Lombardo se ne va con i tagli promessi

Cala il sipario sul governo siciliano presieduto da Raffaele Lombardo. Oggi pomeriggio, a meno di colpi di scena, il governatore siciliano presenterà le sue dimissioni all’Assemblea regionale siciliana, alle quali non seguirà un dibattito in aula. Si scrive così la parola fine ad una legislatura difficile, con scontri durissimi, polemiche a volte sterili e strumentali e con ben cinque governi in quattro anni. Una legislatura che verrà sicuramente ricordata per la poca efficienza del Parlamento regionale e per le “contraddizioni” dell’esecutivo Lombardo che non hanno giovato alla già precaria condizione economico-sociale-finanziaria della Sicilia. Intanto, ieri all’Ars, in quella che si può chiamare una corsa contro il tempo e in un clima di incertezza, all’ordine del giorno c’erano l’assestamento di bilancio (da coprire un disavanzo di circa di 2,3 milioni di euro) e soprattutto la spending review.

Un testo, quello di revisione della spesa, pesante di ben 62 commi che prevede tagli per circa 150 milioni e dal quale, però, dopo un incontro con i sindacati, sono stati stralciati quelli riguardanti la riduzione di 2mila posti del personale regionale. Pertanto, l’esecutivo ha deciso di sostituire quei commi sui dipendenti regionali con linee guida che rimandano i contenuti ad un regolamento che il governo dovrà emanare entro il 30 settembre. Già, perché il taglio all’organico della Regione non piaceva ai sindacati né tanto meno a molti inquilini di Palazzo dei Normanni, anche in vista delle prossime elezioni regionali previste per fine ottobre. «Non si può chiedere a un tacchino di preparare il pranzo di Natale», aveva affermato qualche giorno fa, l’assessore all’Economia Gaetano Armao, commentando le resistenze della classe politica al testo della spending review, definito da alcuni deputati e sindacalisti una “mannaia”. Certo, il provvedimento adottato dal governo regionale, che tocca vari settori, dai permessi sindacali alle auto blu, dai consulenti, agli enti e società partecipate, è tutt’altro che indolore ma necessario. «Faccio un appello a un rigurgito di autorevolezza della classe politica siciliana», ha dichiarato Armao, temendo un rinvio del Parlamento. Riferendosi, poi, all’esame del testo sulla spending review ieri al Senato, ha aggiunto: «Non si capisce perché in queste ore alcune forze politiche che sostengono il governo a Roma debbano appoggiare il provvedimento a livello nazionale, ma non qui in Sicilia su misure analoghe».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:04