Contro i nostri talebani a difesa della libertà

Talebani. Talebani di casa nostra. Per lo più sono di sinistra, ma non mancano tra le fila della destra e del centro. Nascono nei “salotti buoni” dove facoltosi giocatori di chemin de fer, di risiko e di monopoli si divertono ad organizzare “rivoluzioni” epocali e sognano le masse popolari scendere in piazza sventolando minacciose i kalashnikov fabbricati nell’ex Unione Sovietica e i proletari in divisa affrontare la folla armati di manette e di fucili antisommossa prodotti negli Stati Uniti. Studiano nelle università per soli ricchi e nelle lussuose madrasse del potere, discutono di politica nei cenacoli esclusivi.

Fumano con voluttà i sigari gurkha black dragon, sniffano purissima cocaina in cialde farmaceutiche fabbricate solo per loro, frequentano unicamente la jet society. Vivono protetti da guardie del corpo e da agenti di scorta, si circondano di maggiordomi e di servitù. Giocano in borsa con noncuranza e nascondono nei paradisi fiscali, per avarizia e ingordigia, gli immensi profitti accumulati, evitando di pagare le tasse dovute. Considerano il popolo una moltitudine sgradevole e maleodorante, da evitare e da dominare. Sono e si sentono intoccabili, al di sopra e al di fuori della legge. Sono convinti di appartenere a una casta superiore, depositaria per diritto assoluto della verità, della cultura, del giudizio e del pregiudizio morale. Distribuiscono ruoli di potere, promuovono i loro pupilli nei consigli di amministrazione e nelle direzioni generali, garantiscono splendide carriere ai servi fedeli e agli utili idioti. Quando si annoiano cercano lo svago nelle trame politiche, nei complotti organizzati per signoreggiare sul Paese con torbide congiure e con nuove formule socio-politiche inventate da loro. Trovano piacere nell’odio. Amano odiare. Amano seminare violenze e contrasti.

Amano diffondere calunnie e diffamazioni. Parteggiano per Caino e fingono di difendere Abele. Talebani. Sono i talebani italiani. In questo periodo di crisi si sono scatenati. Si sono alleati con i giustizialisti più accesi, con gli statalisti più accaniti, con i moralisti più ipocriti per tramutare la Repubblica fondata sulle libertà democratiche in un regime oligarchico e poliziesco. Una Repubblica talebana. Un’atmosfera sempre più pesante, una cappa grigia e opprimente, una cupa minaccia incombe sui cittadini e sulle dolci terre d’Italia. Intimidazioni e avvertimenti, in un crescendo inarrestabile, annunciano che, nel nostro Paese, gli inviolabili diritti della persona non sono più garantiti e tutelati. Gruppi di potere con grandi disponibilità economiche e mediatiche stanno approfittando della debolezza del sistema politico e delle istituzioni per imporre un regime di oligarchie stataliste fuori da ogni controllo e da ogni regola democratica. Consorterie ben organizzate e ramificate si stanno impossessando dei gangli vitali dello Stato senza trovare alcuna opposizione, nel totale silenzio del mondo politico, culturale e civile.

Bande ben collegate tra loro utilizzano poteri e ordini dello Stato per distruggere gli avversari, per impadronirsi di beni pubblici e privati, per espropriare i cittadini del denaro e delle proprietà imponendo un sistema di tassazione che viola ogni principio di equità e ogni diritto. Centinaia di migliaia di famiglie, di pensionati, di lavoratori, di imprenditori sono stati gettati nei lager della miseria dalla cinica voracità di un fisco oramai liberticida, frutto di una visione tirannica dello Stato. La drammatica crisi economica favorisce queste schegge totalitarie che utilizzano anche gli strumenti più avanzati di controllo, come le intercettazioni telefoniche a strascico, le schedature generalizzate e conservate nei più sofisticati archivi informatici, i capillari accertamenti fiscali e bancari, per irrompere senza limiti nella sfera della libertà e della vita dei cittadini.

Dovremmo domandarci se anche la tragica ecatombe di suicidi non sia, almeno in parte, dovuta al senso di impotenza e di schiavitù provocato dagli espropri di Stato e dalla mancanza di certezza nella giustizia. Sembra pure a voi di soffocare oppressi dalle tasse e dagli accertamenti erariali, vessati dal fisco, imprigionati dalla burocrazia, sorvegliati da decine di centrali-spia, minacciati da multe e sanzioni, stretti da una rete inestricabile di leggi e leggine, imprigionati da un sistema-stato dove si sta instaurando una pericolosa “dittatura acefala” fatta da “caste di potere” fuori controllo? Sentite anche voi un gran desiderio di aria pulita, la voglia di un bel vento fresco che ripulisca i palazzi e le strade da queste esalazioni mefitiche che avvelenano la nostra vita? Avete anche voi bisogno di respirare a pieni polmoni il profumo della libertà, il buon odore della certezza nel futuro e dell’inviolabilità della persona, della creatività e del benessere, di sentire l’aroma intenso della gioia di vivere protetti da una giustizia che tuteli la dignità e i diritti, la fragranza di uno Stato democratico organizzato per costruire il bene comune? Allora non dobbiamo più aspettare.

Non possiamo più assistere passivi allo sfacelo del nostro Paese e al fallimento della democrazia partecipativa. È necessario agire. È necessario che i cittadini si organizzino in comunità, in comitati, in associazioni per difendere le libertà e i diritti fondamentali, per proteggere il futuro dei propri figli, per determinare le scelte politiche ed economiche, per contare nelle istituzioni, per controllare l’uso delle leggi e del bene comune, per creare una nuova classe dirigente secondo il merito e la capacità. Ed è necessario chiamare a raccolta quei politici onesti e preparati a disagio nei partiti morenti e pronti a lottare, in modo disinteressato, per salvare il Paese e la sua democrazia liberale. È giunto il tempo del risveglio morale, dell’orgoglio civile, del rinnovamento sociale.

È giunto il tempo per una grande azione di sussidiarietà attraverso comunità culturali, rappresentanze territoriali, comitati civici, categorie professionali, unioni di cittadini che possano sostituirsi all’incapacità dei partiti, all’inefficienza degli apparati dello Stato e degli enti locali, all’inadeguatezza dei sindacati, alle carenze dei servizi pubblici e dei servizi alla persona. Nessuno, oramai, può dire di non sapere e di non aver visto. L’Italia può ancora farcela a vincere questa sfida e può superare questa crisi che attanaglia il Paese e che spegne perfino la speranza, come sta dimostrando la defezione di massa dalle urne. Stiamo diventando più poveri che nel tragico dopoguerra. La libertà, la dignità e il futuro delle nostre generazioni non sono né di sinistra, né di destra, né di centro: sono il più prezioso patrimonio di tutti noi. Non resta che difenderlo. E subito.

Aggiornato il 05 aprile 2017 alle ore 10:48