Istruzione: l'ennesima riformetta dirigista

Sul tema della riformetta del governo Monti nel campo dell'istruzione, finalizzata ad introdurre la chimera del merito, ho letto una spassosa elegia sul sito di Repubblica, a firma di Corrado Zunino. «La scuola e l'università della competitività dell'eccellenza sono alle porte. Mercoledì prossimo potrebbero entrare nel nostro paese e il concetto è così innovativo (e pericoloso) che al ministero dell'Istruzione stanno immaginando di cambiare il titolo di quello che ad oggi è conosciuto come il "Pacchetto merito"». Dopodichè l'articolo entra nei dettagli di di questa rivoluzionaria svolta meritocratica la quale, parafrasando il cantore del bolscevismo Vladimir Majakovskij, sembra destinata a "cambiare tutto sino all'ultimo bottone". Ma già alle prime righe ci si imbatte in quella vera pagliacciata dello "studente dell'annno". Ovvero un soggetto scelto in ogni scuola superiore, che avrà diritto a particolari sconti sui mezzi pubblici ed ai musei, oltre a pagare la successiva iscrizione all'università con una riduzione del 30%. Tuttavia, ed è questa la cosa che fa veramente scompisciare, oltre al voto preso alla maturità, si dovrà tener conto anche dell'impegno sociale e del reddito familiare. In sostanza, conoscendo una certa egemonia culturale di matrice collettivista presente nel mondo dell'istruzione, è addirittura possibile che le partecipazioni ad occupazioni ed assemblee vengano considerate come fattori significativi di un rinnovato impegno sociale di sessantottarda memoria. Resta comunque il fatto che affiancare ad un già labile sistema di valutazione criteri appartenenti ad una evidente componente politica di natura egualitarista appare come il solito tentativo dell'esecutivo dei professori di portare avanti delle riformicchie col più alto consenso possibile, tanto in Parlamento che nella società. 

E che quest'ultima sia veramente una riformicchia lo testimoniano altri interessanti passaggi dell'articolo di Zunino. In breve, abbiamo l'impressione di addentrarci in un dedalo di meccanismi complessi e farraginosi, composti di tutta una serie di obblighi formali imposti ai docenti ed ai relativi carrozzoni scolastici ed universitari, con la nascita di ulteriori commissioni e procedure di controllo stile matrioska che, conoscendo le tante incrostazioni parassitarie di queste realtà, nella stragrande maggioranza dei casi non smuoveranno di un virgola il nostro elefantiaco ed inefficiente sistema di insegnamento pubblico. E che vi sia nella stessa riformicchia una certa smania pianificatrice è testimoniato dall'obbligo imposto ai vari atenei di fornire al ministero dell'Istruzione l'elenco del 5% dei laureati più bravi, i quali verranno poi inseriti nel sito del ministero medesimo. Tutto ciò consentirà a questi giovani cervelloni di godere di una sorta di corsia privilegiata verso il lavoro grazie a incentivi concessi ai datori di lavoro per due anni, tra cui uno sconto del 30% sulle tasse per chi assume questi soggetti entro i tre anni dalla laurea. 

Insomma, tanto per cambiare, siamo di fronte all'ennesimo tentativo dirigista di introdurre per decreto legge qualcosa che solo attraverso un grande e coraggioso processo di liberalizzazione, con in testa l'abolizione del valore legale del titolo di studio, ci si potrebbe ragionevolmente attendere. In particolare, mi sembra evidente che nessuna seria riforma potrà mai funzionare se si lascia inalterata la sostanza di un insegnamento quasi totalmente monopolizzato dalla mano pubblica, basato nella scuola su programmi ministeriali decisi burocraticamente dall'alto - e sui quali è ovvio che anche gli istituti privati siano poi costretti a convergere - ed in cui ,elemento decisivo, ogni forma di assunzione e di controllo della produttività avviene per via burocratica. Da questo punto di vista, non abbiamo certo bisogno di carrozzoni scolastici e universitari ancor più oscuri e complicati.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:07