Antipatizzare per Jeffrey Sachs: chi ha comprato Piazza Maidan?

Parto dallo scontro verbale frontale di alcuni giorni fa tra Carlo Calenda e Jeffrey Sachs, andato in onda sulla più nota corazzata mediatica privata, antimeloniana a tutti i costi, soprattutto a spese della verità e dell’obiettività, a giudizio di chi scrive. Ma, a questo serve la libertà di antipatizzare per qualcuno: quindi anche La7 cairota ha tutto il diritto di farlo contro il Governo in carica e la destra tutta. Così io colgo questa occasione d’oro per antipatizzare personalmente per l’economista Jeffrey Sachs. Dettaglio di seguito le mie ragioni, proprio partendo dallo scontro verbale citato, in cui sono volati stracci-stralci di discorsi incompiuti, con tanto di spiraleggianti querele per certe esuberanze calendiane, connaturate al carattere del personaggio. Motivo del contendere: quanto hanno ragione i russi (e, simmetricamente abbiamo torto noi occidentali, disarmati e irenisti) sulla strumentalizzazione da parte occidentale della rivolta ucraina di Piazza Maidan del 2014, che travolse all’epoca il governo filorusso di Kiev. E qui ci si potrebbe chiedere quale sia la vexata quaestio, che sa tanto di contesa medievale tra chierici, in merito alla questione irrisoria se “Gesù Cristo possedeva o no la veste che indossava”. E sì, perché nel caso di specie non si vede quale sia il torto nostro e degli Usa ad aver sostenuto (con due miliardi di dollari, in base alla confessione di Barack Obama citata da Sachs) l’aspirazione del popolo ucraino a far parte dell’Europa e della Nato. Hanno, o no, diritto i popoli di decidere con “Chi, e Dove” vogliono stare e andare? Per Sachs, forse, le proteste di Piazza Maidan del 2014 erano fatte da centinaia di migliaia di manifestanti prezzolati dal corrotto Occidente, che li sosteneva nella loro pretesa di democrazia?

Oppure, al contrario, la stragrande maggioranza degli ucraini non ne voleva sapere di tornare surrettiziamente nell’orbita del potere russo post-sovietico, che in 70 anni aveva già devastato in termini economici, politici e sociali la nazione ucraina, a partire da Iosif Stalin in poi? Il fatto che gli ucraini da quattro anni combattano contro un avversario straordinariamente più forte, in termini militari, economici e di numerosità delle truppe, sacrificando sul fronte di guerra centinaia di migliaia di giovani vite, come va interpretata? È opera di un dittatore (Volodymyr Zelensky) che fucila seduta stante, come fanno i generali di Vladimir Putin sui campi di battaglia, i soldati che si rifiutano di combattere, o dietro di lui c’è la scelta volontaria di tutto un popolo che non intende lasciarsi conquistare? Ancora: visto che i servizi segreti russi, il Svr (Servizio di intelligence estera) per le attività all’estero, l’Fsb (Servizio di sicurezza federale) per la sicurezza interna e il controspionaggio, e il Gru (Direzione generale per le informazioni militari) per lo spionaggio militare, sono i più strutturati e informati del mondo, come mai non sono stati in grado di documentare, come fecero i democratici all’epoca della prima elezione nel 2016 di Donald Trump (che ricevette una robusta mano elettorale dagli hacker russi), la disseminazione di milioni di messaggi fake da parte di bot (falsi profili social) creati dall’Intelligenza artificiale occidentale? Ovvero, quelle decine e decine di migliaia di auto convocazioni inviate da normali cittadini, e che hanno consentito di mantenere viva per interi mesi la mobilitazione della piazza, malgrado la feroce repressione attuata dalle forze antisommossa (anche queste manipolate dagli Usa?), erano frutto di una macchinazione e di una manipolazione di massa da parte dei servizi occidentali? Saremmo assai lieti se il professor Sachs ci illuminasse in merito. Altra questione delicatissima riguarda gli accordi di Helsinki del 1975, che stabilirono l’inviolabilità dei confini e la risoluzione pacifica dei conflitti. Principi che, secondo la comunità internazionale, sono stati violati dall’invasione russa dell’Ucraina, mentre al contrario Sachs e altri legittimerebbero l’intervento di Mosca, in quanto sarebbe stata Kiev a violare per prima tali accordi portando la guerra nel Donbass contro le popolazioni russofone, cosa che avrebbe spinto, a suo dire, la Russia a intervenire in difesa di quelle minoranze. Eppure, l’atto unilaterale di inserire nella Costituzione russa e di annettersi i tre Oblast ucraini di Donetsk, Luhans’k, Cherson e Zaporižžja, senza prima averli conquistati, non è mai stato riconosciuto, salvo pochissime eccezioni, dalla stragrande maggioranza degli Stati aderenti all’Onu. Altra questione: l’Ucraina ha firmato anche altri accordi bilaterali e multilaterali, come il “Grande Trattato” del 1997 con la Russia e l’accordo di associazione con l’Ue del 2014, che riconoscevano la sovranità e l’integrità territoriale ucraina, ma che sono stati anch’essi deliberatamente e unilateralmente violati. Tutto ciò, risponde a verità storica, o no? E che dire del Memorandum di Budapest del 1994, in cui come contropartita alla cessione dell’arsenale nucleare ucraino alla nuova Russia, quest’ultima si impegnava, assieme a Stati Uniti e Inghilterra che funzionavano da potenze garanti, a garantire e rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina, in cambio del suo disarmo? Domanda a Sachs: se Kiev si fosse rifiutata di cedere il suo arsenale atomico, Putin avrebbe mai osato prendersi prima la Crimea e poi il Donbass?

In merito, sarà bene ricordare come prima del 1991 l’arsenale nucleare ucraino era il più consistente e numeroso dell’era sovietica, e il terzo più grande del mondo, anche se, essendo i codici di lancio sotto il controllo russo, Kiev non avrebbe potuto materialmente utilizzarlo, se non come “bombe nucleari sporche”, che di per sé avrebbero comunque costituito un potentissimo deterrente nucleare. Si veda in proposito il bellissimo film del 2002, dal titolo “Al vertice della tensione”. In sostanza, chi dei due, tra il leader russo e ucraino, è stato il più scorretto e sleale? Ma la domanda da cento pistole che varrebbe la pena proporre a chi come Sachs giustifica il ricorso alla forza da parte russa, è il seguente: le democrazie hanno, o no, il diritto-dovere (visto che fino a poco tempo fa il loro dio laico era costituito dalla sacralità del rispetto del diritto internazionale) di opporsi con ogni mezzo lecito alle autocrazie che violano i diritti umani, anche attraverso il sostegno politico-economico alle opposizioni interne a quei Paesi a noi ostili? Saremmo proprio curiosi di conoscere il perché e il per come Sachs & Co non si occupino mai del disastro sociale, politico, economico e umanitario delle comunità nazionali latino americane, come Cuba, Venezuela, Perù e molte altre. Perché occorre pur dire come, in quei casi specifici, regimi folli di estrazione chavista e peronista abbiano ridotto in miseria intere comunità nazionali. Centinaia di milioni di cittadini latinoamericani che appartenevano a Paesi ricchissimi e floridi, prima dell’avvento di quei loro regimi social populisti, assolutisti e totalitari, si sono visti depredare le loro immense ricchezze dai nuovi tiranni, che li hanno costretti ad allearsi con i peggiori nemici dell’Occidente. Domanda: siamo anche noi dei negazionisti della Storia, professor Sachs?

Aggiornato il 31 ottobre 2025 alle ore 10:46