
Ha torto Beppe Grillo a definire Pierluigi Bersani un "non morto (ma quasi) di un partito mai nato"? È più antipolitico o "qualunquista" (ammesso e non concesso, come diceva Totò, che il termine possa avere valenza negativa) il leader genovese del Movimento Cinque Stelle, che in modo un po' confuso, ma sicuramente efficace, cerca di dar voce a chi si sente defraudato e oppresso dal sistema partitocratico, o l'emiliano segretario di un partito che è emblematica incarnazione di una politica imbalsamata, bolsa, di potere e consorterie, di apparati, carrierismi, di quadri dirigenti usciti dal medesimo conio conformista, incapaci di rendersi conto che, al di là delle stanze di palazzo e dell'infimo doppiogiochismo, c'è una società mutata ed in continuo fermento? È antipolitico chi, pur tra mille contraddizioni, riesce ad accendere nella gente un barlume di speranza, dando la possibilità di votare e eleggere per candidati nient'affatto opachi, forforosi, paludati, curiali o, invece, chi continua a ritenere che la politica non sia altro che vuoti tatticismi e fredde logiche aritmetiche storicamente e politicamente superate ed esauste? E ancora: è più antipolitico chi offre alla cittadinanza strumenti e opportunità di partecipazione diretta (saccheggiando, magari, una prassi finora propria solo dei radicali) o chi, dinanzi a risultati che meriterebbero seri approfondimenti, fingendo di non comprendere il proprio fallimento, si limita a constatare di "avere non vinto"? Tra l'altro, che significa "avere non vinto"? In politica, come nella vita, o si vince o si perde, tertium non datur. Che il PD sia un partito mai nato o, peggio, un'informe creatura scaturita in laboratorio dalla fecondazione assistita tra due cariatidi come la Dc e il Pci, lo si è sempre saputo. Un vecchio saggio come Pannella, purtroppo inascoltato oggi più di ieri, anche tra i suoi, non ha mai mancato, prove alla mano, di denunciarlo a gran voce. La battuta di Grillo non è, quindi, nuova, anche se veritiera e sottoscrivibile. Nuovo è il contesto in cui è stata detta. Tocca adesso al genovese incassare quei vituperi di cui per quasi sessant'anni, a fasi alterne, con picchi più o meno alti, sono stati oggetto i radicali. Anche quando questi ultimi si affacciarono prepotentemente nell'agone politico i soliti geni togliattiani, insieme ad esponenti incartapecoriti di regime, non trovarono, infatti, nulla di meglio che bollarli come "qualunquisti". Chissà, poi, perché tutto ciò che in questo paese non emana il lezzo delle succursali delle Frattocchie o delle sacrestie debba essere per forza "qualunquista"…
Al di là del fatto che non sarebbe male cominciare finalmente ad analizzare seriamente ciò che davvero espresse Guglielmo Giannini con il suo "Uomo qualunque" (sicuramente non pochi esponenti del Pd, come del Pdl d'altronde, avrebbero le carte in regola per essere ospitati nella celebre rubrica vignettistica dell'Uomo qualunque che s'intitolava "Pdf", cioè "pezzo di fesso"), e in attesa di vedere se il movimento di Grillo manterrà fede agli impegni assunti e soprattutto non comincerà a dilacerarsi in diatribe interne, il Pd dovrebbe decidersi se restare un blob o dar vita ad un progetto politico. Specialmente adesso che, non potendo più appellarsi alla retorica antiberlusconiana, risulta evidente che ad essere veramente nudo non è tanto il re ma il suo presunto contendente…
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:51