Quel buco di miliardi tappato con l'Iva

Come ampliamente riportato dalla stampa nazionale, la frenata nei consumi registrata nei primi quattro mesi del 2012 - indotta dalle recenti "spremiture" fiscali realizzate a partire dall'estate scorsa - ha provocato un calo notevole nel gettito dell'Iva previsto nel Dpef. Mancano, infatti, ben 3.5 miliardi.

Ciò porta a far dire a molti  osservatori che, molto probabilmente, l'esecutivo dei tecnici si troverà a breve a dover fronteggiare un buco di bilancio importante, che qualcuno valuta a fine anno nell'ordine dei 20/25 miliardi di euro. Questo costringerà i professori che occupano la stanza dei bottoni a mettere in piedi l'ennesima manovra correttiva la quale, se basata come è stato finora su un ulteriore aumento delle tasse, darà il colpo di grazia ad un Paese giunto oramai allo stremo. Tant'è che la paventata mazzata di due punti proprio sull'Iva, la quale veniva presa con le pinze dallo stesso Monti, dopo i continui resoconti negativi della Ragioneria dello stato sulle entrate, viene data quasi per certa.

Ma portare la principale imposta indiretta all'aliquota capestro del 23% non potrà che produrre un ulteriore rallentamento dell'attività economica. Ora, tutto questo sembra confermare le perplessità di chi nutre forti riserve su una linea di "risanamento" e di "rigore". In sostanza, si sostiene che agendo in modo indiscriminato sulla leva fiscale si provoca un ulteriore effetto avvitamento dell'economia, paralizzando i consumi e gli investimenti e, conseguentemente, il gettito tributario allargato, come appunto dimostrano le cifre. Da questo punto di vista appare ancora più significativo il dato sulle entrate fiscali sui carburanti, sceso fino ad aprile di ben 3.3 miliardi rispetto al periodo che ha preceduto il forte inasprimento delle accise e dell'Iva.

Questo segnala che, pure sul piano della motorizzazione individuale, gli italiani hanno drasticamente ridotto i consumi, compiendo inconsapevolmente un piccolo ma singnificativo passo verso una economia di sussistenza. E sebbene nei palazzi alti non sembra ancora avvertirsi il pericolo di una rapida involuzione economica di un sistema affetto da un eccesso di spesa pubblica e di tasse, l'unica strada possibile per evitare una tale regressione non può che passare per un drastico abbattimento di questi due nefasti fattori. Tagliare le uscite e le imposte ci sembra, in questo difficile momento, l'unico modo, seppur doloroso, per uscire dai guai. Altri sacrifici tributari non possono che portarci rapidamente alla bancarotta di una democrazia da troppo tempo abituata a distribuire caramelle.

D'altro canto, per concludere il ragionamento, il summenzionato calo nel gettito fiscale segnala anche che l'idea montiana di coniugare il risanamento dei conti pubblici e la crescita economica, attraverso un continuo inasprimento delle imposte, proprio non funziona, trattandosi di una cura peggiore del male. Per questo motivo sono sempre più convinto che se lo stesso premier vuole avere un futuro politico che vada oltre l'attuale legislatura, occorrerà nel corso della prossima, decisiva estate lanciare dei chiari segnali in una direzione molto diversa. Staremo a vedere.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:02