Silvio perché non ci riproviamo?

Sì, il PdL dipende da Silvio Berlusconi. Se invece qualcuno si aspetta che dipenda dal "Cav", chiuso. Che vuol dire? Vuol dire che Silvio Berlusconi anche in politica entrò da Imprenditore, e che da "Cav" avviò la parodia della politica, la parodia di Forza Italia, la parodia di se stesso. Tra il '93 e il '94, Berlusconi si fidò di una persona fedele, seria, capace. Si fidò di alcune altre, pochissime, persone serie, capaci, ambiziose. Si mostrò agli Italiani come imprenditore. Come costruttore. Ma imprenditore di idee e creatore di mercati, non non incameratore di utili e socializzatore di perdite: insomma, il contrario della Statua Agnelli.

Gli italiani avevano un assatanato bisogno di credere in qualcosa e tifarono calcisticamente per la sua mitologica "discesa in campo". Fino al punto che Silvio Berlusconi, con un Forza Italia che era nient'altro che una "extension-line" di Publitalia, si presentò alle elezioni e conquistò la maggioranza, entrò in Parlamento e direttamente al governo. Da quel momento Berlusconi, che fino a quel giorno aveva coltivato un solo rischioso ma innocente "delirio", quello di essere amato da tutti, fu soprannominato "il Cav" e - come un comune istrione teatrale - aderì a quel soprannome.

Diventò il "Cavaliere", partecipò al primo dileggio della sua persona e ne divenne co-autore, passando al delirio smodato e non innocente di essere il re Mida, cioè colui che trasforma in successo qualsiasi cosa intraprenda. Perché? Perché è più bravo di tutti, no? Si autonominò il migliore, il migliore capo di governo, il miglior amico dei leader mondiali, e, ovviamente, il più straordinario mandrillo della Storia d'Italia. Nel frattempo, la feccia si era impossessata delle stanze intorno, dei corridoi, dei posti di comando, dei ruoli, degli scendiletto.

Oggi Silvio Berlusconi sa. Non è ancora arrivato a mettere a frutto il "sapere", ma sa. Continua a mandare avvisi che hanno il senso e il tono di una autentica inquietudine. Di una possibile riconversione da Cav a Silvio? Sono in tantissimi a sperare che l'uomo di Arcore non abbia del tutto scordato come si fa a trasformare il sapere in saper-fare. Basterebbe perforare le fumose e sbandate cortine dei plauditores ignoranti e arroganti, e farsi ascoltare, per ricordargli chi è stato e chi ha il dovere di tornare ad essere. Non più nel senso del tycoon, ma sulla via, sulle piazze, nei paesaggi sventrati dell'Italia che non aspetta più un futuro televisivo, ma che tuttavia aspetta di... amare qualcuno che si prenda cura di lei. Un grande imprenditore della solidarietà, della rinascita, del "facciamolo insieme".

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:57