Sul tema del lavoro e della sua riforma, i democratici, ormai da quasi un mese, stanno acuendo fratture e tensioni accumulate nel tempo e che solo ora trovano il campo libero per essere espresse in maniera esplicita e senza alcun tipo di timore. Già da mesi i contrasti all'interno dei vari caminetti di Via Sant'Andrea delle Fratte erano visibili e tangibili, ed ebbero inizio con la messa in discussione del responsabile economico dei democratici, Stefano Fassina, legato alla segreteria di Bersani ed esponente dell'ala "sinistra" del Pd, incarnando rivendicazioni e ragionamenti squisitamente social democratici e, per i liberal alla Ichino, troppo poco aperti al libero mercato stile anglosassone. Ed ecco che, quando il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, ha dichiarato che la riforma del lavoro, così come proposta dal governo, non era attenta ai reali bisogni dei cittadini che sarebbero colpiti dal nuovo sistema di entrata ed uscita dal lavoro, e che anche il governo poteva essere messo in discussione per le sue proposte, subito è stato messo alla berlina da una parte del suo partito. Enrico Letta in prima fila, neanche a dirlo, visto che, dal momento in cui mandò il famoso 'pizzino' a Monti nel giorno della presentazione del governo tecnico alla Camera, è stato uno dei più strenui difensori, a prescindere, del governo dei professori. E a nulla, o quasi, vale la votazione di ieri della Direzione nazionale, unanime nel sostenere la relazione di Bersani che invita tutto il partito a partecipare alle eventuali modifiche che dovranno essere apportate in sede parlamentare al ddl lavoro. Beppe Fioroni nel suo intervento alla Direzione del Pd è tornato sulla questione della partecipazione di Pier Luigi Bersani all'iniziativa dei progressisti a Parigi a sostegno del candidato socialista Francois Hollande, sulla quale aveva scritto una lettera aperta con altri esponenti Pd sul Foglio. "Bersani nella sua relazione ha detto: "non tarpateci le ali", ha detto Fioroni, "non voglio tarpare le ali a nessuno. Voglio solo evitare che venga vissuta come un peso la presenza di tanti nel Pd che non vengono da una tradizione di sinistra". Occorre "evitare che si utilizzino i nostri sostegni in Europa per dire che in Italia si sta costruendo una svolta a sinistra", ha aggiunto Fioroni apprezzando il passaggio dell'intervento di Bersani sull'importanza "di un'alleanza con i moderati e cioè il Terzo Polo evitando di far credere che stiamo dando vita a una svolta a sinistra del Pd". Per quanto riguarda la legge elettorale, Fioroni ribadisce la propria «solitaria posizione per le preferenze» e a quanto annunciano primarie per i parlamentari in caso resti il Porcellum, dice: "Se tutti dicono no alle preferenze perché potrebbero essere inquinate da infiltrazioni criminali, chiedo perché le preferenze no e invece sì alle preferenze nelle primarie. Delle due l'una". E poi, "Sulla riforma del lavoro è in gioco il profilo stesso del Pd. Condivido il terreno comune di discussione offerto da Bersani e le proposte della sua relazione. Ma le richieste di correzione sull'art. 18 non possono oscurare il nostro giudizio positivo sull'insieme della riforma Fornero". Lo ha detto Paolo Gentiloni parlamentare del Pd, nel corso della direzione del partito. "Il Pd deve essere in prima fila nella battaglia per i diritti dei precari e per estendere le tutele ai lavoratori che oggi ne sono privi e non può essere invece l'ultima fila riluttante di un corteo che incita alla lotta contro i padroni e il governo", ha concluso. "È bene che Bersani continui a ripetere che una nuova legge elettorale è 'prioritaria e indifferibile'. Sarebbe però meglio e anche più onesto che Bersani avesse il coraggio di riconoscere che la legge che lui dichiara 'prioritaria e indifferibile, quella che Violante, sotto la guida di D'Alema, a nome del partito sta cercando di varare assieme a Berlusconi e Casini, rappresenta il rovesciamento della ispirazione che ha accompagnato la nascita del Pd e che è ancora depositata nelle carte e nelle delibere ufficiali del partito", ha detto Arturo Parisi. "Al posto di una legge che consenta ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e il governo che si propone alla guida del paese, il gruppo dirigente del Pd cerca da tempo di imporre con l'aiuto di Berlusconi e Casini, per di più in modo dissimulato, il mantenimento nelle mani dei capipartito della nomina della maggioranza dei parlamentari, aggiungendo a questo la delega a decidere del governo alle spalle degli elettori".

Aggiornato il 04 aprile 2017 alle ore 16:10