Guerra di nomine alla Farnesina

Un ministero al collasso. Un corpo, prima mutilato dal capriccio politico dei tecnici al comando, poi lasciato fermo, a morire sotto la pressione del proprio peso. È il ministero degli Affari esteri di Giulio Terzi, il ministro ambasciatore che - com'è noto - non fa onore né ai ministri (neanche quelli tecnici), né ai diplomatici. Oramai isolato al Consiglio dei ministri, concettualmente messo sotto tutela dai responsabili esteri dei partiti di maggioranza e, di fatto, esautorato da Monti e Moavero nella politica estera che conta (e da Riccardi per la Cooperazione), Terzi è ora pericolosamente concentrato in casa sua, alla Farnesina, dove, di qui a poco, si prepara una vera e propria rivoluzione di uomini e di incarichi.

Alla fine dell'anno, infatti, per effetto della riforma messa a punto dal segretario generale Massolo, ben tredici ambasciate e tre direzioni generali passeranno di mano e se - come è fin ora avvenuto - Terzi tratterà la questione delle nomine come un fatto personale (antiche cordate, simpatie interne, figli e nipoti, aree geografiche di provenienza) il disastro è assicurato. Saremo, anzi, alla soluzione finale. Ci sarebbero, se i protagonisti prendessero coscienza, ancora delle roccaforti di resistenza. Se è vero, come da egli stesso annunciato, che il segretario generale, Giampiero Massolo, rimarrà al suo posto e non andrà, come si rumoreggiava, alla direzione generale di Confindustria. Se alla presidenza del Consiglio, come al Quirinale, i consiglieri diplomatici di Monti e Napolitano faranno autorevolmente buona guardia (lo stesso vale per i partiti), forse Terzi limiterà i danni annunciati. 

Danni veri e irreversibili, perché tra le ambasciate ce ne sono davvero di importanti, tanto per le sorti delle nostre relazioni politiche che per quelle economiche. E poi, la direzione generale del personale e quella per la promozione del sistema Paese, che unisce cultura e impresa, il vero motore della riforma Massolo. Decidendo di rimanere al suo posto, il segretario generale ha al momento stroncato sul nascere i sogni (e le guerre già preventivamente alimentate) di diversi aspiranti al massimo posto dell'amministrazione e, ovviamente, dello stesso ministro Terzi, il quale, comunque, proverà a rimuoverlo dall'incarico proponendogli, volta per volta, tutte le sedi che rimarranno libere. Cosa vorrà fare Massolo del suo futuro professionale, naturalmente, non è dato saperlo, ma per ora questa sua scelta va senza dubbio salutata come un benedizione. Massolo, peró, non puó essere lasciato solo, altrimenti diventerebbe ostaggio di Terzi (e di qualche rimasuglio di potere fulciano) e rimarrebbe uno sterile contrappeso in un bilanciamento di poteri che crea solo staticità.

La stessa in cui il ministero stagna da sei mesi a questa parte, tra piccole guerre e ripicche intestine, ritardi cronici, incapacità manifeste. E, soprattutto, mancanza di autentica e riconosciuta leadership. Se fosse poi vero quanto ventilato da qualcuno, ovvero che Monti avrebbe in animo di riesumare un vecchio decreto di Fanfani per nominare in alcune sedi particolari, diplomatici fuori carriera (come Gianni Letta alla Santa Sede, Moavero alla Ue), ciò sarebbe non solo lo specchio più crudele dei tempi (un ministro senza prestigio, né difese), ma soprattutto la fine ingloriosa, di quella che, storicamente, è stata finora la più prestigiosa classe dirigente pubblica italiana.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:57