Europa de-collata: chi ha perso la testa?

Dove va l’Unione europea? Risposta: non lo sa nemmeno lei. Ovvero, non lo sanno i suoi leader, divisi su tutto ma saldamente uniti nel rinvio di ogni decisione cruciale per la sopravvivenza dell’Europa stessa. E non poteva essere altrimenti, dato che le competenze sulla difesa (cruciali, in questo drammatico momento storico) sono di pertinenza nazionale, con relative implacabili gelosie e l’intreccio inestricabile di interessi pubblico-privati, da parte delle aziende nazionali che operano nel settore degli armamenti. Da decenni, ormai, le decisionisistemiche” (che collidono con gli interessi nazionali di uno o più membri aderenti) sono ostaggio del voto all’unanimità, per cui prevale lo stallo sulle iniziative concrete. Per di più, la Commissione europea, attraverso la sua presidente pro-tempore, non ha trovato di meglio che finanziare il programma comunitario di Rearm-Europe (ribattezzato pudicamente e ipocritamente come Plan/Readiness 2023) in cui si lascia briglia sciolta agli Stati membri di fare debito per le aggiuntive spese nazionali di difesa, pari a un ammontare di 700 miliardi di euro. Inutile stare lì a dire come una simile misura avvantaggi Paesi come la Germania che, avendo modificato la propria norma costituzionale anti-deficit, ha stanziato sul bilancio pluriennale qualcosa come un triliardo di euro per il rinnovo delle sue infrastrutture civili e dell’industria nazionale degli armamenti. In quasi tutti i Paesi membri, inoltre, dato che la democrazia non è un regime di stampo putiniano dove decide uno solo, le opinioni pubbliche nazionali sono ferocemente contrarie a veder attenuato il loro tradizionale welfare per aumentare, a spese dell’assistenza e della sanità pubblica, i bilanci (già consistenti) della difesa.

Non parliamo poi della questione di mandare soldati all’estero, per presidiare in funzione di peacekeeping la lunghissima linea del fronte, in caso di cessazione delle ostilità tra Russia e Ucraina. In merito, esistono delle dichiarazioni di principio di due dei Volenterosi (nuclearizzati), come Francia e Inghilterra, ma nessuno di loro che osi davvero pronunciarsi in concreto sull’ammontare dei contingenti, sulle regole di ingaggio e i costi (molto alti) del finanziamento per lo stazionamento di truppe destinato a durare non pochi anni. Tra l’altro, a parte la netta opposizione di uno dei contendenti, la Russia, che si oppone a qualsiasi presenza di soldati europei lungo i suoi confini, rimane invariato l’altissimo rischio di un nuovo conflitto mondiale, in caso di incidenti ripetuti e di provocazioni lungo la linea congelata del fronte. Ma l’Europa, davvero derelitta, (per colpa esclusivamente sua) non è in difficoltà solo sulla difesa, avendo a che fare con la guerra inter-alleata dei dazi, dichiaratale dall’Amministrazione di Donald Trump. Qui, i difetti congeniti di un conglomerato di Stati che non possiede, per sua scelta, una voce sola per stare al tavolo con gli altri grandi della terra, paga un prezzo elevatissimo a causa dei suoi gravi ritardi infrastrutturali. Senza una fiscalità comune e la ritrosità dei Paesi maggiorenti di istituzionalizzare forme di finanziamento cooperativo come gli eurobond, l’Europa è da tempo destinata a svolgere un ruolo ancillare nei confronti delle due superpotenze economiche di Cina e Stati Uniti. Malgrado le intemerate e le sonore frustate ricevute dal suo leader mondiale più in vista, Mario Draghi, l’Ue continua imperterrita a produrre chilometri di regolamenti, mentre da un lato le sue norme antitrust impediscono la creazione di campioni europei, in grado di competere con i colossi cinesi e americani, che si avvantaggiano degli incentivi e del sostegno statale nella conduzione delle loro attività produttive. Dall’altro, nessuno ha intenzione di mettere mano all’abbattimento dei dazi interni, causati, tanto per dire, anche dai paradisi fiscali, come quelli di Irlanda, Olanda e Lussemburgo.

