
Quanto assorderà il silenzio sul terribile video pubblicato in rete che documenta l'esecuzione di un giovane islamico convertito al cristianesimo? Sempre troppo poco. Perché, si dirà, quella registrata è una circostanza estrema, il frutto di una 'interpretazione' deviante della dottrina islamica. E invece no, quello sgozzamento è soltanto un prodromo di ciò verso cui anche noi italiani ci incamminiamo a subire. Perché lo scontro tra civiltà è già in atto.
Non fosse abbastanza chiaro, ce lo conferma, col beneficio del dubbio dovuto di fronte a tutti i commenti che si leggono sul web, una diabolica e paradossale dichiarazione scritta proprio sul video da un imam che si autodefinisce "qualificato" e che oltre a puntualizzare che in base agli accenti il video non ha relazione con la Tunisia, approda a questa delirante affermazione: «Un apostata dell'Islam deve insistere sulla sua apostasia per meritare la pena di morte». Insomma, gli apostati dell'Islam devono insistere nella loro apostasia per meritare la morte. In caso contrario «saranno risparmiati». Ma cosa voleva dirci quell'Imam? Che questa esecuzione, come presumibilmente altre che verranno, è più legittima di quanto non possa apparire perché evidentemente frutto di pervicacia nella diserzione dalla via di Allah? E come dar credito al giornalista egiziano che con aria contrita commenta l'assassinio del video, quando la capacità di simulare è una qualità richiesta proprio dall'Islam se contribuisce alla causa religiosa?
Se qualcuno avesse legittimamente ancora dei dubbi sulla disponibilità individuale ad accettare che qualcuno non meriti l'esecuzione se ad un certo punto la pianta con la balzana idea di cambiare credo religioso, non ci sono più argomenti per ritenere di poter leggittimamente sacrificare la consapevolezza di un rischio, ormai certezza, sull'altare di una manciata di consensi elettorali che comunque si rivolteranno in egual modo e senza sconti contro la blandizie di istituzioni e politiche che di fatto sono alla firma della loro stessa condanna a morte. Proprio per averli vezzeggiati in questa melassa di appeasement cultural-religioso da cui usciranno plotoni di esecuzione pronti ad accettare gli apostati ma anche i cristiani della prima ora, e con essi i nostri valori, la nostra cultura, i nostri diritti acquisiti. Perché ancora si confonde la multietnicità con un multiculturalismo che le istituzioni non sono in grado di piegare civilmente al rispetto dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione? Un video-documento come quello che sta girando sul web e che dovrebbe provocare un sussulto di reazioni istituzionali, e passare in ogni edizione dei telegiornali nazionali per i prossimi mesi, tutti i giorni, alla fine continuerà a parlare ai pochi che hanno occhi, orecchie e coscienza per capire, di una questione non più procrastinabile se vogliamo stabilire quale sarà il futuro del nostro paese. Perché all'appeasement di un numero crescente di istituzioni italiane, al loro asservimento ai dogmi delle anime belle, di cui l'ultimo esempio è fornito dalla decisione del vicesindaco di Milano di recarsi presso esponenti musulmani indossando il velo, corrisponde la miope e smidollata rinuncia alla propria identità culturale.
Intanto ad una manciata di chilometri da noi, paesi come L'Arabia Saudita ed il Baharain utilizzano i fondi comuni non ad interni scopi economici, bensì a rinsaldare una strategia geopolitica che attraverso gli investimenti sulle società strategiche occidentali, porti a compimento l'espansionismo politico-religioso dell'Islam più intransigente. Altra determinazione, perché animata da sete di conquista distruttiva, questa che platealmente anima uno scontro di civiltà negato soltanto dalle nostrane mosche cocchiere. Mentre al problemino millenario di "separazione delle carriere" nell'Islam, non soltanto nessuno ha intenzione di metter mano, ma verrà puntellato con ogni mezzo di propaganda. Come dimostrato dall'utilizzo che di al Jazeera è stato fatto per corroborare la destabilizzazione dell'area dei regimi mediterranei sotto la fittizia bandiera di una "primavera araba" che ha portato al potere nelle aree sventagliate da quella brezza primaverile i partiti di ispirazione islamica: I Fratelli mussulmani in Egitto, gruppi fondamentalisti in Libia e il partito islamico in Tunisia, "acquistata" proprio dalla finanza del Baharain e Arabia e nella cui rinnovata vita politica già pulsa il cuore della Sharia. A pochi chilometri da casa nostra. Si tratta di un conflitto già perso? Certo, il vespaio di scandali interni alla Chiesa di questo ultimo decennio contribuisce a portare acqua al mulino di chi vive nel pregiudizio che il male sia il tratto dell'Occidente e che esso si sia acquattato e alberghi nella casa dei cattolici, spianando la strada a strumentali e convenienti visioni idilliache dell'universo islamico in cui i velati occhi del nostro paese vedono soltanto il volto buono dell'Islam moderato. Così non è.
L'islamismo ha un suo facies, impietosa feroce, arrogante e sprezzante dei basilari diritti civili su cui si è edificata la nostra pur fallace democrazia, che è una democrazia "vecchia", e l'invecchiamento anagrafico dell'Italia è sicuramente un'aggravante perché amplia le maglie già così allentate della nostra società e dei nostri valori di riferimento. Né sono d'aiuto le tetre e omnifobiche convergenze tra la religione di Allah e alcuni settori più reazionari della Chiesa che non a caso disapprovano le critiche all'Islam. Così come, a non agevolare la restituzione di un'immagine veritiera e priva di edulcoranti del nostro presente e della nostra prospettiva futura, c'è una scuola incardinata su concetti formativi e di verifica dei nostri ragazzi come le cosiddette competenze e non più sulla memoria culturale, coltivata, assimilata, metabolizzata, del nostro paese, proprio mentre pezzi di sapere e di identità culturale vengono scalzati dai richiami di un egotismo ostentato su cui siamo diventati incapaci di tenere la briglia corta e che letteralmente fertilizza i nostri ragazzi.
Così crescono gli adulti di un futuro vicinissimo che si annuncia essere un muro difensivo di cartapesta mentre ancora imperversa un'attitudine al consenso gregario nei confronti del diverso religioso, ad abdicare alla nostra storia e alle nostre radici. Il velo su chi siano i responsabili di alimentare lo scontro di civiltà è squarciato, non c'è più spazio per le verità oblique. Ed è scaduto il tempo per continuare a pagare un prezzo, che si rivelerà esiziale, alla commistione tra automatismi ideologici di un certo terzomondismo d'accatto e taciti e sbilenchi patti elettorali. Se la dissennata politica suicida di troppi vertici istituzionali non inverte la marcia che accelererà la nostra decadenza in quanto occidentali, che almeno inizi a far sentire la sua voce la società civile. Chissà se quelle grida indignate sempre pronte a manifestare per la legalità formale lo saranno altrettanto a favore della libertà di tutti minacciata dai fondamentalismi.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:14