Regole da rispettare per i colossi del web

In Europa e negli Stati Uniti si stanno facendo i conti con i giganti del web. È iniziato a New York il maxiprocesso a Google. Il colosso dell’informatica è accusato dal governo Biden di violare le norme antimonopolio. Andrà avanti per lo meno una decina di settimane necessarie per valutare 5 milioni di documenti messi insieme in tre anni d’istruzione e ascoltare circa 150 testimoni. Lo hanno già chiamato il “processo monstre” per la complessità della materia al fine di individuare la responsabilità del gigante tecnologico che vale 1.700 miliardi di dollari, poco meno del Prodotto interno lordo dell’Italia e che il 4 settembre ha festeggiato il 25esimo anniversario della nascita ad opera dei due studenti dell’Università di Stanford Larry Page e Sergey Brin. Da allora la crescita è stata una corsa con la quotazione in Borsa nel 2004 e l’acquisizione due anni dopo di YouTube e con il debutto nel 2008 di Android. Molto è cambiato nel campo della tecnologia da quando il gigante di Mountain View brevettò il suo motore di ricerca online. Per cercare informazioni su Internet ormai è abitudine corrente farlo con Google, anche se spesso non si fa attenzione al fatto che alla ricerca è collegato tutto il business della pubblicità.

Oggi Google presenta 15 prodotti (Gmail, YouTube, il sistema operativo per i cellulari Android, Google Maps, servizi nella nuvola) ciascuno dei quali usato da più di mezzo miliardo di aziende e persone fisiche. I ricavi previsti a fine 2023 saranno di 283 miliardi di dollari. Per il procuratore Philip J. Weiser e il giudice Amit P. Mehta e i loro collaboratori sarà un duro compito accertare le responsabilità di abuso di posizione dominante. L’unico precedente è quello del processo a Microsoft per il suo browser Explorer che si chiuse con un accordo sottoscritto da Bill Gates. Se verrà accertata la responsabilità si passerà poi alla individuazione della punizione da emettere contro la società guidata dall’ad Sundar Pichai, un cittadino indiano naturalizzato statunitense, e difesa da un team di legali guidati da Kent Walker. Non se la scampa neppure il social cinese TikTok (molto usato dalle ragazze e ai ragazzi della generazione Z) che la Commissione irlandese per la protezione dei dati ha multato per 345 milioni di euro non avendo rispettato le norme sui dati personali. TikTok ha tempo tre mesi per adeguare le operazioni in modo da impedire che si creino le condizioni per la violazione della privacy.

Altra bordata critica è arrivata dall’attrice Keira Knightley (una lunga carriera tra cui la partecipazione alla saga dei Pirati dei Caraibi) che ha aperto un contenzioso contro l’Intelligenza artificiale per proteggere la sua immagine. Le innovazioni tecnologiche spaziano in molti settori, uno tra questi è quello dei dispositivi di realtà virtuale (tipo Apple Vision Pro, Meta Quest 2 di Facebook, Vive Pro 2 in vendita su Amazon, Metaverso). Un richiamo ai rischi di distorto ed eccessivo uso dei mezzi tecnologici è arrivato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella che all’assemblea generale degli imprenditori ha precisato: “I giganti del web non siano fuori dalla legge. Bisogna evitare la concentrazione di potere e i monopoli. È una questione di garanzia per la libertà”. Nessuno, ha precisato il costituzionalista Mattarella ricordando il 75ennesimo anniversario della Costituzione, è “Legibus solutus”, ovvero non vincolato dalle leggi alle quali devono rispondere tutti i soggetti economici oltre che la generalità dei cittadini. In conclusione, i colossi digitali sono chiamati a rispettare le norme sulla privacy e sulla concorrenza, come sollecitato dalla Commissione dell’Unione europea.

Aggiornato il 18 settembre 2023 alle ore 14:02