Polizia violenta, Francia e Belgio hanno un problema

Non è buon momento per le forze di polizia nel mondo francofono. Il terrorismo o la criminalità, però, non c’entrano. A sconcertare, piuttosto, è il comportamento delle forze dell’ordine nella gestione dell’ordine pubblico, con abusi di potere che spesso sfociano in molestie e violenze sessuali.

In Belgio 2 bambini sono stati investiti e uccisi da mezzi della Police a poco più di 2 settimane di distanze. Il fatto più recente è accaduto ad Anversa, dove un bambino di 9 anni ha perso la vita nell’impatto con un furgone della polizia, in prossimità di una scuola. Alla Vrt, la tivù pubblica di lingua fiamminga, che ha diffuso l’informazione nelle prime ore del mattino, la polizia ha subito confermato che la pattuglia si stava dirigendo verso un intervento prioritario, il che implica che il mezzo viaggiava con sirena e lampeggianti accesi. Oltre all’auto della polizia, era in viaggio anche un veicolo della polizia ferroviaria. La procura di Anversa ha chiarito immediatamente che gli agenti coinvolti nell’incidente hanno prestato i primi soccorsi al bambino prima dell’arrivo dell’ambulanza, ma la vittima è deceduta per le ferite riportate. I test per alcool e droga sull’autista del mezzo sono risultati negativi. Secondo le prime ricostruzioni, l’impatto è avvenuto sulle strisce pedonali, che il bambino stava attraversando in bicicletta. Il poliziotto che guidava il furgone ha 25 anni. Fatalità e negligenza allo stesso tempo?

Il problema è che il secondo “incidente”, come si accennava, arriva a pochi giorni di distanza da un altro fatto, in cui sembra che la fatalità c’entri poco. Il 2 giugno, in un parco a Ganshoren, un comune della regione di Bruxelles-Capitale, un ragazzo di 11 anni è stato investito mortalmente d’un auto delle forze dell’ordine. Un inseguimento finito molto male, secondo le ricostruzioni. Pare che l’inseguito, che era su un monopattino elettrico, fosse proprio la giovane vittima. Anche in questo caso, test negativi: niente alcool o droga assunti dal poliziotto autore della carambola mortale, e che è agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Secondo il verbale visionato in esclusiva dalla Rtbf, la tivù pubblica francofona, sono 3 i testimoni del fatto, che hanno dichiarato di aver visto l’auto della polizia viaggiare a velocità elevatissima, che non ha rallentato nonostante la vicinanza al bambino, facendo intendere che l’obiettivo del conducente era proprio quello di colpire il ragazzo in monopattino. E infatti, testimoni affermano che l’auto della polizia “ha colpito il mezzo e ha investito il conducente, prima con le ruote anteriori, poi con quelle posteriori”, fermandosi solo pochi metri dopo l’impatto. A questo proposito, il rapporto della polizia dichiara che non ci sono segni di frenata. Secondo la procura il motivo dell’inseguimento non è legato a un furto, traffico di droga o aggressione. “Il giovane non aveva nulla da rimproverarsi se non di essere sopra quel monopattino”. L’imputazione non è omicidio volontario, ma “ostruzione volontaria del traffico”, poiché si è ritenuto che vi fosse l’intenzione di ostacolare a tutti i costi il conducente del monopattino − per motivi che restano misteriosi − “dato che il veicolo della polizia era entrato nel parco”. Le istituzioni fanno, comunque, quadrato attorno alle forze dell’ordine. Niente processi alla polizia nel suo complesso, dice il procuratore del re, Julien Monil, che sottolinea i “rischi per la sicurezza” che corrono gli agenti in una Bruxelles il cui clima è “certamente molto pericoloso e teso”, con “poliziotti che vengono presi di mira”.

