María Corina Machado non abbandonerà il suo Paese. La leader dell’opposizione venezuelana ha confermato l’intenzione di fare ritorno in Venezuela durante la sua prima apparizione pubblica. in Norvegia, dopo quasi un anno trascorso nella clandestinità, ha parlato dopo che sua figlia ha ritirato per lei il suo premio Nobel per la pace. “Certo che torno”, ha dichiarato con fermezza, aggiungendo di essere pienamente consapevole dei pericoli legati a una simile decisione. “So esattamente i rischi che corro”, ha spiegato ai giornalisti presenti a Oslo. L’ex deputata liberale ha inoltre ricostruito le condizioni estreme in cui ha dovuto lasciare il suo Paese, dopo la salita al potere di Nicolás Maduro. “Lasciare il Venezuela oggi, in queste circostanze, è molto, molto pericoloso”, ha detto alla Bbc, sottolineando che il suo arrivo in Europa è stato possibile solo grazie al sacrificio di “molti uomini e donne” che “hanno rischiato la vita”. Secondo fonti statunitensi, la sua fuga sarebbe iniziata martedì, a bordo di un’imbarcazione diretta verso Curaçao.
Nel suo racconto emerge anche il lato umano di una lunga separazione familiare durata oltre 16 mesi. “Non potevo abbracciare o toccare nessuno”, ha ricordato. Solo nelle ultime ore, ha aggiunto, ha potuto finalmente riavvicinarsi ai suoi affetti: “Nel giro di poche ore, ho potuto vedere le persone che amo di più, toccarle, piangere e pregare insieme”. Per la neo premio Nobel per la Pace, la decisione di rientrare in Venezuela rimane legata al contributo che riterrà di poter offrire al suo movimento. “Sarò nel posto in cui potrò aiutare al meglio la nostra causa”, ha affermato. Durante una visita al Parlamento norvegese, Machado ha denunciato il clima repressivo che continua a dominare sotto Maduro. “Chiunque dica la verità in Venezuela rischia la vita”, ha ammonito, ribadendo la volontà di rientrare nonostante il rischio concreto di un arresto immediato. Rispondendo a una domanda sulle tensioni tra Donald Trump e Nicolás Maduro e sull’ipotesi di un intervento statunitense, la leader venezuelana ha affermato che “il Venezuela è già stato invaso”. Nel suo intervento ha elencato la presenza di “agenti russi, agenti iraniani”, oltre a gruppi “come Hezbollah e Hamas che operano liberamente in collusione con il regime”, insieme ai “gorilla colombiani” e ai cartelli del narcotraffico, che a suo dire controllerebbero “oltre il 60 per cento” della popolazione. “E non si tratta solo di narcotraffico, ma anche di tratta di esseri umani”, ha denunciato.
E gli Usa provano a spianare la strada alla Nobel per la pace. Nelle ultime ore l’Attorney general Pam Bondi ha diffuso su X un video che documenta il sequestro di una petroliera nelle acque venezuelane: nel filmato si vedono agenti statunitensi calarsi da un elicottero, armi alla mano, sul ponte della nave. L’operazione – ha spiegato Bondi – è stata condotta dall’Fbi, da Homeland security investigations e dalla Guardia costiera, con il supporto del Dipartimento della Guerra, per eseguire un mandato volto a bloccare un’imbarcazione sospettata di trasportare petrolio sanzionato proveniente da Venezuela e Iran. “Per diversi anni – ha ricordato – la petroliera è stata sanzionata dagli Stati Uniti a causa del suo coinvolgimento in una rete illecita di trasporto di petrolio a supporto di organizzazioni terroristiche straniere. Questo sequestro, completato al largo della costa venezuelana, è stato condotto in modo sicuro e protetto, e la nostra indagine continua”.
Il governo venezuelano ha prontamente condannato l’operazione definendola una “sfacciata rapina”, annunciando l’intenzione di rivolgersi agli organismi internazionali. L’intervento statunitense, rivendicato da Donald Trump, riguarda la petroliera Skipper, nave con bandiera falsa già segnalata per traffici legati al greggio iraniano. In un comunicato diffuso su Telegram, il Ministero degli Esteri venezuelano ha accusato Washington di aggiungere “un nuovo atto criminale” al “furto di Citgo”, la filiale statunitense della compagnia petrolifera Pdvsa, recentemente messa all’asta per ordine di un tribunale americano. Fonti dell’amministrazione statunitense hanno precisato che il sequestro è avvenuto in acque internazionali, senza incidenti né feriti, e che la Skipper trasportava petrolio venezuelano. La nave era già nel mirino della giustizia federale per i suoi precedenti legami con il petrolio iraniano, circostanza che aveva portato all’emissione di un mandato di sequestro.
Aggiornato il 11 dicembre 2025 alle ore 13:22
