Per capire il magico Musk ci vuole la pietra di Tolkien

Non basterebbe un articolo di giornale ad elencare e spiegare i nemici di Donald Trump interni al Partito Repubblicano, e nemmeno ci proviamo a sfiorare il mare di quelli esterni democratici o con altre sfumature. Stesso discorso vale per Elon Musk, che annovera nemici e competitori in politica, come nelle imprese tecnologiche, nella finanza e negli ovattati circoli esoterici che s’ispirano alla stessa mitologia magica del “Signore degli Anelli”.

Resta il fatto che la lite tra Musk e Trump ha, secondo la grande stampa, raggiunto il punto di non ritorno. Ma non facciamo voli pindarici, o ipotesi astruse, cerchiamo di volare basso. Secondo qualcuno si sarebbe esaurito il business tra i due, insomma sarebbero finiti gli affari: una giustificazione davvero poco esaustiva. Ma i soldi, per quanto riguarda Musk, potrebbero rivelarsi ottimo motivo di rottura. Tutti ricordiamo che meno di un mese fa era iniziata la campagna di Bill Gates per dissuadere Elon Musk dal continuare ad appoggiare Donald Trump. Gates aveva cominciato col rivolgere ad Elon Musk l’accusa di “uccidere i bambini più poveri del mondo con i tagli agli aiuti esteri degli Stati Uniti decisi dall’amministrazione Trump”. Seguivano un profluvio d’accuse sui vari media planetari, poi in privato (sempre secondo certi addetti ai lavori finanziari) sarebbe decollata l’operazione del “gran consiglio dei ricchi della Terra” che, come è noto, sono filantropi e nemici del partito di Trump (fazione interna ai Repubblicani). Operazione politica e mediatica che ha condotto Musk a dichiarare “Il popolo ha parlato, serve un terzo partito… Si chiamerà The America party”.

Donald Trump sa bene chi gli ha rubato l’appoggio di Musk, quindi il presidente Usa ha dichiarato “è completamente impazzito”: ben conscio che, dietro questo voltafaccia ci siano gli stessi poteri finanziari planetari che poco gradiscono i giochetti pacifisti con la Russia e le intese trumpiane con Cina e Corea del Nord, nonché le trattative con l’Iran. I potenti della Terra, che controllano le borse di Londra, Chicago, New York e Amsterdam hanno investito sulla guerra mondiale, che dai media viene spacciata come necessaria e che i buoni la devono fare contro i cattivi. La pace di Trump non piace ai potenti dell’Occidente che, ovviamente, avranno promesso ad Elon Musk che recupererà entro l’estate 2025 gli oltre 33 miliardi persi dopo lo scontro con Trump: perdita necessaria per siglare la rottura tra il presidente e l’imprenditore. Lite funzionale alla rottura, incominciata nella prima settimana di giugno con il reciproco scambio di offese, utile al patron di Tesla per defilarsi dall’incarico politico. Poi in maniera estemporanea Musk lancia “un terzo partito che rappresenti l’80 per cento della popolazione Usa… esattamente l’80 per cento delle persone è d’accordo ‒ dice Musk ‒ Il popolo ha parlato”. I maligni beninformati si domandano se abbia parlato il popolo o i signori dei mercati finanziari.

Dopo la furiosa lite con Donald Trump, Elon Musk ha volutamente perso 33 miliardi di dollari di patrimonio netto in un solo giorno: lo riporta il Bloomberg Billionaire Index. Il patron di Tesla è ancora la persona più ricca del mondo, con un patrimonio netto di 335 miliardi di dollari: ma perché (come riporta Bloomberg) Musk è volutamente andato incontro ad una delle più gravi perdite borsistiche della storia finanziaria?

Bill Ackman, storico gestore di hedge fund e noto donatore di Trump, chiede ai due di “fare la pace per il bene del nostro grande Paese”. Musk resta impassibile, non si sbilancia su una riconciliazione con il presidente Donald Trump nel “migliore interesse degli Usa”: Musk scrive ad Ackman freddamente su Space X: “Non hai torto”. Ma nulla si muove, e la gente inizia a chiedersi con chi si possa essere accordato Musk per togliere l’appoggio a Trump. Bill Gates aveva donato 200 miliardi di dollari per costruire ospedali in Africa pochi giorni prima d’iniziare la guerra mediatica a Musk. Tra Musk e Gates regna una diversa visione politica: ma i due fanno comunque parte dell’aristocrazia finanziaria planetaria. Gates è notorio si camuffi tra le sinistre pauperiste; mentre Musk guarda all’uomo perfetto, ad una sorta d’Olimpo fantastico: una rivisitazione moderna della mitologia celtica coniugata con l’universo immaginario creato dallo scrittore inglese John Ronald Reuel Tolkien.

Una osservazione va fatta, mentre scendono le azioni in borsa del Doge di Musk, salgono invece quelle di Palantir Technologies (fornitore di tecnologia per tutti gli stati occidentali e planetari, oggi concorrente delle aziende di Musk).

Perché, oltre a Space X di Elon Musk c’è anche Palantir: azienda fondata da Peter Thiel dopo la rottura con Elon Musk. Palantir era il sogno fantastico che suggellava l’amicizia tra Thiel e Musk: i due hanno fatto insieme Paypal, e Thiel è ritenuto l’ideologo della nuova tecnodestra trumpiana, infatti ha appena venduto al Pentagono un sistema di intelligenza artificiale. Due “tecnodestre” in competizione alle spalle di Trump?

