
Sono tempi difficili per i fondatori della destra di governo.
Gianfranco Fini si è politicamente suicidato per la crescente e
incontrollabile insofferenza scatenata in lui dall'enorme
egocentrismo del suo "sdoganatore", Silvio Berlusconi. Non ce la
faceva proprio più a sopportarlo. Convinto di essere il solo
"migliore" dopo Palmiro Togliatti, oltre che dall'ambizione, in
realtà, è stato spinto alle scelte che hanno distrutto la comunità
militante di Alleanza Nazionale, dall'appoggio strategico che gli
veniva da alcune lobby internazionali in concorrenza con il
cavaliere e i con suoi partner economici d'oriente e
d'occidente.
Un forte incitamento gli è venuto perfino dalle insistenze dei
consiglieri di famiglia e da qualche interessato e furbo compagno
d'avventura. Così ha tentato di essere il primo a dare a Silvio il
colpo di grazia, il tercio de muleta, per prenderne il posto, ma è
stato brutalmente incornato e, di conseguenza, abbandonato dalla
maggior parte dei suoi fedelissimi amici della ex Alleanza
Nazionale. Vai a fare del bene alla gente, in politica! Adesso,
quatti quatti, stanno cercando di spartirsi qualche centinaio di
milioni di euro provenienti dalla buona amministrazione di Giorgio
Almirante, dai contributi dei militanti e dal meno virtuoso
finanziamento pubblico. Per farne che cosa? Non si capisce. O si
capisce troppo bene. Restano da divedere, però, anche le macerie
della destra italiana.
Un altro fondatore, Umberto Bossi, si è suicidato per i figli.
Anche lui, persuaso di essere il re di Padania, ha gestito la Lega
come una proprietà personale, distribuendo feudi ai vassalli fedeli
e utilizzando i quattrini dell'abbondante quota di rimborsi
elettorali, pare, per aiutare gli sprovveduti rampolli di primo e
di secondo letto. Al grido di "Roma ladrona!" Adesso Roberto Maroni
e il sindaco rivelazione FlavioTosi devono raccogliere i resti
disarmati della potente armata leghista e tentare di ricostruire un
esercito che abbia ancora voglia di lottare. Il terzo e non ultimo
fondatore, Silvio Berlusconi, si è suicidato per amore. Talmente
preso dalle fresche grazie femminili si è dimenticato di governare.
Sì. Proprio così. Ha lasciato il "palazzo" nelle mani di un confuso
nugolo di adulatori e negli ultimi anni, magari per colpa di
qualche cattiva medicina, si è dedicato quasi esclusivamente di
notte al "burlesque", come lo definisce lui e, di giorno alle
inchieste delle procure.
C'è da chiedersi come mai nessuno l'abbia mai informato, nemmeno
il responsabile dei servizi segreti, che i telefoni possono essere
controllati e che, di conseguenza, le sue conversazioni
erotico-politiche con personaggi a dir poco inquietanti,
alimentavano le assidue indagini dei pubblici ministeri, anche di
quelli che non ce l'avevano con lui, per finire diritte sui
giornali. Sic transit gloria mundi. Capita da quando esiste la
società organizzata che gli uomini che conquistano il potere, ma
vale anche per le donne, perdano il senso della misura. Il potere è
una brutta malattia. Il delirio di onnipotenza nei nostri politici
è un morbo molto diffuso. E non c'è cura. Neanche le sconfitte.
Potremmo dire che la celebre frase dell'immortale Giulio Andreotti
"il potere logora chi non ce l'ha" valeva solo per lui. La storia
ci insegna, in verità, che "il potere logora chi ci crede". Logora
soprattutto l'anima. Ecco perché è arrivato il governo dei
tecnici.
Ecco perchè l'Italia è costretta ad affrontare la bufera della
crisi economica globale, e la devastante aggressione finanziaria
del cosiddetto mercato, indebolita e impreparata. Ecco perché
nessuno vota più il Pdl, malgrado la faccia pulita dell'incolpevole
Alfano. Ecco perché la corruzione è dilagata. Ecco perché siamo
tutti indignati contro la casta politica. Ma ora che gli elettori
del centrodestra sono rimasti orfani dei padri fondatori, che fare?
Il sessanta per cento, forse più, degli italiani ha sempre
votato centro e destra.
La sinistra non sta molto bene. Gruppi, correnti e partiti sono in
permanete conflitto. Si oppongono a tutto e si oppongono tra di
loro. Le primarie del Pd ne sono un piccolo esempio. E i grillini
crescono rapidamente. Mentre crolla la fiducia nei partiti, e
quindi crollano i partiti, l'Italia sta affrontando la più
drammatica crisi socio-economica dal dopoguerra ad oggi. Per
riuscire a superarla è indispensabile ritrovare la voglia di
partecipare alla vita politica e fare spazio ad una nuova classe
dirigente che provenga, secondo il merito e la capacità, dalle
professioni, dalle categorie produttive, dalle associazioni di
volontariato, dal mondo scientifico e culturale. E' necessario far
uscire allo scoperto la parte migliore del Paese e affidarle il
futuro delle generazioni. Per questo diventa essenziale il ruolo
della vecchia militanza, generosa, pulita, onesta che ha consentito
ai fondatori suicidi di andare al potere.
Questa militanza, fatta di centinaia di migliaia di persone
provenienti da Alleanza Nazionale, da Forza Italia, dal Partito
Liberale, dall'area socialdemocratica, dal mondo cattolico e dal
mondo laico, è delusa, stordita, indignata e rischia di disperdersi
in una diaspora senza ritorno. Non sopporta più l'arroganza,
l'esibizionismo, l'incapacità, l'astuzia, la falsità della
maggioranza dei suoi eletti, dei portavoce, dei portaborse, di capi
e di capetti. Non ha punti di riferimento, non sa cosa fare, dove
andare. Non riesce più a distinguere i politici onesti e
competenti, che ancora ci sono, dai quelli disonesti e incapaci.
Allora gli onesti devono incominciare a distinguersi, a marcare le
differenze, ad assumere la responsabilità di fare pulizia nei loro
partiti, senza equivoci e compromessi.
I militanti devono saper scegliere, devono incontrarsi,
organizzarsi autonomamente, lavorare e ricostruire come si fa sulle
macerie dopo un terremoto. Nell'emergenza, nei momenti più
drammatici, è più facile riconoscere le capacità e i meriti. E poi,
con il disfacimento dei partiti, giornali liberi come L'Opinione e
come Il Foglio, con le loro redazioni e con il loro patrimonio
culturale, devono diventare bandiere e stimolo per un nuovo
progetto politico e sociale che ridia fiducia e prospettive
all'intero centrodestra e ai suoi militanti. E' possibile vincere
di nuovo anche senza padri fondatori. Pure per il loro bene.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:03