Il sindacato rifiuta l’idea stessa di “polizia violenta”, ma ammette che la formazione, anche degli agenti alla guida, mostra delle carenze che proprio in questi giorni si stanno rivelando drammatiche. L’addestramento dura 1 anno, inclusi 6 mesi di tirocinio, dice Anthony Turra, della Csc Police. Non tutte le accademie di polizia, però, “sono dotate di corsie di guida”. Alcune “hanno simulatori, ma la maggior parte dei giovani tirocinanti ha la patente di guida e non è professionalmente preparata per gestire questo tipo di eventi, come un inseguimento in auto”, dice su La Premiere.

Sembrerebbe invece che, in Francia, il pregiudizio di “polizia violenta” sia più difficile da allontanare, anzi rischia decisamente di deviare nello stigma, a giudicare da quanto emerso da un’inchiesta congiunta del media investigativo Disclose e de L’Oeil du 20 heures di France 2. La violenza, in questo caso, è tutta sessuale. Perquisizioni che diventano palpeggiamenti. La protezione, certificata da divisa e distintivo, diventa il pretesto ideale per abusare e umiliare. Tra le vittime figurano colleghi, parenti, persone arrestate e persone che hanno chiesto aiuto alle forze dell’ordine per aver subito molestie o maltrattamenti. Sulla base di testimonianze, procedimenti legali e un decennio di archivi stampa, fa sapere France Info, Disclose ha scoperto 429 vittime di violenza sessuale commesse da agenti di polizia o gendarmi tra il 2012 e il 2025: il 76 per cento di loro erano donne adulte, il 18 minorenni e il 6 uomini. Questi casi, che vanno dalle molestie sessuali allo stupro, coinvolgono 215 agenti di ogni grado. Il 40 dei quali ha abusato di più vittime durante la propria carriera.

Secondo Disclose, 5 degli agenti di polizia e gendarmi implicati sono ancora in servizio, nonostante siano stati condannati per violenza sessuale. È il caso di Thierry B., un comandante di polizia condannato nel 2023 per molestie sessuali nei confronti di una donna che si era presentata per sporgere denuncia per violenza domestica, che ancora lavora presso la stazione di polizia di Montreuil (Seine-Saint-Denis). “Tutti” i 215 agenti coinvolti, “senza eccezioni”, si afferma, hanno abusato delle risorse di polizia messe a loro disposizione dallo Stato, hanno agito anche nel momento preciso in cui le vittime si sono trovate a che fare con loro: nella custodia, durante le udienze in tribunale, durante un controllo stradale o durante un arresto, scrive Disclose. Si è scoperto inoltre che poliziotte e gendarmi donne rappresentano la metà delle vittime identificate. Una delle principali conclusioni dell’inchiesta è che almeno 57 donne hanno denunciato molestie, aggressioni o stupri da parte di agenti di polizia o gendarmi dopo aver sporto denuncia. Trentasette di esse hanno subito violenza domestica. Le altre si trovavano anche in situazioni di estrema vulnerabilità al momento dell’incidente: sopravvissute a femminicidio, rifugiate, disabili o adolescenti in fuga senza risorse. Diciotto agenti coinvolti hanno abusato delle risorse messe a loro disposizione dallo Stato, come la consultazione di fascicoli per ricontattare le querelanti. Nessuna legge, si sottolinea, vieta esplicitamente alle forze dell’ordine di avere rapporti sessuali con persone incontrate nell’esercizio delle loro funzioni. Il codice deontologico si limita a menzionare il dovere di gendarmi e agenti di polizia di dare l’esempio

France Info si sofferma sulla storia di Carole.  “Se non fosse stato un gendarme, non avrei mai iniziato niente con lui. Questo è certo”, afferma la donna, che ha sporto denuncia per violenza domestica nel gennaio 2013. “In un certo senso, è stato il mio salvatore. Almeno, è così che lo chiamavo. Si faceva chiamare ‘l’angelo custode’”, racconta. Quasi 10 anni dopo il loro primo incontro, secondo quanto afferma la vittima, l’angelo custode la violenterà in un bosco.

Aggiornato il 24 giugno 2025 alle ore 11:06