A conti fatti Donald Trump è un moderno ed empatico monarca, come del resto tutti i governanti di oggi: nel 2025 è difficile vendere ai popoli la storia che le democrazie siano ormai mature, diciamo che sono decotte, al loro posto la politica ha optato per obbedire al potere e rappresentare sempre meno i popoli.

Il potere di oggi si basa esclusivamente sui soldi, ma negli Usa ci sono magnati come Peter Thiel ed Elon Musk che si credono depositari di verità magico-tecnologiche, di poteri esoterici, insomma di essere stati chiamati a guidare il destino evolutivo dell’umanità.

Peter Thiel ed Elon Musk non sono americani di nascita, ma di adozione: gli antenati di entrambi probabilmente non hanno mai creduto al sogno americano, erano figli di credenze esoteriche nate nel Vecchio Continente. La madre di Elon Musk, Maye Haldeman, è figlia di un politico ed esoterista europeo che migrava in Canada e poi in Sudafrica, mentre Peter Andreas Thiel è nato a Francoforte sul Meno e suo nonno faceva parte dello stesso salotto culturale frequentato in Germania da Hans von der Groeben e Hans Albrecht (zio di Ursula von der Leyen).

Thiel e Musk sono la parte fondativa del “capitalismo di controllo” fiscale e bancario: hanno fondato il sistema di pagamento PayPal, hanno edificato il sistema di vendita eBay, e poi hanno aiutato economicamente Facebook.

Palantir Technologies rappresenta per certi versi il loro santuario ma anche il loro punto di rottura: un luogo sacro ove risiede la loro pietra filosofale; un luogo sia virtuale che materiale stimato dal Bloomberg Billionaires Index per 12miliardi di dollari.

Thiel conserva la cittadinanza tedesca ed anche quella della Nuova Zelanda, e se solo volesse prenderebbe anche quella Usa. L’avventura miliardaria in borsa di Thiel e Musk inizia ventisei anni fa: di punto in bianco diventano ricchissimi, e non si esaurirebbe in un articolo l’analisi del fenomeno finanziario.

Nel 2003 Thiel fonda Palantir, società di analisi di dati per agenzie governative come Cia ed Fbi, ma anche per colossi come Airbus e Fiat Chrysler… e poi entra anche Facebook. È evidente che Elon Musk ed Andreas Thiel godano di appoggi e rapporti internazionali che vanno ben oltre il salotto politico di Donald Trump. Contesti di potere dove potrebbe essere nata la spinta a creare la rottura tra Musk e Trump. In quei salotti i due imprenditori tecnologici illustrano “filantropicamente” come investire in start-up: la loro filosofia è investire in persone intelligenti, che sappiano risolvere problemi difficili dall’aerospazio a internet, dall’intelligenza artificiale alla longevità, dall’uomo perfetto ed eterno alla creazione di mondi paralleli colonie della Terra. A queste teorie Donald Trump pare abbia sempre prestato poco ascolto: anzi che abbia sempre cambiato discorso ogni qualvolta i super geni hanno preso l’argomento.

Thiel ha sempre donato milioni di dollari (1,25 milioni a sostegno di Trump) per le campagne repubblicane: non è un caso sia membro della squadra di transizione dell’amministrazione Trump. Ma oggi qualcosa non va. La rottura con Elon Musk, i rapporti di Thiel con la Vecchia Europa, il fatto che il salotto finanziario non voglia investire nella pace. Forse per capirci qualcosa davvero avremmo bisogno di un Palantír, di una “pietra veggente” sfornata dall’universo immaginario dello scrittore John Tolkien. Soprattutto non ci è dato sapere quanto Musk distingua tra vita reale e virtuale, tra mondi popolati da elfi e maghi ed una Terra funestata da guerre, carestie, dissidi sociali. Musk ha accusato Trump di essere nei dossier di Jeffrey Epstein, in cui verrebbero anche descritte iniziazioni al potere attraverso riti scabrosi e sessuali. Probabile che, in totale leggerezza, Trump si sia solo preso un aperitivo con Epstein: dire che è nei dossier dice tutto e dice nulla. Qual è l’accusa? Perché Epstein frequentava per affari nell’alta finanza tutti i potenti della Terra, anche la casa regnante britannica.

È evidente Musk sia stato avvisato dalle borse con varie perdite di danaro, e in più maniere lo abbiano convinto ad abbandonare Trump. Cambia davvero poco che i messaggi siano stati sussurrati da Bill Gates o da Andreas Thiel. Del resto, questi potenti girano per il pianeta e poi s’incontrano sempre a Davos, dove parlano sempre più spesso di longevità e medicina: un po’ come gli antichi pagani, che mischiavano liturgia, religione, potere e cure magiche. Con la Rivoluzione francese si decise di inserire esplicitamente nella “dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” il diritto ad essere curati, però da una ventina d’anni a questa parte a Davos si parla di ridurre la platea dei fruitori di beni e servizi per il bene del Pianeta dell’ambiente. Probabilmente Donald Trump non è gradito a questo pensatoio occidentale, e la defezione di Musk potrebbe essere stata eterodiretta da ambienti esoterici, filantropici e tanto finanziari.

Aggiornato il 10 giugno 2025 alle ore 10:40