L'intervista doppia Vendola vs Vendola

Si chiama dissonanza cognitiva: è un evento momentaneo che può colpire chiunque. Studiato e teorizzato dallo psicologo Leon Festinger, arrivava nel 1957 sul tavolo dei ricercatori di tutto il mondo. Teorizza che un individuo possa venirsi a trovare in una situazione emotivamente difficoltosa quando mette in atto due comportamenti tra loro incoerenti. Per uscire da questa empasse l’individuo può o modificare il proprio comportamento o la rappresentazione cognitiva dei propri valori/desideri. Ne “La volpe e l’uva” di Fedro, la volpe si autoconvince che l’uva è acerba perché tanto sa di non poter soddisfare il suo desiderio di mangiarla. Tra il desiderio e l’irrealizzabilità, la volpe ha posto un paletto cambiando i suoi pensieri iniziali.

A leggere le interviste di Nicola Vendola su L’Unità e su il Manifesto di ieri sorge il dubbio che il leader di Sel sia in una situazione simile o per lo meno ci si troverà presto appena incontrerà Pier Ferdinando Casini. Già dai titoli il senso di straniamento è forte: il quotidiano degli scissionisti storici del Pci titola «Pd-Udc? Una resa. Così non ci sto», mentre l’ex organo di Botteghe Oscure spara un «Col centro è possibile l’alleanza, non la resa». Reso chiaro che il governatore pugliese si dimostra come sempre indulgente con Di Pietro e dichiara entrambe le volte di preferire l’oramai sempre più ieratico Bersani a Pupo Renzi e fatto salvo che il centrosinistra va ancora ricostruito attorno a dei valori forti, il Nichi nazionale su L’Unità dice che «noi non abbiamo mai posto obiezioni alla prospettiva di un allargamento della coalizione di centrosinistra o di un punto di compromesso con i cosiddetti moderati».

Contemporaneamente su il Manifesto però: «Se qualcuno pensa che Sel sia aggregabile a un polo neomoderato fondato sull’alleanza strategica tra Pd e Udc, spiace deludere, si sbaglia», e, più avanti, «il rischio oggi è l’ennesima resa della sinistra al centro». Insomma faccia chiarezza Vendola, ché in questo momento a rischiare è la chiarezza verso il proprio elettorato. La nube intorno alle parole “moderati”, “Udc”, “compromesso”, “piattaforma”, vengono create per far capire poco a chi legge per fare in modo di non chiudere alcuna porta ad alcun attore. In tempi però di populismi e movimentismi crescenti (momenti che favoriscono anche la produzione dei Vendola e dei Renzi) e di comunicazione apprezzata perché fatta in modo sfacciato al limite del poco educato – vedi Grillo – la linea del governatore pugliese potrebbe rivelarsi non vincente e ricorda tanto i vecchi democristiani ante litteram.

E una mano non la danno neanche i giornali d’area sinistrorsa: a rileggerle, le interviste non sembrano neanche tanto diverse. Ma Vendola porta voti e allora è necessario tirarselo per la giacchetta, almeno fin quando il gioco (o il giogo) non si spezza. 

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:13