
La Confindustria ha un nuovo Presidente. È Giorgio Squinzi, un imprenditore figlio d'arte. Il padre, Rodolfo Squinzi, fondò a Milano, nel 1937, una piccola azienda di famiglia, la Mapei. Oggi questa impresa italiana è una multinazionale leader nel proprio settore, quello degli adesivi e dei prodotti chimici per l'edilizia. È anche un modello di gestione delle risorse umane e di lungimiranza manageriale.
Nel vuoto della politica e nel corso di una crisi economico-finanziaria di devastanti dimensioni, Giorgio Squinzi va ad occupare un ruolo di vitale importanza per l'Italia e non solo. Dovrà misurarsi con rappresentanti dello Stato e delle Istituzioni inefficienti, arroganti, spesso incapaci e talvolta corrotti. Dovrà lottare con una burocrazia lenta, pletorica, pigra, non di rado al servizio di oscuri interessi, in contrasto con il bene comune se non con la legge. Dovrà confrontarsi con il corporativismo delle categorie, con il lobbismo dei poteri forti, con la pressione permanente dei sindacati. Dovrà difendersi da raccomandati, da yesmen, da adulatori, da furbi e da profittatori. Dovrà guardarsi dai suggeritori interessati, dai salotti buoni, dai pericoli della notorietà. Dovrà salvarsi, come Ulisse, dal canto ammaliante delle sirene nascoste tra le onde del potere e dei privilegi, evitando di cadere nel delirio di onnipotenza che ha colpito tanti suoi predecessori e tanti eletti del popolo. Ma dovrà realizzare, soprattutto, un'opera straordinaria: quella di unire in un unico progetto di sviluppo tutti gli imprenditori italiani conciliando gli interessi delle grandi aziende con le necessità della piccola e media industria senza ignorare i drammatici problemi sociali del paese.
Questo processo di ricostruzione inizia tra difficoltà ed insidie, tra emergenze e contraddizioni, tra il cinismo degli speculatori e l'ipocrisia degli amministratori, tra le esigenze di mercato e la tutela dei più deboli. In altre parole, come sempre nella storia umana, tra egoismo e solidarismo. Uno dei primi compiti da affrontare è la mancanza di peso internazionale dell'Italia. Da tempo i grandi investitori, gli analisti economici, la finanza internazionale e suoi esperti, considerano il nostro paese inaffidabile. La corruzione, l'infimo livello dei politici, gli sprechi del denaro pubblico, la rissa permanente tra le parti sociali, la mancanza di un progetto organico di sviluppo e di una valida strategia a sostegno degli interessi nazionali, hanno dato e danno un quadro talmente negativo dell'Italia che il "mercato" è sempre più stimolato ad aggressive speculazioni di borsa e il capitale ad acquisire a basso costo le aziende strategiche, in attesa di nuovi interlocutori, seri e attendibili.
Per questo nell'attuale crisi di rappresentatività della politica, il presidente della Confindustria diventa l'unico ruolo che può rispondere in modo concreto alle aspettative degli stati alleati e alla necessità di rilancio dell'economia. Molti amici dell'Italia attendono con speranza di trovare figure istituzionali con le quali costruire un percorso di risanamento economico e sociale, come avvenne nel dopoguerra. Sono pronti ad investire considerevoli capitali e a partecipare concretamente mettendo a disposizione ingenti risorse finanziarie. Non dobbiamo dimenticare che la nostra penisola si trova in una posizione strategica di vitale importanza nel bacino del Mediterraneo e nei paesi di prossimità.
La destabilizzazione dell'Italia può provocare una crisi irreversibile in tutta l'area. Uno scenario così rischioso richiede con urgenza un'azione di "sussidarietà" nella gestione della res-publica. Ecco perché Giorgio Squinzi può diventare l'uomo chiave per avviare un'azione efficace per la soluzione della crisi andando a colmare i vuoti lasciati dalle Istituzioni politiche. Ci risulta che abbia a cuore il futuro delle generazioni e che nella sua azienda investa molte risorse nella ricerca e nell'innovazione, coadiuvato da figure eminenti del mondo scientifico.
Questo ci fa sperare che sappia e possa circondarsi, anche in Confindustria, di persone di grande valore morale e professionale, scelte per i meriti, evitando l'abituale e tragico errore di chi detiene il potere di preferire i più scaltri e gli incapaci. La drammatica crisi che sta investendo l'Europa e che sta tragicamente sconvolgendo la vita di intere nazioni impone a tutti un grande senso di responsabilità e il dovere alla generosità. E' un un'occasione storica che deve spingere il mondo produttivo italiano ad intervenire in maniera determinante in soccorso della rete industriale ed anche dell'intero tessuto sociale del paese. Poiché il nuovo presidente della Confindustria è un estimatore di Lucio Anneo Seneca gli vogliamo ricordare questo aforisma: «Chiunque fa bene ad un altro lo fa anche a se stesso».
Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:16