Ora Ingroia farà anche il romanziere?

«Mi viene da ridere e i commenti facciamoli fare ad altri». Marcello Dell'Utri non aggiunge altro all'avviso di chiusura delle indagini preliminari, da parte della procura di Palermo, sulla presunta trattativa stato-mafia che hanno portato all'iscrizione nel registro degli indagati anche l'ex ministro della Giustizia, Giovanni Conso. Nel calderone dei pm del capoluogo siciliano ci sono politici, vertici delle istituzioni, alti ufficiali dell'Arma e boss di Cosa nostra. In tutto dodici indagati.

Tutti protagonisti a diverso titolo (tranne l'ex ministro Mancino e Ciancimino junior, accusati di altri reati), secondo la procura, della trattativa che, nel biennio '92-'94, pezzi dello stato portarono avanti con la mafia. «La mafia, contrariamente ai cliché e ai luoghi comuni, che la intendono come antistato, ha una relazione organica e stabile con gli apparati», ha affermato il procuratore aggiunto, Antonio Ingroia. Dichiarazioni pesantissime che non possono non avere una risposta dallo stato, quindi, dal Presidente della Repubblica, che presiede anche il Csm, dal governo e dal Parlamento. L'equivoco non può essere ammesso. L'avviso di chiusura dell'indagine di nove pagine non porta, però, la firma del capo della procura di Palermo, Francesco Messineo (non titolare formalmente del procedimento) né quella di Paolo Guido, uno dei pm che in questi anni hanno condotto l'inchiesta, già in disaccordo rispetto alla linea degli altri suoi colleghi titolari dell'indagine: oltre ad Ingroia, i tre sostituti Di Matteo, Del Bene e Sava. Una non sottoscrizione, soprattutto quella di Messineo, che mette in evidenza il dissenso sulle conclusioni a cui sono arrivati i pm capitanati da Ingroia. La chiusura dell'inchiesta avviene dopo quattro anni e solleva una serie di gravi interrogativi sul rapporto procure e organi istituzionali e strutturali, non solo per il tempo che è passato, ma nella prospettiva di tempi giudiziari altrettanto lunghi.

Ed è inequivocabile anche il commento di Fabrizio Cicchitto: «Non avevamo dubbi che il dottor Ingroia, che al mattino fa il magistrato, il pomeriggio il politico e la sera le due cose insieme, averebbe fatto di tutto per coinvolgere Berlusconi. Durante il suo governo la lotta alla mafia è stata durissima. Per coinvolgere Berlusconi nella trattativa Stato-mafia - conclude -, dovrà fare anche il romanziere».

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:01