I confini roventi siro-libanesi

Il crollo dell’Asse della resistenza eretto contro Israele, guidato dall’Iran che coinvolgeva Siria, Hamas, Hezbollah libanesi, milizie sciite irachene e siriane, e gli Houthi yemeniti, ha portato questi Paesi, e organizzazioni, da essere alleati a nemici. In particolare, il golpe in Siria – che con Bashar al-Assad era collocata sia nell’Asse che nella Mezza luna sciita, che ha portato Damasco sotto il governo jihadista del gruppo Hayat Tahrir al-Sham affiliato ad al-Qaeda – ha offuscato quelle friabili certezze sulle coalizioni che si sono fuse nel caos. Così mentre prima la Siria, governata dal clan alawita, formalmente sciita, era alleata con gli Hezbollah libanesi sciiti, ora i due Paesi si stanno scontrando, in quanto il governo siriano, ora sunnita con caratteristiche jihadiste, vede con ostilità gli sciiti libanesi.

I primi scontri tra Libano e Siria si sono conclamati i primi giorni della settimana scorsa. In quella occasione una decina di persone sono state uccise e oltre 50 ferite; gli scontri a fuoco erano esplosi il ​​giorno prima sulla linea di confine orientale dei due Stati. Questi combattimenti fanno seguito alla uccisione di tre soldati di Damasco avvenuta nel villaggio libanese di Qasr, dove un gruppo di siriani stava contrabbandando un vasto assortimento di “articoli”, sembra anche armi e stupefacenti. L’Ani, agenzia di stampa ufficiale libanese, ha rivelato che gli scontri tra siriani e libanesi sono durati quasi due giorni durante i quali si sono verificati bombardamenti siriani sul suolo libanese. In questo scenario il governo damasceno ha accusato l’esercito libanese di aver rapito e ucciso i tre soldati siriani. Ma tale accusa è respinta dalle autorità di Beirut. Anche se a metà settimana scorsa tre cadaveri di siriani sono stati restituiti a Damasco dall’esercito libanese.

Come per la questione delle milizie sciite yemenite degli Houthi, ogni focolaio può causare un incendio di enormi proporzioni in un’area geografica assimilabile ad una polveriera. Le diplomazie dei rispettivi Paesi si sono immediatamente accordate per un cessate il fuoco. Così Michel Menassa, ministro della Difesa libanese, e l’omologo siriano Mourhaf Abou Qasra, hanno concordato un cessate il fuoco al fine di scongiurare un’escalation di conflitti lungo il confine. Un accordo dalle basi inesistenti. In realtà i confini orientali e nordorientali tra Siria e Libano sono in continua fibrillazione (vedi qui), tanto è che il neo presidente libanese, il maronita Joseph Aoun, ha allertato l’esercito ordinando di rispondere ad ogni provocazione armata proveniente dal confine siriano. In realtà le autorità della provincia siriana di Homs, al confine con il Libano, hanno comunicato che gli hezbollah libanesi hanno sparato un missile teleguidato contro civili siriani, ferendo alcuni cittadini tra cui un giornalista e un fotografo.

Tuttavia autorità del Ministero della Difesa siriano hanno chiarito tramite Sana,  agenzia di informazione araba siriana, che le forze armate di Damasco avevano intrapreso una operazione militare finalizzata sia a rendere sicure le zone di confine con il Libano, che a cacciare dal territorio siriano le milizie di Hezbollah ancora presenti in alcuni villaggi di confine, dove contrabbandano materiale generico, ma soprattutto trafficano con la droga. Dopo la deposizione di Bashar al-Assad l’8 dicembre 2024, i nuovi capi di Damasco a febbraio avevano annunciato il lancio di una campagna di sicurezza nella provincia di Homs, volta a chiudere le rotte del contrabbando con il Libano. Va annotato che ormai le schermaglie tra i jihadisti siriani e gli hezbollah libanesi sono continue, non per questioni ideologiche, confessionali, o politiche, ma per il controllo del business del contrabbando, tra cui quello importante della droga.

La questione del contrabbando si amalgama anche sulle rovine dell’industria e della economia siriana, crollata dopo il Colpo di Stato. Non solo droga quindi in una dinamica economica moribonda, ma anche prodotti di cui la Siria di Assad era orgogliosa, come l’industria tessile. Infatti delle quasi 62mila aziende del settore, prima il fiore all’occhiello della Siria, ora appena il dieci per cento di queste aziende è ancora operante. Il resto ha ceduto agli effetti della guerra, ma anche ai vari racket organizzati rappresentati anche dagli uomini del vecchio regime. Oggi anche le note industrie tessili di Aleppo sono ormai l’ombra di sé stesse; ed è proprio il crollo del mercato tessile siriano che trascina nel baratro tutta l’economia favorendo la movimentazione illegale di ogni tipo di merce, come accade sempre nelle “economie di base” delle guerre.

Va anche considerato che le Idf, Forze di difesa israeliane, continuano la guerra di logoramento in Siria, in Libano, e contro Hamas, bombardando il territorio meridionale libanese, area con vari siti legati a Hezbollah e dove stanno ricostituendo il proprio arsenale militare; contestualmente demolisce il cinico Jihad islamico palestinese che opera tra Gaza e la Cisgiordania ed è artefice di organizzare attacchi contro Israele che vengono preparati in Siria. Intanto, nel caos di accordi di tregua non rispettati e colpi di Stato incompleti, come quello in Siria dove comandano oltre che i jihadisti anche gruppi anarchici, l’esercito israeliano continua con l’eliminazione dei vari leader jihadisti e sciiti. Ma la “rigenerazione” di tale figure è decisamente difficile da frenare.

Aggiornato il 24 marzo 2025 alle ore 09:42