
Israele ha attaccato “i simboli del regime” di Teheran. Con queste parole, il ministro della Difesa Israel Katz ha annunciato come i raid mirati siano una risposta a “ogni colpo al fronte interno israeliano” e avverte che “il dittatore iraniano sarà punito e gli attacchi continueranno con tutta la loro forza”. Le operazioni, coordinate con l’intelligence dello Stato ebraico, hanno preso di mira obiettivi altamente simbolici e sensibili a Teheran, tra cui il carcere di Evin, il sito nucleare di Fordow già colpito dagli Stati Uniti, e ancora una volta la sede della tivù di Stato. Secondo una fonte israeliana, rimasta anonima per motivi di sicurezza e citata dall’Ansa, l’attacco alla prigione di Evin sarebbe parte di un piano più ampio, volto a “liberare dissidenti” e a favorire un moto interno di protesta in grado di rovesciare l’attuale governo iraniano. L’azione rientra anche in una strategia mirata a costringere Teheran ad accettare la fine delle ostilità e a negoziare sul nucleare. In giornata, fanno sapere fonti della difesa, è attesa un’intensificazione dei raid, con l’obiettivo dichiarato di conseguire risultati militari e politici in tempi rapidi.
La conferma dei danni alla prigione di Evin arriva anche dalla magistratura iraniana, secondo cui “nell’ultimo attacco del regime sionista a Teheran, purtroppo alcuni proiettili hanno colpito il carcere di Evin, causando danni a parti della struttura” scrive Mizan online, organo ufficiale dell’apparato giudiziario, in un messaggio su X. “Tutte le risorse sono state impiegate per gestire il complesso carcerario e la situazione rimane sotto controllo”. Il comunicato respinge tuttavia le notizie circa scontri a fuoco e disordini: “Le voci dei media del Mossad (l’intelligence di Israele, ndr.) riguardo a disordini e sparatorie nella prigione di Evin non sono vere”.
L’operazione delle Forze di difesa “ha come obiettivo i Guardiani della rivoluzione. Colpiamo tutto ciò che è connesso al loro apparato militare e di terrore. La Repubblica islamica è un regime di terrore contro lo stesso popolo iraniano”, ha dichiarato in diretta su BFMTV Olivier Rafowicz, portavoce dell’esercito israeliano. Parlando in francese, Rafowicz ha ribadito come la prigione di Evin sia “tristemente celebre per le torture e per ciò che accade all’interno da anni”. Il militare ha specificato che i raid hanno anche un obiettivo strategico: “Eliminare la minaccia nucleare militare iraniana contro lo Stato di Israele, una minaccia esistenziale, ma anche le minacce balistiche e tutto ciò che è l’apparato militare legato a questi due programmi”. Colpire Evin o il quartier generale dei Guardiani della rivoluzione significa, secondo Rafowicz, “colpire strutture al tempo stesso legate al governo e all’apparato di guerra dell’Iran. La prigione di Evin è direttamente legata all’apparato di intelligence dei Guardiani, parte integrante del governo dei mullah, che vuole la distruzione di Israele”, ha chiosato il militare.
Secondo quanto riferisce il Wall Street Journal, Israele punta a concludere in tempi brevi l’offensiva in Iran. L’obiettivo è esaurire nel giro di pochi giorni la lista dei bersagli militari, aprendo così una finestra per il cessate il fuoco. Tuttavia, molto dipenderà dalla risposta di Teheran. Washington, dal canto suo, ha già comunicato agli alleati arabi della regione che Israele intende chiudere il conflitto, e chiede che il messaggio venga recapitato anche alla leadership iraniana.
REZA PAHLAVI: “IL REGIME STA CROLLANDO”
Dalla sua residenza in esilio a Parigi, Reza Pahlavi, figlio dell’ultimo Scià e storico oppositore del regime, lancia un appello diretto alla Guida suprema dell’Iran: “Ho un messaggio diretto per Ali Khamenei: dimettiti e se lo farai, avrai un processo equo, molto più di ciò che tu abbia mai riconosciuto ad un iraniano”. L’intervento, trasmesso da BFMTV, contiene parole quasi un ultimatum alla Guida suprema. L’Iran, dice Pahlavi, “è stato trascinato in un conflitto devastante” e “l’architetto non è altro che Ali Khamenei”. Per l’ex principe, è arrivato il momento di voltare pagina: “È giunto il tempo di porre fine a questa rovina”. A suo avviso, “il regime non si sottometterà o si arrenderà dopo essere stato umiliato”. E mette in guardia: “Finché è al potere, nessun Paese, nessun popolo è in sicurezza, che sia a Washington, Parigi, Gerusalemme”.
Infine, alcuni “rapporti attendibili indicano che la famiglia di Ali Khamenei e le famiglie di alti funzionari del regime si stanno preparando a fuggire dall’Iran. Il regime è allo stremo, oggi è più chiaro che mai che la Repubblica islamica sta crollando”. “La nostra è l’ora del muro di Berlino”, ha concluso, “ma come tutti i momenti di grande cambiamento, è pieno di pericoli. Siamo a un bivio. Una strada porta a spargimenti di sangue e caos, l’altra a una transizione democratica”.
Aggiornato il 23 giugno 2025 alle ore 16:13