Breve storia di Forza Italia

La scelta della legge elettorale non è un tecnicismo, ma una visione politica precisa. Ovvero, può anche essere un tecnicismo, ma allora significa che ci si condanna a subire l'ennesima metamorfosi del Potere partitocratico. Non credo che si possa accettare questa eventualità.

Mi ricordo quando Antonio Martino, circa quindici anni fa, a proposito della legge elettorale, dichiarò: «Non vorrei morire sotto la cappa di piombo di una risorta Dc». Era un monito per i nostalgici del proporzionalismo. È una frase che vale ancora oggi, anzi: è più attuale di ieri. E non dimentichiamoci che Antonio Martino era la tessera numero 2 di Forza Italia. Forse, chi ha responsabilità politiche dentro il Pdl dovrebbe riflettere bene su che cosa sia oggi il partito e su che cosa era Forza Italia nel 1994. Anche se quella spinta venne presto rallentata e poi frenata dalla partitocrazia che domina trasversalmente all'interno del Palazzo.

Forse, in virtù di ciò, il segretario Angelino Alfano dovrebbe andare alla riscoperta della sua stessa storia e dello spirito del '94. Magari per comprendere meglio quelle che sono le urgenze di oggi. A cominciare dalla riforma maggioritaria e uninominale della legge elettorale. Perché la controriforma siglata da Alfano, Bersani e Casini dovrebbe mettere in allarme le anime liberali del centrodestra. Infatti, qualcuno comincia a farsi sentire. Altri non hanno mai smesso. Per esempio, le recenti interviste uscite in questi giorni: quella a Giancarlo Galan, apparsa sul quotidiano Il Giornale, e quella a Deborah Bergamini, su L'Opinione del 3 aprile, meritano alcune ulteriori considerazioni. Chi oggi pensa di risolvere i problemi della politica con i tecnicismi è destinato a fallire perché soltanto con una rinata e vigorosa proposta politica si può rilanciare davvero lo spirito del '94.

Me lo ricordo bene lo spirito del '94: il sistema politico dell'alternanza, i collegi uninominali, il maggioritario, il programma liberale di Antonio Martino e il sistema elettorale anglosassone o americano non rappresentavano per Forza Italia delle opzioni qualsiasi, ma erano l'elemento fondante dell'allora nuovo soggetto politico. Il presupposto di Forza Italia, ciò che ha permesso di farla nascere politicamente, il suo connotato specifico, è stato quello di apparire sulla scena per favorire e realizzare anche qui da noi quel sistema elettorale uninominale e maggioritario voluto dai cittadini con il referendum del 18 aprile 1993.

Ecco perché Forza Italia non ha chiuso i battenti nel novembre del 2007, cioè quando Silvio Berlusconi salì sul predellino, ma ben due anni prima: quando il centrodestra, per accontentare i suoi alleati leghisti e soprattutto l'Udc di Pierferdinando Casini, varò il cosiddetto "porcellum", una legge elettorale a vocazione verticistica, proporzionalista e senza più collegi uninominali. È stato in quel momento che, nel 2005, rinunciando alla ragione sociale di Forza Italia, Berlusconi ha liquidato la sua creatura. E sarebbe velleitario tornare indietro, ormai indietro non si torna. È forse possibile, invece, guardare avanti e recuperare il futuro. Come? Recuperando lo spirito del '94, come ha scritto e ripetuto più volte Antonio Martino e come hanno ribadito le interviste di Galan e Bergamini.

Forza Italia è ormai un reperto archeologico da consegnare ai libri di storia, ma la sua ragione sociale è più viva che mai: la riforma maggioritaria e uninominale della legge elettorale, il sistema politico dell'alternanza, la riforma americana o anglosassone delle istituzioni, il programma liberale e lo snellimento burocratico sono i punti essenziali per costruire il futuro, che non può essere certo un ritorno al passato rappresentato da Forza Italia, ma può divenire un impegno per chi ha a cuore la modernizzazione della politica e dei partiti.

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 15:47