Come sarà il mondo di domani? Né bianco, né nero, ma sicuramente “giallo”! Ora, il grido di dolore per l’intero Occidente viene proprio dal vantaggio incolmabile della Cina nel settore delle tecnologie avanzate, con particolare riferimento ai veicoli a guida automatica (robotaxi) e all’innovazione farmaceutica, relativa ai nuovi farmaci per la lotta ai tumori. Non pariamo poi dei veicoli elettrici (Ev), dei pannelli solari e dell’Ia open source, su cui si è detto e scritto infinite volte. Oggi, l’attenzione si incentra proprio sulla tecnologia dei robotaxi, in grado di rivoluzionare l’industria dei trasporti, la logistica e la vita quotidiana dei centri urbani. In questo settore va detto fin da subito che i prototipi cinesi hanno un costo pari a un terzo dei modelli della Waymo americana, vantando per di più una base sperimentale di milioni di km di guida automatica, a seguito anche di partnership con gli omologhi europei e mediorientali, per i test sui più diversi e complicati tracciati viari. In un altro settore di punta, come il farmaceutico, la Cina è passata da mero hacker di brevetti altrui per la fabbricazione di farmaci generici, a sviluppatore d’avanguardia (secondo nel mondo) per tutta una serie di nuovi farmaci, compresi quelli particolarmente costosi per la cura del cancro. Tanto è vero, che alcuni produttori farmaceutici occidentali sono stati costretti ad acquistarne i brevetti, e si pensa che da qui a non molto la Cina divenga il vero gigante farmaceutico, primo nel mondo. Già, ma che cosa ha reso possibile questi incredibili successi dell’high tech cinese?

Innanzitutto, il livello di scala, contraddistinto dai seguenti parametri: 1,4 miliardi di abitanti con medio-alta scolarizzazione; un sistema scolastico fortemente competitivo per l’accesso agli studi superiori; milioni di laureati in biotecnologie, altrettanti e sempre di alto livello in ingegneria e in informatica. Di fatto, una proporzione tra popolazione residente, da un lato, e immense risorse intellettuali, amministrative e finanziarie dall’altro, che ha dato luogo a uno standard di funzionamento irraggiungibile per i Paesi occidentali. I cinesi, infatti, possono contare su di un immenso bacino di talenti e su una manifattura di base disseminata in un territorio vastissimo, cosa che ha consentito loro la costruzione molto rapida delle catene di valore. Ad esempio, nella produzione di robotaxi l’industria cinese si è potuta avvalere di una massiva manifattura di Ev e del quasi monopolio che vanta nei così detti lidar e similaria, acronimo di Light Detection and Ranging. In quest’ultimo caso, si tratta di una tecnologia di telerilevamento che usa impulsi laser per misurare le distanze e creare mappe tridimensionali dettagliate di un ambiente circostante, che poi un’evoluta Ia interpreta ed elabora in tempo reale. I lidar sono utilizzati nell’automotive per la guida autonoma, nella mappatura geologica, nell’archeologia e in altri settori che richiedono dati precisi e ad alta risoluzione. Il loro funzionamento è, in teoria, piuttosto semplice: emettono raggi luminosi ad alta intensità e poi calcolano il tempo che intercorre tra l’oggetto che li ha riflessi e il sensore che ne rileva il raggio di ritorno. Nel settore farmaceutico, vale un po’ la stessa cosa: la Cina si può permettere di sperimentare i suoi prodotti su eserciti di pazienti che si mettono volontariamente in lista per i trial clinici, finanziando la ricerca con i proventi delle vendite di generici sui mercati internazionali, cosa che ha consentito a Pechino di accelerare al massimo sull’innovazione farmaceutica. Una sinergia come si vede imbattibile, per qualunque altro concorrente mondiale.
Ma questo formidabile “balzo in avanti” (ricordate il motto di Deng Xiaoping?) non sarebbe stato possibile senza un’organizzazione amministrativa e territoriale che coinvolge in un unicum imprese, start-up, autorità di regolazione e collettività locali, che offrono loro finanziamenti pubblici a tasso agevolato. Questo tipo di regolamentazione estremamente flessibile ha consentito la nascita di una turbo economia, che ha favorito in ogni suo aspetto l’innovazione tecnologica, consentendo alla Cina di divenire una “superpotenza biotecnologica”. Tanto per capire: tra il 2015 e il 2018, è stata quadruplicata la forza-lavoro dei controllori farmaceutici, che ha permesso di approvare 20mila nuovi farmaci in soli due anni. Analogamente, il tempo intercorrente tra la richiesta e l’autorizzazione per la sperimentazione dei farmaci su soggetti volontari è sceso da 501 a 87 giorni, facendo della Cina il terzo Paese al mondo per i trial clinici. Con i robotaxi si è seguita la stessa dinamica messa in atto nel settore farmaceutico, in cui la parte del leone è stata affidata alle iniziative locali di una amministrazione decentrata, lasciata libera di attrarre talenti e investimenti in tutto il territorio della Cina. I relativi progetti pilota sono stati poi approvati e finanziati con procedure rapide e semplificate. Un po’ dappertutto si sono installati sensori e varie tipologie di infrastrutture digitali per la guida automatica dei veicoli, consentendo di svolgere trial in ben 50 città cinesi!
Molte collettività locali sono andate piuttosto avanti con la sperimentazione, adottando evoluti regolamenti di sicurezza per il comportamento su strada e per le procedure relative ai test. Gli incidenti occorsi hanno costituito una sorta di percorso stop-and-go, al fine di correggere gli errori, consentendo così agli ingegneri e agli stessi amministratori coinvolti di approfondire i vari aspetti della nuova tecnologia. Si è generato così un clima di concorrenza spietata tra le nuove imprese individuali, in cui chi è sopravvissuto, dimostrandosi supercompetitivo, è divenuto una sorta di campione da esportazione. Ora è anche vero che, in un’economia in deflazione, gli operatori dei robotaxi si trovano competere non solo tra di loro, ma anche con gli autisti sottopagati alla guida di normali taxi urbani, solo che i sussidi di cui si avvalgono i robotaxi sono alla fine pagati dai bassi salari. Il risultato è che molte imprese non sono destinate a sopravvivere alla guerra dei prezzi, ma chi ci riuscirà avrà guadagnato il paradiso delle esportazioni verso l’estero, che gli consentiranno di arricchirsi, creando in tal modo una nuova onda d’urto di innovazione a basso costo, destinata a inondare il resto del mondo. E anche se le regole più severe sui robotaxi impediranno le vendite dei modelli cinesi in America, sarà il mercato a garantire loro sbocchi alternativi in altre parti del mondo.
Anche qui, l’Occidente non può soltanto praticare le usuali contro misure accusando la Cina di dumping e di coprire con sussidi statali i costi reali, o attestando rischi per la sicurezza stradale e per il furto di dati protetti da privacy da parte dei computer di bordo dei robotaxi. Perché siamo alla solita questione: è giusto impedire l’utilizzo di nuove tecnologie che possono comportare notevoli benefici ai consumatori di tutto il mondo, per ridurre incidenti e i costi dei trasporti, o dare più facile accesso a farmaci ultracostosi, messi in vendita a prezzo contenuto? Ma non è che in questo modo il declino tecnologico dell’Occidente è assicurato?
Aggiornato il 03 dicembre 2025 alle ore 11:16
