
Uno dei più grossi equivoci nei quali si cade facilmente consiste nel far coincidere il liberalismo, semplificandone e riducendone la vastità del pensiero, con il liberalismo economico. Difficoltà economiche, ma soprattutto cadute civili di stati a regime democratico o sedicenti liberali, secondo l'equivoco corrente, vengono ormai automaticamente attribuite al liberalismo che per conseguenza, a detta di interessati o inconsapevoli detrattori, va messo in soffitta a favore di "altro" che, o deve ancora nascere o che ripropone fatiscenti e comprovate, fallimentari formule.
Le esperienze del passato secolo, altrimenti detto anche "secolo breve", ci dicono che a fronte e in contrapposto alle aspirazioni liberali non c'è altra ipotesi che la dittatura dello stato e delle oligarchie che sono la lunga mano del potere centrale illiberale.
La dittatura, che potrà poi mostrarsi sotto diverse sembianze, viene spacciata comunque e sempre come angelo protettore del popolo e sua fonte salvifica. Essa è così apparsa di volta in volta sotto forma di nazismo, cui hanno seguito oppressioni di popoli e territori, guerre e campi di sterminio. Altra veste quella del comunismo, che non si è distinto per altro dalla precedente che per averla combattuta. L'Europa ha inoltre conosciuto la dittatura fascista e quella franchista che, pur nelle peculiarità di ciascuna, sempre dittature erano: sinonimi di illiberalità e di costrizione culturale e a volte personale per l'essere umano.
Dichiarare quindi morto il liberalismo, senza che vi sia una alternativa ad esso di assoluta garanzia per le libertà dei cittadini, è cosa rischiosa e grave per le conseguenze che ne potrebbero derivare. Fuori del liberalismo non v'è altro che il dirigismo. Questo, può presentarsi sotto vesti apparentemente democratiche e ammantato di competenza, ma nella realtà esso è una forma impositiva e illiberale di governo che non ammette discussioni. Soprattutto in materia comportamentale e fiscale.
Nella realtà del governo degli stati dei tempi moderni, anche quelli a più marcata impronta liberale, i fallimenti economici non sono da attribuirsi al liberalismo quanto piuttosto ad una sua deriva, propria del secolo passato e comune peraltro ai regimi comunisti, nel momento in cui sono stati dimenticati la complessità e l'organicità dell'essere umano che non è solo e soltanto uomo economico.
Tali derive, mai corrette, hanno portato, dove applicato, al fallimento dell'ordine comunista, e stanno mettendo a dura prova il permanere di stati di raggiunto benessere e di pace sociale nel mondo delle democrazie occidentali .
Ecco quindi che valori "altri", come quelli etici o anche estetici, sono stati sacrificati sull'altare della convenienza economica. È buono ciò che produce solo e soltanto ricchezza. Un paese viene giudicato virtuoso sulla base del Pil (Prodotto interno lordo) e non anche, ad esempio, della levatura morale o culturale dei cittadini che lo abitano e lo vivono, sulla bontà delle leggi o la loro applicazione, sulla qualità dell'ambiente urbano.
Il capitalismo, soprattutto quando onnipotente, non viene sufficientemente contrastato per gli effetti negativi che esso genera, come l'assenza di democrazia economica, poiché, e lo registriamo di continuo, mezzi di produzione e materie prime, quando non anche l'informazione, sono in mano del singolo o di pochi.
Valga un esempio di plastica immediatezza. L'edilizia degli ultimi sessanta anni. La peggiore mai realizzata in Italia; brutta e non solo, mirante all'immediato e massimo guadagno possibile, a scapito di intere città o periferie costituenti un alveo diseducatore e distruttivo dell'animo umano.
In particolare è l'Italia che ha sofferto e soffre contemporaneamente di ambedue le negatività generate dal dirigismo e dal liberismo economico incontrollato. Il primo, il dirigismo statalista voluto dal fascismo, venne proseguito e praticato anche dopo la sua caduta con il benestare e il sostegno (non poteva essere diversamente) sia del partito della democrazia cristiana che del partito socialista e di quello comunista. Il secondo, mascherato e spesso convivente col primo, ha costituito oligarchie e nuovi dirigismi che sembrano oggi avere sotto controllo il potere economico mondiale.
In verità un liberalismo dal volto umano è possibile poiché esso è connaturato alla stessa radice (libertà) del termine. Liberalismo che si vuole affermare come esaltazione dell'individualità del singolo in quanto responsabile organico e artefice del proprio destino. Inserito in un consesso civile nel quale le libere attività del non contrastino con gli interessi comuni, dove le leggi siano garanzia di libertà nel rispetto del prossimo e delle regole liberamente scelte. Un liberalismo umano nel quale lo stato sia il garante e non l'aguzzino mascherato da padre premuroso che pretende, non riuscendovi, di dare tutto a tutti. Un liberalismo per la cui affermazione la politica venga vista come servizio al cittadino e non come carriera per la propria ascesa economica e sociale.
La cura della cosa comune resa possibile attraverso regole condivise all'interno delle quali ciascuno gestisce liberamente la propria vita, e proprio in virtù di esse poter affermare se stesso come individuo il cui "successo" non è necessariamente legato al risultato economico.
L'economia al servizio della cultura, dell'ambiente, dell'arte, della legalità, della salute dei cittadini, del loro innalzamento civile con uno stato sempre presente ma mai vessatorio.
Questo è ciò che il liberalismo moderno può e deve dare. Qualsiasi altra forma di governo che non tenga presenti questi assunti sarà sempre più rappresentativa di poteri irrispettosi dei singoli e quindi potenzialmente liberticidi.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:43