
Ex terroristi e paladini del civismo militante. La nostra televisione è solo questo. Nessun altro tipo di idea che potrebbe risollevare o "stravolgere" la ormai main stream della televisione italiana. Domenica, per "stare sul pezzo", Lucia Annunziata, nella sua «In mezz'ora», ha invitato, insieme con Sergio Segio, ex leader di Prima Linea anche Sabina Rossa, deputato del Pd e figlia di Guido Rossa, il sindacalista ucciso nel 1979 dalle Brigate Rosse. Tanto basta, per la Annunziata, per aver rispettato par condicio e contraddittorio. «La puntata era equilibrata», ha dichiarato la stessa Annunziata, dopo che il Pdl ha notato e criticato non poco aspramente, la scelta editoriale della giornalista televisiva.
E dopo la "boutade" domenicale dell'Annunziata, ieri sera è
andato in onda il solito Saviano, insieme all'immancabile Fabio
Fazio, con la solita, irrimediabilmente noiosa poltiglia
benpensante, civicamente giusta e moralmente irreprensibile.
Apparentemente due cose distinte e separate, ma a ben vedere le due
trasmissioni sono le due facce della stessa medaglia. Ovverosia
quella della cultura leninista della televisione di stato e delle
omologhe emittenti nazionali che si sono schierate al fianco della
sinistra (radical o non radical che sia). Leninista perché tutto
ciò che accade nel mondo deve essere livellato intorno alla unica,
determinante e indiscutibile Volontà generale. Di più.
Sergio Segio, come nel passato (e nel presente) anche altri
esponenti ed attivisti delle frange più estremiste degli anni di
piombo, è stato interpellato non già come persona pentita di un
passato dalle tinte fosche, bensì quasi come esperto e sociologo
del terrorismo (passato e a venire), proprio nei giorni seguenti la
gambizzazione dell'amministratore delegato di Ansaldo. Certo, i
"nemici del popolo" non cambiano con gli anni, ma altrettanto certo
è che i metodi di lotta dovrebbero evolversi, visto che gli anni 70
hanno lasciato solo scie infinite di sangue, spesso del tutto
innocente, alle loro spalle. Invece no. Far parlare uno degli
artefici di quell'onda lunga di violenza politica, fa molti ascolti
e dovrebbe, almeno in teoria, valere come espressione di un forte
valore pedagogico della tv di stato.
Siamo di fronte alla filosofia pura, all'uomo che si erge a saggio della comunità e offre in pasto a menti assetate di banalità la razione quotidiana di bei pensieri e altrettanto belle citazioni. Nulla da eccepire, ci mancherebbe. Solo che la noia sembra abbia preso il sopravvento sul rischio. Le trasmissioni sono sempre più volte a dare allo spettatore ciò che lo spettatore già sa di voler vedere, senza mai gettare una benché minima idea al di là dello steccato della domanda che crea la propria offerta. La stessa offerta che, per i geni della pubblicità, assicura un introito sufficientemente alto da soddisfare i profitti degli investitori. Ma dove sono i contenuti nuovi? Questo, ancora, non è dato sapere.
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:11