In ritardo su tutto, l’Europa ha creduto bene di praticare l’auto-castrazione, varando la strategia dell’economia e dell’industria green, ben sapendo di essere anni luce distante dai produttori di batterie solari e di veicoli elettrici, rispetto ai quali la Cina si prepara da decenni ed è pronta a invadere i mercati mondiali dell’automotive e delle energie pulite. Una vera follia, questa della mania green di Bruxelles, non avendo noi né la disponibilità di terre rare, necessarie a sostenerne la relativa tecnologia dei semiconduttori avanzati, né industrie e aziende avanzate high-tech, in grado di competere con la Silicon Valley e con i produttori cinesi di Ia (Intelligenza artificiale). Anche perché, da decenni abbiamo perso il treno strategico di un Internet europeo, che avrebbe a suo tempo messo al riparo i nostri consumatori dal saccheggio di dati di ogni tipo, da parte delle grandi società del digitale, cinesi e americane. Ma che l’Europa sia una sorta di “anatra senza testa” (de-collata, appunto), lo si vede dal fatto di aver dovuto subire sui dazi i diktat (tipo: “tutto per me, il resto per te”) di Donald Trump. E Bruxelles si è detta addirittura “contenta” dei dazi al 15 per cento, avendo scampato il loro presunto raddoppio, per cui ha rinunciato a far valere l’enorme squilibrio commerciale sull’acquisto dei servizi erogati da aziende americane, senza pertanto utilizzare il bazooka del colpo mortale della tassazione sugli enormi profitti europei delle grandi Major di Silicon Valley. Non solo: malgrado i roboanti enunciati dell’emissione zero di carbonio, l’Ue si è impegnata ad acquistare parecchie centinaia di miliardi di gas liquefatto americano, ben più caro di quello mediorientale e russo.

Il tutto in cambio di che cosa? Della “prevedibilità” degli oneri da sostenere garantita dall’accordo Trump-Ursula von der Leyen agli esportatori europei. Come se si dicesse che ci si può rallegrare per una condanna a dieci anni di carcere, sapendo in anticipo che cosa ti aspetta nel prossimo decennio di vita, come chiosa causticamente Le Figaro. Per di più Trump ha ottenuto un finanziamento indiretto di parecchie centinaia di miliardi di euro al Tesoro americano da parte della Ue, per sostenere il proprio debito pubblico! Ma, quali sono in effetti le cause di questa intollerabile ancillarità dell’Europa? La prima causa sta nella ragione stessa dell’esistenza e della missione della Commissione europea, che esercita la funzione di guardiano del comportamento degli Stati in materia di mercato unico e della concorrenza. Bruxelles è stata edificata (a carissimo prezzo) per eliminare alla radice le frontiere (senza però dotarsi dei mezzi necessari per proteggere quelle comuni!) e il nazionalismo economico dei Paesi membri. Il tutto finalizzato a sostenere la mondializzazione dei mercati. Però quando quest’ultima è cambiata di colpo frammentandosi, causa il de-coupling politico economico America-Europa e con la Cina, l’Europa è andata alla deriva, in quanto le è venuto a mancare il regolatore mondiali degli squilibri causati dalla globalizzazione. E la Ue, così mal combinata, non può praticare un nazionalismo europeo, antitetico a quello cinese e americano, nella nuova confrontation tra rinascenti imperi. All’Europa, quindi, tocca lo stesso destino della Cina all’epoca della guerra dell’oppio, denominato da Pechino “il secolo dell’umiliazione”. Morale: da domani per noi italiani e per gli europei sarà sempre più dura!

Aggiornato il 27 agosto 2025 alle ore 11:10