
Chi è il vero nemico dell’Occidente? Risposta: i (migliori e più costosi) campus universitari d’Europa e d’America. Ma, che cosa è successo negli ultimi decenni per aver avvelenato il clima degli studi universitari (soprattutto americani) fino a questo punto? Semplice e complicato allo stesso tempo. Il “primo emendamento” della Costituzione Usa garantisce alcune fondamentali libertà (religiosa, di parola, di stampa, di riunione e della presentazione di petizioni al Governo), in merito alle quali è fatto divieto al potere Esecutivo di interferire. Rientra in questo ambito protetto la libertà di insegnamento, e la discrezionalità degli istituti di formazione universitaria sulla ammissione di chi dall’estero fa richiesta di visto per motivi di studio, senza quindi esercitare nessun filtro preventivo sull’appartenenza politica o religiosa. Fanno però eccezione, come in tutto il mondo, le esclusioni per motivi di sicurezza di studenti stranieri che intendono iscriversi alle università (americane, in particolare). Ora, com’è noto (essendo oggetto di ben sterili polemiche disinformate) l’Amministrazione Trump ha deciso di tagliare centinaia di milioni di sussidi statali a istituti come Harvard e Columbia, considerato che i “campement” (tendopoli abusive di protesta all’interno dei campus) e gli hate-speech contro Israele, e gli ebrei in generale, di cui si sono resi responsabili gruppi studenteschi pro-Hamas, sono totalmente sfuggiti al controllo dei loro presidi ultra-woke. La responsabilità, quindi, grava interamente in tal senso sugli amministratori universitari, che non sono stati in grado di garantire né l’ordine interno, né la protezione di minoranze perseguitate per la loro appartenenza etnico-religiosa. In merito, dal sito ufficiale dell’Home Office (Ministero dell’Interno) Usa si documenta quanto segue: “Per condotta pro-terrorist è stato revocato a codesta Università di Harvard il Programma di certificazione per studenti e visitor stranieri. Ciò significa che Harvard non potrà da questo momento in poi accettare iscrizioni da studenti stranieri, e coloro che sono già iscritti come tali debbono trasferirsi in altra sede universitaria, pena la perdita del loro status legale di residenti”. Le motivazioni sono le seguenti. Punto primo: “I responsabili universitari (preside e amministratori, ndr) hanno contribuito a creare un clima generale di insicurezza, consentendo ad agitatori anti-americani e pro-terrorist di intimidire e aggredire fisicamente persone innocenti, inclusi molti studenti ebrei, creando in tal modo un serio impedimento alla libera fruizione del loro, una volta, prestigioso ambiente formativo. Molti di questi agitatori sono studenti stranieri. La leadership di Harvard ha per di più facilitato e si è impegnata in progetti congiunti con il Ccp (Chinese Communist Party, che controlla tutti gli studenti stranieri cinesi tramite l’onniscente e onnipresente United Front Work Department, che fa parte integrante dello Stato di sorveglianza cinese. ndr), inclusa l’ospitalità offerta a personale cinese addetto alla formazione di un gruppo paramilitare del Ccp, che si è reso complice nel genocidio degli uiguri”.
Sarà bene, a questo punto, aprire una doverosa parentesi sul modus operandi con cui avviene da decenni la penetrazione finanziaria e ideologica di Pechino, in seno ai più famosi istituti universitari americani e inglesi, per il sistematico furto di proprietà intellettuale, partendo proprio da un report dell’inglese The Times del luglio 2023 e del New York Times (Nyt) del maggio 2020, che citano fonti di intelligence e i comitati parlamentari per la sicurezza nazionale. La penetrazione (illegale) dell’influenza cinese, nelle università straniere e negli istituti di ricerca, avviene proprio attraverso l’invio di centinaia di migliaia di studenti cinesi altamente selezionati, per la presentazione delle loro candidature all’estero. Molti di costoro non sono “anime innocenti” ma membri a tutti gli effetti, o aventi legami collaterali, con organizzazioni delle forze armate cinesi.
Questi studenti residenti all’estero sono sottoposti a ricatto da parte delle autorità di Pechino, che possono rivalersi sulle loro famiglie rimaste in patria, in caso di infedeltà e di non ottemperanza al mandato governativo, che prevede la trasmissione quotidiana di fotocopie e di documentazione sensibile, inviata illegalmente in Cina, riguardante tecnologie avanzate e brevetti protetti da copyright. Il tutto, si svolge con la complicità delle stesse istituzioni universitarie e di ricerca, che beneficiano delle considerevoli donazioni e dei progetti generosamente co-finanziati dalla Cina, anche in considerazione del fatto che le salatissime rette annuali (che oscillano intorno ai 70mila dollari all’anno), pagate dagli studenti stranieri, contribuiscono in modo fondamentale alle entrate di bilancio delle università stesse. Spesso e volentieri, queste stesse attività e i contratti di partenariato tra centri di alta formazione angloamericane e istituzioni cinesi sono descritti come “altamente a rischio” da parte dei governi occidentali interessati. Molti segreti industriali, inoltre, vengono trafugati in remoto da agguerrite unità cinesi di cyber spionaggio, visto che milioni di ingegneri e di esperti del Celeste impero lavorano h-24 in società in-house che fanno riferimento al Ccp e ad altre istituzioni paramilitari.
Altro aspetto cruciale, evidenziato dall’Home Office, è rappresentato dalle donazioni miliardarie da parte di Governi e istituzione estere, in merito ai quali è venuta a mancare, del tutto o in parte, la necessaria trasparenza, com’è accaduto, in particolare, per quanto riguarda la collaborazione accademica con docenti cinesi, riconducibile a progetti finanziati da prestanome del Governo iraniano, in partenariato con università cinesi che operano nel campo della ricerca militare avanzata, inclusa quella aerospaziale e dell’ottica laser. Il tutto, finanziato da fondi Usa per la difesa. Del resto, a partire dal 2023, già sotto l’Amministrazione Biden, ci si era posti il problema dei finanziamenti provenienti da Paesi del Golfo per tracciare le transazioni di donatori e governi esteri a favore delle grandi Università statunitensi pro-Hamas. Tanto è vero che all’epoca si era attivato il Comitato del Congresso per la formazione e la forza lavoro, formulando una proposta di legge ad hoc per l’identificazione dei soggetti donatori, tra cui spicca il ricchissimo Qatar che ha donato miliardi di dollari in questi ultimi anni a università americane e Ong pro-Hamas.
E c’è di peggio: la legge in vigore in Usa, per come è concepita, si rivela funzionalmente inapplicabile per la trasparenza richiesta, dato che un’Università deve riportare il denaro ricevuto da un altro Paese, ma nulla di più. Ora, allo stato dell’arte, chi può escludere che avvengano assunzioni pilotate di docenti simpatizzanti con quel regime straniero che finanzia una certa Università? Poi: chi controlla i fondi? Si tratta di una persona incaricata che simpatizza per i terroristi, o di un bravo amministratore indipendente e responsabile? Finché Harvard, Columbia & Co (ma soprattutto il Tesoro americano!) non apriranno i loro archivi per fare chiarezza in merito, adeguando i curricula e i controlli sul vero status dei loro studenti stranieri, Donald Trump avrà tutto il diritto di non fa pagare ai contribuenti americani la presenza di infiltrati e di agit-prop dell’estremismo islamico, che operano all’interno delle più prestigiose università americane.
Aggiornato il 30 maggio 2025 alle ore 10:19