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Il Papa buono, il Papa bravo, il Papa venuto da lontano... Non per essere, per partito preso, bastian contrari, ma invitiamo all’estrema cautela sui pronunciamenti sull’attuale capo della Chiesa cattolica. Crediamo, infatti, che non si possa giudicare una persona, soprattutto se riveste il ruolo di Pontefice, dal fatto che si presenti augurando “buongiorno” o “buonasera” o si congedi dai fedeli accalcati in Piazza San Pietro con un “buon pranzo”, saluto, tra l’altro, che giunge quasi beffardo e offensivo per una parte consistente della popolazione mondiale se si considera che, come attestato dall’ultimo rapporto Fao, sono quasi un miliardo coloro che patiscono fame e sete (ogni cinque secondi muore un bambino) a causa anche della politica irresponsabile sulle nascite e sulla contraccezione portata finora avanti dalla Chiesa. Non basta abbracciare un malato, baciare un paffuto pargoletto alzato in aria da un genitore, lavare i piedi ad una detenuta islamica per essere grandi.

Gesti certamente esemplari ma che rientrano, come dire, nella routine di un Pontefice. Così come è sicuramente encomiabile la scelta di alloggiare in un modesto appartamentino anziché nelle stanze dei predecessori. Un po’ meno, però, sbandierarla ai quattro venti, ostentarla urbi et orbi insieme alle foto sui mezzi pubblici di locomozione o con la borsa della spesa. Il giudizio su un pontificato non può scaturire solo dalle abitudini quotidiane o dalle preferenze sportive o musicali ma dai contenuti, dal segno impresso nella Chiesa e nella società. Ci si sono nodi spinosi, passaggi fondamentali, cui questo Pontefice dall’aria sorniona e bonaria, accattivante, non potrà sottrarsi. Dal modo con cui saranno affrontati dipenderà una valutazione pacata, equilibrata, sul suo operato, non suggestionata da facili e superficiali entusiasmi né viziata da preconcetti. Siamo curiosi, ad esempio, di sapere come un teologo del suo calibro si rapporterà non tanto e non soltanto con gli altri due monoteismi (giudaismo e islamismo, per intenderci), quanto con visioni dissimili come quella buddhista o induista che gradualmente stanno penetrando nella società occidentale, influenzando sempre più precisi stili comportamentali (vegetarianesimo, rapporto con le altre specie animali, percezione olistica del mondo), e che i suoi immediati predecessori, in particolare Benedetto XVI, non hanno mancato di considerare ben più “insidiose” del secolarismo.

Se non altro perché sminuiscono e minano funzioni e ruoli delle strutture gerarchiche confessionali puntando, invece, sul libero dispiegamento della spiritualità soggettiva. Bergoglio, da teologo tutt’altro che sprovveduto qual è, dovrà pronunciarsi sull’antropocentrismo che ha fin qui sorretto il cattolicesimo. Per non parlare di temi etici e al tempo stesso sociali come, ad esempio, le coppie di fatto o l’eutanasia. Insomma non mancheranno le occasioni per verificare se questo papa saprà (e vorrà) o no ricondurre la Chiesa nella carreggiata del Concilio vaticano II. Per quel che ci riguarda, ci pare quantomeno sospetta la sua immagine veicolata e quasi imposta dai mass media sin dal momento dell’annuncio della sua elezione. È come se, a tutti i costi, gli si voglia cucire addosso un’idea di bontà. In una fase delicata come quella che stiamo attraversando può essere legittimo avvertire (e avvalorare) l’esigenza di avere punti di riferimento. I fatti, solo i fatti, potranno dirci, tuttavia, se e quanto il grano è differente dal loglio o se, come purtroppo capita, si siano scambiate lucciole per lanterne.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:50