
Bucarest sceglie di nuovo la destra. A sei mesi dalle contestate Elezioni presidenziali di novembre – vinte da Călin Georgescu ma poi annullate dalla Corte costituzionale per presunte irregolarità finanziarie e sospette interferenze russe – i cittadini rumeni si sono nuovamente espressi. E ancora una volta la maggioranza ha premiato il blocco nazionalista. Con il 99 per cento delle schede scrutinate, George Simion, leader del partito conservatore Alleanza per l’unione dei romeni (Aur), conquista il primo posto con il 40,5 per cento dei consensi. Tuttavia, per accedere alla presidenza, dovrà superare l’ostacolo del secondo turno, previsto per il 18 maggio, dove affronterà Nicușor Dan, sindaco filoeuropeo della capitale, salito al 20,9 per cento e capace di superare in extremis il candidato della coalizione di governo Crin Antonescu, fermatosi al 20,3 per cento.
Un risultato che certifica nel “nuovo” Georgescu l’ascesa della destra, ma anche i suoi rigidi confini elettorali. Infatti, non avendo Simion “sfondato” al punto da evitare il ballottaggio, dovrà ora cercare consensi oltre il proprio perimetro ideologico. Nella mattinata di ieri, il candidato di Aur si è presentato alle urne accanto al vincitore delle elezioni di novembre, escluso dalla guida del Paese dopo l’intervento dell’Alta corte. “Siamo qui con una sola missione, il ripristino dell’ordine costituzionale, il ripristino della democrazia”, ha dichiarato Simion, affiancato dall’ex candidato messo fuori gioco per presunte ingerenze russe veicolate tramite TikTok. “Non ho altro obiettivo che il primo posto per il popolo romeno, che voglio servire. Siamo qui con un solo desiderio, fare giustizia per la Romania”, ha insistito, lasciando intendere la possibilità di conferire a Georgescu un ruolo centrale nel governo, in caso di vittoria.
Il sostegno internazionale non si è fatto attendere. Su X, il vicepremier italiano Matteo Salvini ha salutato il risultato con entusiasmo: “In Romania il popolo ha finalmente votato, liberamente, con testa e cuore. Con buona pace dei signori di Bruxelles e dei loro sporchi trucchi. Bravo George Simion”. L’affluenza nazionale ha registrato un deciso incremento, attestandosi al 53,16 per cento, ben al di sopra del dato delle elezioni annullate. Particolarmente rilevante il voto estero: la diaspora romena si è mobilitata in massa, con quasi un milione di elettori recatisi ai seggi nei tre giorni previsti. Un’affluenza senza precedenti che, secondo molti osservatori, ha contribuito a determinare l’accesso di Dan al ballottaggio, ribaltando le previsioni degli exit poll.
E proprio questi ultimi – e non è la prima volta – si sono rivelati inaffidabili, come già accaduto nel novembre 2024. Secondo analisi indipendenti, circa il 50 per cento degli intervistati ha scelto di non dichiarare il proprio voto, mettendo in discussione l’affidabilità delle proiezioni. Un vuoto informativo che, in un clima politico già teso, alimenta ulteriori sospetti e incertezze. Nicușor Dan ha convinto grazie al suo profilo indipendente e all’impronta civica, fondata su battaglie anticorruzione e su uno slogan semplice ma incisivo: “Una Romania onesta”. Più distante l’ex premier socialdemocratico Victor Ponta, fermo al 13,2 per cento, che nonostante un linguaggio fortemente populista non è riuscito a intercettare il malcontento. Che ha virato a destra in linea con il resto dell’Europa.
Dopo l’annullamento delle precedenti elezioni, la tornata è stata sorvegliata con estrema attenzione. Migliaia di manifestanti hanno denunciato negli ultimi mesi quella che definiscono “un colpo di Stato”, e anche dagli Stati Uniti non sono mancate prese di posizione. Il vicepresidente Usa J.D. Vance ha chiesto che venisse ascoltata “la voce di un popolo messo a tacere sulla base dei deboli sospetti di un’agenzia di intelligence”. Le autorità romene, nel frattempo, assicurano di aver rafforzato le misure di sicurezza e di “aver imparato la lezione”. Ma il clima resta polarizzato. Da un lato la destra denuncia “molteplici segnali di frode”, dall’altro il governo parla di una nuova ondata di campagne di disinformazione, attribuendole implicitamente alla Russia, ma senza mai nominarla (per carità).
Aggiornato il 05 maggio 2025 alle ore 15:30