescente giacobinismo di protesta, continua ad essere propagandata l’idea, a mio avviso del tutto delirante, di sostituire in blocco l’attuale classe politica con una nuova genia di amministratori onesti e totalmente dediti al bene comune. Come se ciò potesse essere realizzato a tavolino, semplicemente convocando intorno ad una “nuovo” o rinnovato movimento o partito un consorzio di individui a prova di corruzione. A tale proposito sono decenni che il nostro tragicomico teatrino della politica è ingombro di personaggi che proclamano di appartenere al cosiddetto partito degli onesti, senza che questo abbia prodotto alcun beneficio sul piano della moraltà pubblica, anzi. C’è addirittura chi pensa di risolvere la questione attraverso l’estensione a tutti i partiti della pagliacciata delle primarie. Come se, al pari del consenso elettorale acquisito attraverso la spesa pubblica, non fosse poi possibile fare altrettanto in tale forma di selezione dei quadri politici. 

Non è con i marchingegni  e le alchimie che possiamo pensare di contrastare il dilagante utilizzo per fini personali che la classe politica fa dei nostri soldi. L’unico modo per ridurne di sprechi è solo quello di limitarne l’uso dei quattrini, secondo il principio sacrosanto dell’occasione che fa l’uomo ladro. Solo abbattendo drasticamente il numero delle competenze pubbliche,  degli uomini che se occupano e dei relativi fondi a disposizione è ragionevole pensare ad una attenuazione del fenomeno in oggetto. 

In sostanza la solita ricetta liberale, da sempre tradita in Italia, che vuole meno Stato, meno spesa pubblica e meno burocrazia. Altrimenti, lasciando in piedi l’attuale mostruoso leviatano, continueremo per molti anni ancora ad indignarci per qualcosa che è, ahinoi, assolutamente inscritta nel sistema.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:44