Bayrou rischia la sfiducia (ancora) sulle pensioni

Il primo ministro francese rischia ancora un voto di sfiducia. Il giorno dopo il fallimento del tavolo negoziale sulla riforma delle pensioni, il premier François Bayrou ha rilanciato il dialogo nel tentativo di disinnescare la minaccia sempre più concreta di una mozione di sfiducia da parte della sinistra all’opposizione. Il capo del governo aveva annunciato di voler incontrare nuovamente sindacati e rappresentanze sociali oggi in mattinata, per cercare “una via di passaggio”. Insediatosi sei mesi fa, Bayrou aveva inaugurato un ciclo di consultazioni – definito “conclave” – nel tentativo di raggiungere un’intesa sul fronte previdenziale, dopo aver ottenuto un fragile compromesso con i socialisti per evitare la caduta dell’esecutivo. Una tregua politica che oggi sembra definitivamente compromessa.

Senza un nuovo accordo, resterà in vigore la contestata riforma approvata dal governo precedente, che innalza l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Una misura invisa all’opinione pubblica e che il premier stesso ha cercato di rimettere in discussione. “Posso naturalmente capire che ci si arrenda ad un fallimento quando si hanno posizioni radicalmente diverse od opposte. Ma non posso accettare senza reagire che ci si risolva a fallire così vicini all’obiettivo”, ha commentato il primo ministro, sottolineando come sia suodovere” quello di “non gettare la spugna e fare di tutto per superare un tale blocco”. L’appello allunità si concretizza infine in un nuovo invito rivolto alle parti sociali “che hanno lavorato insieme durante questi quattro mesi” a “incontrarmi da stamattina per cercare una via di passaggio nell’interesse del nostro Paese”.

Ma quest’ultimo insperato tentativo del premier di salvare il governo è minato principalmente dalle intenzioni dei socialisti, che vorrebbero mandare a farsi benedire la riforma previdenziale. Il segretario del Partito socialista, Olivier Faure, ha già fatto sapere che procederà “verso la sfiducia” qualora il premier non restituisca al Parlamento l’ultima parola sul destino della riforma.

Aggiornato il 24 giugno 2025 alle ore 15:35