Ieri con una lettera al Corriere della Sera, e la sera prima a Porta a Porta, Angelino Alfano ha rilanciato sulla proposta presidenzialista. Oltre al doppio turno - sistema elettorale da sempre in cima alla lista dei desideri dei Ds prima e del Pd poi - ha messo sul tavolo un'altra pietanza per ingolosire gli avversari.
Ma la carta di regole più stringenti sul conflitto di interessi, per controbilanciare i maggiori poteri formali in capo ad un presidente eletto direttamente, suona anche come un messaggio implicito al Pd, in modo da sgombrare il campo da ogni alibi: Berlusconi non si candiderebbe al Colle, anche se ovviamente orgoglio e dignità politica gli impediscono di dare soddisfazione pubblica ai suoi avversari storici. Alla luce della debàcle alle amministrative, e degli ultimi sondaggi, il Pdl ha davvero pochi margini di bluff. Alla mossa presidenzialista si può solo rimproverare di essere disperata e tardiva. Troppo per sperare di andare a buon fine.
E tra i due partiti chi in questo momento può permettersi di irrigidire le proprie posizioni, non percependo affatto come un dramma l'eventualità di rivotare con il Porcellum (anzi, forse essendone tentato), è il Pd, non certo il Pdl.
«Ci aspettiamo dal Pd un segnale incoraggiante», ha auspicato l'ex ministro Gelmini, ma per ora tutto tace, anche in via riservata.
Il Pd sembra fare orecchie da mercante. Tra l'altro, il rinvio della direzione nazionale, a causa del grave terremoto che ieri ha colpito l'Emilia, ha evitato ai vertici del partito di esprimersi in un senso o nell'altro sulle avances di Alfano. Uscirà allo scoperto chi vorrebbe andare a vedere le carte del Pdl? Una risposta, negativa, giunge dall'Udc, tramite Pierluigi Mantini, per il quale la proposta, legittima nel merito, non è accoglibile, perché modificando «le intese in corso» farebbe «perdere tempo».
«Si può dissentire nel merito - osserva Alfano nella sua lettera al Corriere - ma non accusarci di aver messo in campo un diversivo e, ancor meno, ci si può nascondere dietro la tempistica».
I tempi ci sarebbero: la riforma potrebbe essere approvata in prima lettura da Camera e Senato «entro i primi di agosto», e in seconda «entro ottobre». Resterebbero altri tre mesi per legge elettorale, norme attuative e conflitto di interessi. Con una disposizione transitoria si potrebbero svolgere le presidenziali entro marzo e le politiche in aprile. Questione di volontà politica, insomma.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:19