
È arrivata la controproposta degli Stati Uniti. La mano tesa di Donald Trump è giunta mentre i Ventisette erano ancora riuniti a Bruxelles per fare il punto sulla politica commerciale e il confronto con il tycoon. A comunicarlo è stata Ursula von der Leyen, che però ha scelto di non entrare nel merito, limitandosi a prendere tempo per “studiare le carte”. Un silenzio che dice solo: “calma”. Stando a quanto trapela, non si tratterebbe affatto di un “ramoscello d’ulivo” da parte dell’amministrazione americana. L’offerta prevede l’introduzione di una soglia minima del 10 per cento di dazi sulle merci europee e, come condizione aggiuntiva, l’aumento significativo degli acquisti di gas naturale liquefatto (Gnl) e di materie prime strategiche, tra cui il combustibile nucleare. Una linea tutt’altro che conciliatoria, ma comunque un punto di partenza per la negoziazione.
All’interno del Consiglio europeo, le divisioni sono nette. Alcuni Paesi spingono per chiudere l’accordo rapidamente, anche al prezzo di qualche concessione dolorosa, pur di garantire stabilità economica in un momento segnato da profonda incertezza. Il riferimento è alla scadenza del 9 luglio, termine oltre il quale l’Europa rischia di ritrovarsi a fronteggiare da sola la tempesta commerciale, nonostante dalla Casa Bianca sia giunto un segnale di disponibilità a un’ulteriore proroga. “Un accordo è sempre meglio di un conflitto, zero dazi è sempre meglio di un dazio, e l’incertezza è la cosa peggiore per la nostra economia. Dobbiamo dare certezze agli investitori, ai lavoratori e alle aziende, il prima possibile”, ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo António Costa, sintetizzando il pensiero dei più pragmatici.
Chi punta i piedi più di tutti è, chiaramente, il presidente francese Emmanuel Macron. La verità è che la miglior situazione sui dazi “possibile tra Stati Uniti ed Europa è dazi zero. Se dovrà essere al 10 per cento, così sarà”, ha detto il presidente francese al termine del vertice Ue, evidenziando che “se alla fine gli Stati Uniti decidessero di mantenere un dazio del 10 per cento contro la nostra economia, sarà inevitabile una misura di compensazione sui prodotti americani venduti nel mercato europeo”. E ancora: “C’è una reale volontà da parte degli europei, siamo ben disposti a concludere” un accordo sui dazi con gli Stati Uniti, “ma questa buona volontà non deve essere interpretata come una debolezza: vogliamo concludere in fretta perché è nel nostro interesse collettivo, ma non vogliamo farlo a qualsiasi costo”, ha aggiunto il capo dell’Eliseo, evidenziando come bisognerebbe utilizzare “tutti gli strumenti” per garantire un accordo “equilibrato”.
Intanto, sul fronte asiatico, si apre un altro capitolo. Il Ministero del Commercio di Pechino ha annunciato che gli Stati Uniti “cancelleranno una serie di misure restrittive” contro l’export cinese. Secondo le autorità, vi sarebbero già “dettagli confermati dell’intesa con gli Usa”, e l’auspicio, ribadito in una nota ufficiale, è che “Stati Uniti e Cina si incontrino a metà strada”, promuovendo “uno sviluppo sano, stabile e sostenibile delle relazioni economiche e commerciali tra Cina e Stati Uniti”. In questo quadro in rapida evoluzione si inserisce la visita del ministro degli Esteri cinese Wang Yi, atteso a Bruxelles lunedì 30 giugno per il “dialogo strategico di alto livello Cina-Ue”. La sua missione lo porterà poi anche in Germania e Francia, con un’agenda fitta che punta a preparare il vertice Cina-Ue di Pechino, in calendario per il 24 e 25 luglio. Un summit dal forte valore simbolico, che celebra i cinquant’anni delle relazioni diplomatiche tra le due sponde, ma che si svolge nel mezzo di un confronto sempre più aspro su dazi, regole di concorrenza e accesso ai mercati.
Aggiornato il 27 giugno 2025 alle ore 13:46