
È un “comunista”. Donald Trump avrebbe preso in prestito una famosissima frase di Silvio Berlusconi per descrivere Zohran Mamdani, il socialista che ha vinto a sorpresa le primarie dei Democratici per concorrere alle prossime elezioni che nomineranno il sindaco di New York. Un risultato confermato – anche se si aspettano i conteggi definitivi – che rappresenta un terremoto politico non solo per la città, ma per l’intero Partito Democratico. Nel primo pomeriggio di ieri, Mamdani ha rivendicato la vittoria: “Abbiamo fatto la storia”, ha dichiarato ai suoi sostenitori, dopo che il vantaggio accumulato nelle urne ha indotto l’ex governatore Andrew Cuomo ad ammettere la sconfitta. “Ha vinto. Non è stata la nostra serata. È stata la serata di Mamdani”, ha detto Cuomo, la cui scommessa per rientrare sulla scena politica si è infranta contro l’ascesa del 33enne islamico, figlio di immigrati ugandesi, che promette di riscrivere le priorità del partito.
Socialista dichiarato, sostenuto dall’ala più radicale dei Democratici, Mamdani propone un aumento della tassazione sui grandi patrimoni, si oppone al sostegno americano a Israele nella guerra a Gaza e si è guadagnato l’appoggio di volti simbolo della sinistra estrema (per gli standard statunitensi) come Alexandria Ocasio-Cortez e Bernie Sanders. In caso di vittoria alle elezioni generali di novembre, sarebbe il primo sindaco musulmano nella storia della metropoli. L’ascesa di Mamdani è avvenuta contro ogni previsione. Per mesi i sondaggi hanno dato Cuomo come favorito assoluto, in un clima di apparente stabilità interna al partito. Ma la campagna dell’ex governatore, già travolto da scandali durante la pandemia e costretto alle dimissioni, non ha saputo riaccendere l’entusiasmo dell’elettorato. Quindi, la radicalizzazione dello scontro politico e la poca fiducia dell’elettorato democratico nella figura di Cuomo, hanno portato alla vittoria di un personaggio così schierato.
Nel partito la tensione è palpabile. La vittoria di Mamdani ha mandato un segnale inequivocabile ai vertici democratici in vista delle elezioni del 2028: l’elettorato urbano, giovane e multiculturale, pretende un cambiamento strutturale, non solo nei volti ma anche nella visione politica. Il tempo dei politici vecchia guardia, è finito con la sconfitta schiacciante di Kamala Harris alle Presidenziali. E molti tra gli attivisti vedono in lui una figura potenzialmente dirompente, capace di esercitare sull’establishment democratico una pressione simile a quella che Trump ha esercitato sui repubblicani. Chiaramente, il presidente è intervenuto sulla piattaforma Truth Social criticando la pericolosa svolta radicale della città, già storicamente in mano ai Dem: “I Democratici hanno oltrepassato il limite. Zohran Mamdani, un comunista al 100 per cento, ha vinto le primarie e si avvia a diventare sindaco. Abbiamo avuto estremisti di sinistra prima, ma questo è ridicolo. È terribile e non è molto intelligente”.
Cuomo, dal canto suo, non ha escluso un’ultima mossa: una candidatura indipendente che lo porterebbe direttamente sul voto di novembre, aggirando le primarie. Ma lo scenario è complicato. La sua immagine resta appannata, e la vittoria schiacciante di Mamdani evidenzia quanto profondo sia il solco che si è creato tra l’elettorato democratico e i suoi ex leader. Alcuni progressisti americani sperano perfino che il vincitore delle primarie possa scuotere l’establishment democratico, un po’ come ha fatto il tycoon nel Grand old party con il suo Maga. Staremo a vedere.
Aggiornato il 26 giugno 2025 alle ore 13:10